
“Premesso che gli amici del Padule di Fucecchio non sono pregiudizialmente contrari a interventi di gestione faunistica anche all’interno delle aree protette, insieme ad altre associazioni chiederemo all’amministrazione regionale di poter visionare il provvedimento autorizzativo”. Quello con il quale la Regione Toscana ha autorizzato la caccia al cinghiale all’interno della riserva naturale del Padule di Fucecchio a decorrere da venerdì. Le ragioni le spiega Simona Petrassi, presidente dell’associazione Amici del Padule di Fucecchio.
Caccia in area protetta come possibile, per gli Amici del Padule, quindi, “purché queste siano condotte nel rispetto delle normative vigenti e sulla base di dati scientifici che ne attestino l’assoluta necessità. Riteniamo che il suddetto provvedimento, reso noto non casualmente nella settimana di ferragosto, non risponda a tali requisiti”.
Nel provvedimento, sottolinea ancora Petrassi, “Non si fa alcun riferimento a studi scientifici effettuati, ma si riporta un dato del tutto campato in aria, circa l’ipotetica presenza di 300 cinghiali all’interno dell’area Righetti La Monaca. Ma quel che è più grave è che la legge prescrive che prima di ricorrere all’uso delle armi da fuoco (che sono meno efficaci) si sarebbe dovuto effettuare attività di cattura mediante trappolamento (utilizzando gabbie chiamate chiusini). Non ci risulta che tale attività sia stata effettuata. Eppure questa procedura è stata riportata anche all’interno dello stesso piano regionale per il Controllo del cinghiale nelle riserve naturali della Regione Toscana, in quanto il ricorso allo sparo all’interno di tali aree è ammesso dalla legge nazionale sulla caccia solo nel caso che sia stata dimostrata l’inefficacia dei mezzi non cruenti. Al di là di questi aspetti, che saranno oggetto di approfondimento in sede legale, ci preme sottolineare come, sotto il profilo politico, questo provvedimento cada in una situazione di grave indeterminatezza della gestione dell’area protetta”.