Firenze e il Valdarno sott’acqua, l’alluvione del 1333

di Valerio Vallini
C’è un’altra alluvione, oltre a quella del ’66, che fu per Firenze e per il Valdarno Inferiore attrettanto devastante di quella di 50 anni fa. E’ l’alluvione del novembre 1333, raccontata nella seguente cronica di Giovanni Villani, dove fra i centri maggiormente colpiti ci furono proprio alcuni castelli del nostro territorio.
Qui comincia il libro dodecimo, il quale, nel suo cominciamento faremo memoria d’uno grande diluvio d’acqua che venne in Firenze e quasi in tutta Toscana. Nelli anni di Cristo MCCCXXXIII, il dì di calen di novembre, essendo la città di Firenze in grande potenzia, e in felice e buono stato, più che fosse stata dalli anni MCCC in qua, piacque a Dio, come disse per la bocca di Cristo nel suo Evangelio: “Vigilate, che·nnon sapete il dìe né l’ora del iudicio Dio”, il quale volle mandare sopra la nostra città; […]
Nella chiesa e Duomo di San Giovanni salì l’acqua infino al piano di sopra de l’altare, più alto che mezze le colonne del profferito dinanzi a la porta. E in Santa Liperata infino a l’arcora de le volte vecchie di sotto al coro; e abbatté in terra la colonna co la croce del segno di san Zanobi ch’era ne la piazza. E al palagio del popolo ove stanno i priori salì il primo grado della scala ove s’entra, incontro a la via di Vacchereccia, ch’è quasi il più alto luogo di Firenze. E al palagio del Comune ove sta la podestà salì nella corte di sotto dove si tiene la ragione braccia VI. Alla Badia di Firenze, infino a piè de l’altare maggiore, e simile salì a Santa Croce al luogo de’ frati minori infino a piè de l’altare maggiore; e in Orto San Michele e in Mercato Nuovo salì braccia II; e in Mercato Vecchio braccia II, per tutta la terra. E Oltrarno salìo ne le rughe lungo l’Arno in grande altezza, spezialmente da San Niccolò, e in borgo Pidiglioso, e in borgo San Friano, e da Camaldoli, con grande disertamento delle povere e minute genti ch’abitavano in terreni.
E seguendo il detto diluvio apresso la città verso ponente, tutto il piano di Legnaia, e d’Ertignano, e di Settimo, d’Ormannoro, Campi, Brozzi, Sammoro, Peretola, e Micciole infino a Signa, e del contado di Prato, coperse l’Arno diversamente in grande altezza, guastando i campi, vigne, menandone masserizie, e le case e molina e molte genti e quasi tutte le bestie; e poi passato Montelupo e Capraia, e per la giunta di più fiumi che di sotto a Firenze mettono in Arno, i quali ciascuno venne rabbiosamente rovinando tutti i loro ponti. Per simile modo e maggiormente coperse l’Arno e guastò il Valdarno di sotto, e Pontormo e Empoli e Santa Croce e Castelfranco, e gran parte de le mura di quelle terre rovinaro, e tutto il piano di San Miniato e di Fucecchio e Montetopoli e di Marti al Ponte ad Era.