“A rischio 6mila persone”, allarme di Toscana Manifatture: “Sarà un problema sociale”
“Nell’emergenza sanitaria siamo rimasti in silenzio, ma ora tocca a voi o il sistema collassa”
“Come noi siamo stati accanto a voi pensando prima alla salute, senza chiedervi mai niente. Ora che la piena è passata, vi chiediamo di starci vicino o il sistema collassa. Ci basta una volta, solo questa volta e poi torneremo a essere il settore trainante e innovativo di sempre”. C’è la voce rotta dalla stanchezza e dalla preoccupazione, c’è l’eco di lacrime versate e notti passate a cercare una soluzione. Ci sono le delusioni e il rammarico di chi è abituato a superare tutto con il lavoro e ora che non può lavorare è allo stremo. Ma c’è anche l’orgoglio di aver traghettato le aziende fuori da questa situazione, senza licenziamenti, pagando i fornitori, fino ad “anticipare la cassaintegrazione di tasca nostra” o “toglierci 100 euro dalla tasca per darle a un dipendente che deve andare dal dentista”.
“C’è tanta paura – non lo nasconde Alberto Giannangeli di Assa -. Non sappiamo dove andare a sbattere la testa e, quando la gente ha paura, può fare anche cose folli. Ci troviamo a lavorare con una bassissima marginalità e non riusciamo a coprire le spese. Vediamo molto buio nel nostro futuro e prevediamo che il 50% delle aziende chiuderà. Veniamo a chiedere un grosso sostegno per far fronte anche agli impegni fatti. Cercate di trovare forme per tenerci in vita, se i nostri dipendenti non li terremo in piedi noi, purtroppo quando sarà possibile dovremo far fronte anche a licenziamenti”.
E’ questo il clima con il quale il Consorzio Toscana Manifatture ieri sera 8 luglio ha invitato al PoTeCo di Santa Croce sull’Arno gli amministratori del territorio, i consiglieri regionali qui eletti e il candidato alla presidenza della Regione Eugenio Giani. Il Consorzio forma gli artigiani e i tecnici di domani, rappresenta oltre 60 aziende del settore della calzatura moda, alcune di queste storiche, nel comparto da più di 50 anni.
E che, in questa emergenza sanitaria, ha istituito un Comitato di emergenza composto da rappresentanti del Consorzio stesso, da Assa (Associazione Lavorazioni conto terzi) e dal Centro Servizi Calzaturiero di Segromigno: circa 300 aziende con 6mila addetti per un volume di affari di circa un miliardo e 200 milioni di euro. Addetti che, è il rischio, staranno a casa se il sistema collassa. Un sistema che non si può riaprire una volta chiuso, se non riavviando un percorso lungo anni.
Alla discussione hanno partecipato circa 60 imprenditori di tutto il Distretto. “Noi – ha spiegato il presidente del Consorzio Toscana Manifatture Luca Sani – non vi abbiamo convocato qui per giocare al gioco di chi piange più forte. Lagnarsi, a differenza di altri, non ci viene bene. Siamo gente che è abituata al sacrificio e al lavoro infaticabile di ogni giorno e che, prendendosi enormi rischi, attraverso i nostri investimenti, dà un futuro a migliaia di lavoratori e alle loro famiglie. Mai come oggi, in 60 anni di storia, le aziende del distretto Moda della Toscana avevano affrontato una crisi così drammatica e devastante: non abbiamo potuto fare i campioni, non abbiamo seminato, quindi ora perdiamo il raccolto. Siamo qui stasera soprattutto per fare proposte alla Politica affinché recepisca e in tempi rapidi, quali sono i problemi reali che stiamo affrontando e che potrebbero anche acuirsi in vista dell’autunno se, come qualcuno prevede, ci sarà una recrudescenza del contagio”.
Un comparto, quello del manifatturiero, che spesso si mescola alla conceria, ma che ci tiene a precisare: “Loro sono i cugini ricchi. I nostri problemi sono diversi”.
Esigenze, problemi e idee e proposte per la ripresa li hanno racchiusi in un documento sottoscritto da oltre 300 aziende a fine maggio. “Incontriamoci anche tutte le sere – è l’appello agli amministratori -, ma incontriamoci perché noi non abbiamo tempo. La concia ne ha di più, noi siamo già in ritardo. Non abbiamo chiesto aiuto al Governo di Roma, lo abbiamo chiesto a voi perché di voi ci fidiamo, perché vi abbiamo visto lavorare in altre emergenze. Perché viviamo tutti qui: voi ci conoscete, conoscete il territorio e il nostro lavoro”.
“Noi ci siamo”, hanno promesso in coro gli amministratori.
