
Sono 164 (l’elenco completo è alla fine dell’articolo). Ai montopolesi che hanno combattuto nella Grande Guerra sarà conferita la cittadinanza onoraria di Vittorio Veneto alla memoria in una cerimonia che sarà in comune sabato 23 febbraio alle 18.
Nella sala del consiglio comunale di Montopoli, tra gli altri, ci saranno Michele Fiaschi e Francesco Fiumalbi che hanno stilato l’elenco dei caduti montopolesi della prima guerra mondiale, oltre all’assessore di Vittorio Veneto Barbara De Nardi e ai carabinieri comandanti di San Romano Santo Faiella e della compagnia di San Miniato Gennaro Riccardi.
“Partecipare alla cerimonia – per l’amministrazione comunale di Montopoli – significa rendere il doveroso omaggio a chi visse quelle tragiche e luttuose giornate, anche se coronate dal successo militare. Molte persone, a distanza di così tanti anni, ancora ricordano che il nonno, lo zio o un lontano congiunto che ha combattuto durante la Grande Guerra e la memoria individuale e familiare di quegli eventi è ancora forte e impressa in modo indelebile nella coscienza collettiva. Il processo di unificazione nazionale, compiutosi con la fine della Grande Guerra a Vittorio Veneto, ha legato per sempre il nome della città alla memoria di chi ha scritto quelle dolorosissime pagine di storia, chi ha combattuto e ha dato il proprio bene più prezioso, la vita per la Patria. Gli effetti della Grande Guerra per l’Italia e il mondo furono impressionanti: 6 milioni di mobilitati, 680mila caduti, due milioni e mezzo di feriti tra le fila italiane, nove milioni di morti nel mondo più altri 20 milioni causati dall’epidemia di spagnola che si diffuse al termine del Conflitto in una popolazione ridotta allo stremo dalla penuria di cibo e dalle terribili condizioni igienico sanitarie del periodo. La Grande Guerra fu un conflitto radicalmente diverso da quelli precedenti soprattutto per l’enorme coinvolgimento delle masse popolari, sia sul fronte sia nelle retrovie, un sacrificio collettivo che non va dimenticato, specie pensando ai tanti che videro segnate le loro vite anche se giovanissimi. Ricordiamo gli oltre due milioni di ragazzi richiamati non ancora venticinquenni e i ragazzi del ’99, precettati quando non avevano ancora compiuto 18 anni in un Paese che all’epoca fissava la maggiore età a 21”.