di Valerio Vallini

Nel luglio del 1944 San Miniato rientrava nel settore tirrenico della XIV armata germanica che con l’altra armata, la X divideva quasi a metà lo stivale peninsulare. Tutto il montopolese era nel settore della 90° Panzer Granadier guidata dal Gen. Baade il cui comando aveva sede al Palagio.

Il 18 luglio 1944, in un rapporto di Sliepizza (capitano Loris), si legge: “Nella tarda mattinata del 18 di un luglio caldissimo, un plotone di 35 soldati tedeschi appartenenti alla divisione Hans Gunter Baade si ritirava da Montebicchieri che era stata occupata il giorno prima da truppe americane della 88esima Divisione Fanteria Usa, 349esimo reggimento. Ne nacque un conflitto con i partigiani che dette il seguente risultato: tre partigiani uccisi: Costagli Attilio, Rossi Alfonso, Monti Giuseppe. Un tedesco ucciso, uno gravemente ferito (morirà più lontano), due tedeschi prigionieri, una motocicletta requisita.”
Questa narrazione, raccolta da Loris Sliepizza in modo acritico, è confutata, come vedremo, dal “reale” svolgimento degli avvenimenti avvenuti fra il 18/19 luglio 1944 nella zona di Stibbio ma, alla luce delle attuali conoscenze, in luoghi e circostanze molto diversi.

Uccisione di Attilio Costagli in località Pasqualetti
Costagli Attilio, meccanico e il “Moro”, non meglio identificato, tutti e due disarmati, risalivano da Stibbio verso La Croce, dove avevano sentito dire che si trovava un automezzo semidistrutto nella speranza di trarne qualche pezzo di ricambio. Il caso volle che si imbattessero nel plotone della Panzer Division in ritirata verso l’Arno. Secondo voci raccolte da testimoni diretti e indiretti, alle intimazioni di alt i due partigiani si dettero alla fuga. Il “Moro” scavalcò un alto ciglione che costeggiava la strada buttandosi nel versante cespuglioso e a terrazzamenti che dava sulla valdegola e fece perdere le sue tracce; il Costagli, meglio conosciuto come “Il Totone”, ebbe la sventura di buttarsi in un ripido pendio senza vegetazione dove, da poco, era stato segato il fieno. Fu raggiunto da una raffica di mitragliatrice e rotolò fino ad una fossa. Nessun soldato si curò di andare a vedere se fosse morto. Agostino Dani, fratello di Alberto Dani fucilato dai Repubblichini, fu uno dei testimoni, allora poco più di un bambino. Racconta di aver visto, dal vicino poggio della Chiestra (Montalto) tutta la scena e il sollevarsi di nuvolette di polvere dalla terra secca a causa degli spari.

Uccisione dei partigiani Monti e Rossi in Farnieto
Il giorno 18 luglio del 1944 Monti Giuseppe (1905-1944), mezzadro, e Rossi Alfonso (1902-1944), conciapelli, ambedue partigiani di Ponte a Egola, furono uccisi nella valle di Farnieto, nel luogo dell’attuale Tennis.
Ulia Monti, figlia di Giuseppe Monti, coniugata Poggianti, età 82, ci ha raccontato, come narravano i genitori, che i due giovani andarono incontro ai tedeschi credendoli americani e furono uccisi nella zona del Tennis nella valle di Farnieto. La mamma, dalla casa vicina, con un carretto andò a recuperare il corpo che era trafitto di colpi. Questa versione concorda con la testimonianza di Vanna Rossi, figlia di Alfonso Rossi, che all’età dell’uccisione del padre aveva 16 anni.

Uccisione di due soldati tedeschi alla Ruga di Stibbio
Nel primo pomeriggio dal 18 al 19 luglio, due soldati tedeschi vennero a verificare le mine messe la mattina nel tratto di strada dal bivio di Stibbio fino al piccolo parco della Rimembranza, nel sentiero sotto i lecci, a fianco della chiesa lato nord. Quando si accorsero che erano state segnate, erano molto alterati; scesero giù per via San Bartolommeo e si sedettero, armati, appoggiati a un muricciolo con alle spalle una siepe. Lì furono presi a fucilate da una finestrina di un ‘bagno’ della casa Rosa. Nessuno fu testimone dello svolgimento dei fatti. Lo sparatore fu Ovidio Malacarne, sfollato da Livorno, segnato come partigiano nella lista di Loris, ma Malacarne non considerato partigiano dalla gente del luogo, anzi in odor di fascista in cerca di riscatto. Un soldato colpito in faccia morì all’istante e poi fu sotterrato sotto una catasta di legna. L’altro, gravemente ferito, fu curato da una donna del posto e fu trovato morto verso la Madonnina dei Boschi.
Allo stato di questa e altre testimonianze che per l’economia dello scritto non abbiamo citato ma sono a disposizione di chi le vorrà consultare, la versione del conflitto tedeschi/partigiani come svolta dalle relazioni di Loris Sliepizza e ripresa da Concilio Salvadori non regge e va meglio interpretata alla luce di una dinamica più complessa e articolata.

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1944

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