Sani ha paragonato quello che sta accadendo ad un grave incidente stradale: “Siamo vivi (per miracolo), ma siamo anche molto malconci. E come in un sinistro stradale è la polizza assicurativa che abbiamo sottoscritto a coprire i danni: in questo caso è lo Stato che ha la responsabilità di pagare i danni. E’ lo Stato la nostra polizza assicurativa al quale noi, diligentemente, paghiamo un salatissimo premio annuo di milioni di euro (in tasse), e che adesso deve darci ristoro. E’ importante adesso, cari amministratori del nostro territorio, che voi vi rimbocchiate le maniche, perché noi l’abbiamo già fatto. Noi abbiamo fatto il primo, importante, passo, ora tocca a voi”.
“Siamo stati in silenzio al nostro posto – ha ribadito Renato Cavallini – senza disturbare ma adesso non ce la facciamo più. Abbiamo deciso di non abbandonare la nostra nave in balia delle onde ma adesso la piena ci sta per travolgere. Le nostre aziende, che erano già indebolite da precedenti crisi, rischiano di chiudere. E quando chiude un calzaturificio, non è come un ristorante, non riapre più.
Anche moralmente non è stato facile rivolgersi ai nostri ‘vecchi’, ai fondatori, li abbiamo coinvolti nel Comitato per sapere anche da loro che hanno creato tutto cosa si dovesse fare. I nostri dipendenti sono come la nostra famiglia e vederli piangere ci fa star male. Siamo senza campionari, ormai la stagione è saltata. A settembre, se non ci aiutate, il problema non sarà più aziendale ma sociale, saremo in netta difficoltà e non potremo più tutelare le nostre forze produttive. Con queste mani abbiamo imparato un mestiere, non permettete che tutto venga dissolto. Noi staremo accanto a voi perché ci fidiamo di voi e voi state accanto a noi, solo così ne usciremo. Ma fare presto. Non abbiamo più tempo: a settembre 6mila persone sono a rischio”.
Al tavolo di incontro era seduto anche il commercialista Claudio Matteoli che ha redatto il documento di proposte: “A parte il problema sanitario drammatico adesso c’è il problema economico che rischia di essere altrettanto drammatico. Chiediamo soltanto che il problema che riguarda il covid non gravi sulle aziende ma venga coperto con un fondo, sotto forma di risparmio contributivo, che non abbia costi per lo Stato. Se chiude un calzaturificio o una azienda di Moda, questo non riapre più e si perde preziosissima manodopera che fa parte della bellezza della Toscana, in un distretto Moda unico al mondo”. E’ un settore strategico per l’economia italiana, con oltre 80mila imprese che occupano oltre un milione di persone, per un fatturato che supera i 90 miliardi di euro e un export di circa 50 miliardi di euro.
Simona Buti è la ‘quota rosa’ del Comitato, imprenditrice di un’azienda storica di terza generazione: “La mia azienda – ha detto – la chiamo il mio terzo figlio, i miei dipendenti li chiamo collaboratori. Manterremo tutti i posti di lavoro, ha detto il presidente Conte. Ma con cosa? Per fare una affermazione del genere, bisogna avere già una strategia in mano. Noi saremo i primi a far sì che questa cosa non accada, ma sarà molto difficile mantenere la stessa forza lavoro a queste condizioni. Per questo abbiamo bisogno di un vostro conforto, di qualsiasi strumento che ci metterete a disposizione”.
L’avvocato Federico Giani, che fa parte anche dell’organismo indipendente di valutazione della Regione Toscana, ammette che qualche obiettivo in più la Regione potrebbe imporselo: “In una logica di autonomia differenziata la Regione Toscana può legiferare su materie concorrenti con lo Stato e può prendersi degli spazi, come sui rapporti con l’Unione Europea e l’innovazione tecnologica, eliminando un po’ di burocrazia ed evitando che ci siamo soggetti che speculano”. Giani ha infatti suggerito un Osservatorio permanente della Regione contro l’usura, lo “shopping” nei momenti di bisogno che”tolgono la governance” nelle aziende in crisi e che portano via dal territorio know how e le joint venture finalizzate non a portare ricchezza sul territorio ma a espropriarle di competenze. Che sono le uniche, vere, risorse in mano all’artigiano.
Il sindaco di Santa Croce sull’ArnoGiulia Deidda, che è anche presidente del Polo Tecnologico Conciario, ringrazia i calzaturieri per i “toni che avete usato, sono un grido di dolore ma sono grida costruttive e pacifiche. Il distretto può essere un’opportunità, può aiutare a portare avanti le istanze alla Regione ma soprattutto al governo perché credo che è a Roma che dobbiamo rivolgerci. Stare insieme e fare massa critica può essere importante, un viatico per le vostre richieste. La parola concertazione ha rappresentato da sempre il nostro modo di lavorare. La proposta che faccio è quella di un tavolo di distretto da aprire presso la Regione Toscana e inviare il vostro documento agli esponenti del governo. Le istituzioni devono stare vicino a voi, sono a vostra disposizione: sono molto preoccupata ma voglio essere ottimista e voglio credere che usciremo vincitori anche da questa battaglia. Noi ci siamo perché il tema del lavoro dovrà essere centrale non solo nell’azione di governo ma anche in quella della Regione per i prossimi cinque anni perché senza lavoro si ferma tutto”. Suggerendo di “ammorbidire l’ultima parte, quella dove si parla di licenziamenti. So che non ci volete arrivare e neppure noi, quindi proverei a sfumare quella parte che non vuol dire nascondere la realtà, ma è un documento istituzionale”.
