Osc a lezione da don Zappolini per festeggiare i 5 anni



Martina Lumini di San Donato, Gianluca Rossi di Pontedera e Daniele De Nisco di Cascina sono i nuovi membri ammessi a fare parte dell’Opera Spatha Crux, l’associazione di giovani cattolici nata a San Miniato 5 anni fa. Esatti: era il 20 luglio 2014 quando l’attuale presidente Valerio Martinelli e una manciata di altri giovanissimi decisero di fondare un’associazione con radici solide nella Chiesa e occhi spalancati a sognare il futuro. Con anche, però, mani e teste da usare per fare e formare.
Con, ricorda il vescovo Andrea Migliavacca, “una sensibilità politica, non nell’ottica di una qualche appartenenza partitica, ma come associazione di giovani che vogliono essere attivi e propositivi in un territorio, nel convivere civile, nella politica”. In linea con questa sensibilità, l’associazione Opera Spatha Crux, per il quinto compleanno, si è voluta regalare un momento di formazione: don Armando Zappolini gli ha parlato di responsabilità, legalità e speranza. Quella con il nuovo parroco di Ponsacco dopo quasi 40 anni a Perignano e direttore della Caritas diocesana è stata una “chiacchierata”, come l’ha giustamente definita il sindaco di San Miniato Simone Giglioli, “ma di quelle che lasciano il segno. Ascoltare don Armando è sempre un arricchimento”. Difficile sintetizzare un’ora di intervista iniziata su un aquilone a Calcutta, passata per porti e muri delle frontiere del mondo e chiusa in Diocesi, con l’augurio che si possa costruire una rete sempre più fitta perché “nessuno vince se è solo. Ma nessuno può pensare di non fare la sua parte perché il bene comune è responsabilità di ciascuno”. Ricorda l’anniversario della strage di via D’Amelio, il primo senza Rita Borsellino, con aneddoti del suo impegno con Libera. “Ho detto che c’è bisogno di speranza, quindi devo sperare che una cultura della legalità sia possibile. Questa generazione deve lavorare in quella direzione”. E serve aprire “i cuori, non i porti. Non buttando giù i muri ma facendoci le porte”. Non che don Armando – presidente del Coordinamento nazionale comunità di accoglienza – non sia per l’accoglienza, ma perché l’accoglienza sia responsabilità di ciascuno. Come quando racconta della Caritas: “Posso andare a prendere 3 quintali di alimenti dal Banco alimentare e le persone le ho sfamate. Ma non è lo stesso che se ne prendo uno, perché agli altri due ci hanno pensato i parrocchiani”. E’ un cristiano con le scarpe comode per camminare ogni giorno, quello che don Armando invita a essere, che va a messa la domenica certo – “gli altri non li conto” -, ma non ha finito lì la sua missione. Un cristiano stanco a volte, ma felice.
“Dobbiamo farci sentinelle delle frontiere” dice. Nel senso che ci sono limiti che non si possono superare, come il rispetto della vita. E allora vanno bene anche obiezione di coscienza e disobbedienza civile. “Non è un invito alla violenza. Stamattina leggevo L’Avvenire e c’era una foto di una suora con le mani ammanettate dietro la schiena: sono stati arrestati per aver pregato in Senato contro il trattamento disumano inflitto ai bambini immigrati a sud negli Stati Uniti. Io credo che non si possa non fare niente davanti a certe cose”. E lui, di certo non è mai stato zitto. “A Ponsacco non farò il presepe, ve lo dico già”. “Lei è un buonista?” E’ la domanda alla quale risponde: “Se uno sfama un povero è buono, se si interroga sulle ragioni della povertà è comunista. Di solito c’è un tono dispregiativo dietro, ma forse non sono abbastanza buonista, vorrei esserlo anche di più”. Da giovane degli anni ’70, la condizione di questi giovani la guarda con preoccupazione. “Ci sono troppa precarietà e paura tra i nostri ragazzi. Noi guardavamo avanti con fiducia ed entusiasmo, loro devono fare i conti con anni di studi che spesso servono a poco e un’incertezza pesante. Dobbiamo creare posti belli, dove i ragazzi stiano bene. Solo così avranno voglia di impegnarsi”.
E un posto bello, per Martinelli, è l’associazione. “In questi 5 anni siamo cresciuti non solo nei numeri – imminente è l’apertura del terzo centro Osc – ma personalmente, in un percorso condiviso con altri giovani che ci sta dando tanto. I progetti e i sogni sono ancora molti e qualche difficoltà non manca ma per questo patrimonio importante di esperienze e contenuti non posso che ringraziare tutti quanti hanno dato il proprio contributo”. (E.ven)