Anno 1875, la piccola ‘guerra’ fra Ponte a Egola e Cigoli

13 ottobre 2016 | 09:32
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Anno 1875, la piccola ‘guerra’ fra Ponte a Egola e Cigoli
Anno 1875, la piccola ‘guerra’ fra Ponte a Egola e Cigoli
Anno 1875, la piccola ‘guerra’ fra Ponte a Egola e Cigoli

di Valerio Vallini

La storia e i costumi di Ponte a Egola, nella seconda metà dell’Ottocento, emergono dalle Memorie storiche di Enrico Giomi, nato nel 1846, in quello che oggi è un importante centro conciario. La costruzione della chiesa a Ponte a Egola nel 1875 che vide la partecipazione attiva di 152 famiglie, e la nascente industria conciaria sono al centro di queste “Memorie” che furono edite in edizione privata nel 1995 per concessione delle nipoti Zola, Neva e Fresa Giomi. Il volume intitolato Una piccola guerra tra Ponte a Egola e Cigoli, evidenzia le lotte religiose sociali e politiche che si scatenarono fra questi due borghi del comune di San Miniato.

Gli abitanti di Cigoli temevano, con la costruzione della nuova chiesa al Ponte a Evola, di perdere quei privilegi di traffici e di interessi: processioni, matrimoni, battesimi, feste, funerali, che la presenza di una chiesa in pianura avrebbe attirato. Si assiste così, nelle Memorie, ad una serie infinita di astuzie, scontri fra gerarchie ecclesiastiche e potere politico perché intanto il Ponte a Egola era diventato, in relazione ai tempi, un centro economico importante con una discreta popolazione ed era sede di una sezione elettorale sulla quale gravitavano Montebicchieri, Stibbio, San Romano e Romaiano.
Così il nobile Guglielmo dei Pazzi, il conte Guicciardini e il barone Giorgio Sonnino, si trovarono impegnati in quello che oggi si può definire un duello politico basato sul voto di scambio: un impegno per intercedere presso l’autorità regia al fine di ottenere facilitazioni per la costruzione della chiesa in cambio di voti, preziosi ieri più di oggi vista, allora, la ristretta base dell’elettorato, tutta basata sul censo.
Ma oltre il dato politico, la lettura di queste “Memorie” testimonia una fase storica di decadenza dei borghi sui colli, e la crescente importanza economico sociale dei paesi a valle. Si assiste alla nascente industrializzazione di una zona e si ha una chiave di lettura di come da un popolo di vetturali e di barrocciai si sia giunti ad un ceto imprenditoriale agguerrito e competitivo su scala mondiale.
Le famiglie Giomi, Matteucci, Marianelli, Dani e Rossi, che si operarono per la costruzione della chiesa sono le stesse che troviamo fra i pionieri delle prime concerie. Risalgono a quegli anni anche i conflitti e le incomprensioni fra Ponte a Egola e San Miniato che Giomi qualche volta enfantizza e altre cerca di comprendere e giustificare. Ma l’aspetto più interessante di questo libro è proprio la narrazione degli avvenimenti, che fa rivivere, a distanza di un secolo e mezzo, quella atmosfera e quei sentimenti. Riemergono usi e costumi, vizi e virtù, superstizioni e ingenuità, che ancora oggi si possono riconoscere come caratteristici della gente del Ponte a Egola non tanto per nascita ma per precise circostanze storiche.