Con un presupposto: “Io vedo ogni mese i dati del Depuratore. Lo vedo che le aziende non stanno lavorando, che stanno lavorando troppo poco”.
Con un’ora di ritardo si è presentato all’incontro anche il presidente del consiglio regionale e candidato alla presidente della Regione Toscana con una coalizione di centrosinistra Eugenio Giani. “Non ci sono – ha detto – tanti discorsi da fare: nel comprensorio non ci sono ordini e la situazione è drammatica. Non ho potere fino al 20 settembre ma evidentemente mi pongo già nell’ottica del subito dopo e sono convinto che dobbiamo agire con molta concretezza. Abbiamo bisogno di un piano Marshall europeo. Per quanto Roma possa fare è anche la Regione che deve muoversi. Credo che questo comprensorio abbia costruito negli anni qualcosa di unico al mondo e che interpreti il Made in Tuscany nel modo migliore. Non possiamo permetterci di perdere tutto questo patrimonio”.
Alessio Spinelli, sindaco di Fucecchio dice di essere intervenuto perché “voglio metterci la faccia, perché l’obiettivo deve essere lo stesso per tutti, ora dobbiamo agire subito. A noi le battaglie non fanno paura, ne abbiamo fatte tante. Vi porterò qui il senatore Dario Parrini per un incontro urgente. Noi comuni siamo la testa d’ariete ma è la Regione che deve legiferare in tal senso. Qualcosa bisogna fare per voi, anzi per noi. Da settembre parte l’indirizzo calzaturiero nella nostra scuola per diffondere ai ragazzi questa cultura, per cui è il momento di tirare fuori le nostre migliori fantasie. Possiamo spingere dal basso, io ci sono e il mio aiuto ve lo darò senza nessun tipo di problema”.
Il sindaco di Castelfranco Gabriele Toti, gli fa eco: “Ci sono, ci siamo. Vorrei fossimo d’accordo su un punto: siamo tutti a combattere dalla stessa parte. La vostra preoccupazione è anche la nostra. Se le aziende vanno male il problema si riversa sulle comunità. E’ un sistema sano e va preservato: bisogna ripartire e ribaltare questa situazione siamo chiamati ad una nuova prova, non bisogna aver paura e dobbiamo avere un obiettivo condiviso, sicuramente tutti insieme ce la faremo. Un obiettivo dove ci si riconosce tutti. Un problema corale che solo insieme riusciremo a superare”. E poi l’appello in controtendenza con i colleghi amministratori e in linea invece con gli imprenditori: “Non tiriamoci dentro lo Stato. Facciamo noi le proposte e portiamole a Roma”.
Poi il sindaco di Montopoli Giovanni Capecchi ha parlato di “situazione tragica che avrà conseguenze importanti per il futuro. Ci faremo carico della nostra responsabilità fino in fondo e ci metteremo a disposizione. Insieme a voi troveremo una soluzione per l’occupazione e per lo sviluppo del territorio”.
Non un incidente ma “uno tsunami – per il consigliere regionale Pd Andrea Pieroni -. Questa vicenda cambia tutto, anche il modo di approcciarsi ai problemi. Servono quindi azioni straordinarie per una situazione straordinaria. Noi ci saremo con i mezzi che abbiamo a disposizione. Siamo al vostro fianco per sopravvivere in questi mesi”.
La consigliera regionale Pd Alessandra Nardini promette di portare le istanze delle aziende manifatturiere “all’attenzione della giunta regionale. Il peggio dovrà ancora arrivare quindi un elemento deve essere la tempestività. Non sarebbe una sconfitta per una azienda che chiude ma anche per le istituzioni e per un intero territorio. Ho mandato la bozza del vostro documento al viceministro Misiani che si è reso disponibile a fare un incontro via web per capire quali strumenti mettere in campo insieme”.
Il consigliere regionale Pd Antonio Mazzeo ha detto che sulla “cassa integrazione è necessario arrivare almeno alla fine dell’anno. Quando non ci sono i ricavi, niente gira. Abbiamo dato 60 milioni di cassa integrazione in deroga al governo che li ha dati all’Inps e malgrado questo alcuni di voi ancora non l’avete ricevuti. E’ un sistema che non funziona e anche la politica ha le sue colpe. Ci diano la possibilità di agire direttamente come Regione perché per noi siete fonte di sviluppo e dobbiamo per questo spingerci sull’autonomia differenziata”.