




Fare rete essendo network. Una Rete fatta per liberare, non per intrappolare. Per stare vicini quando si è lontani e per condividere il Bene. Se i social media sono la nuova piazza, allora i contatti virtuali devono essere spazi reali di condivisione, d’aiuto a non essere soli. Nell’epoca degli haters, degli insulti con il punto esclamativo e del tutto maiuscolo per gridare che io ho ragione e tu hai torno, il Papa richiama a un uso buono dei social, spazio di vicinanza tra uguali come tra complementari, capaci di discutere – senza litigare -, di confrontarsi – senza scannarsi – di abbracciarsi – senza toccarsi -.
“Per poi – spiega il vescovo di San Miniato ai giornalisti invitati a celebrare il patrono san Francesco di Sales – ritrovarsi allo stesso tavolo”. Come membra della stessa carne, è l’invito del Papa nel messaggio per la giornata delle comunicazioni sociali, chi aderisce allo stesso gruppo – pur virtuale – condivide lo stesso pane. Da spezzare alla stessa tavola.
E’ un social buono quello augurato da don Andrea seguendo le parole di papa Francesco che, dice, “E’ sul pezzo, coglie i problemi. Dopo l’attenzione alle fake news che fu l’invito alla riflessione dello scorso anno, ora tocca ai social”. Segno che non importa qual è l’età anagrafica quando sei pastore di tutti. L’invito del Papa, allora, inoltrato ai giornalisti della diocesi di San Miniato dal vescovo, è di “prendere coscienza che i social sono una dimensione nella quale siamo immersi, che è presente e attuale, dalla quale non possiamo scappare ma con la quale dobbiamo interagire”. Con la certezza che “Anche questi luoghi vanno abitati”. Luoghi in cui si incontra gente ostile, che non va lasciata sola nel buio ma va accompagnata nella luce. Nella speranza che ogni “leone da tastiera” possa diventare un gattino capace di argomentare. E di ascoltare, perché pare essere questa la cosa che manca di più. “Posto su Fb”, “ti mando su Instagram”, “Ti twitto”: io è il protagonista di un esibizionismo imperante, che mette l’Io al centro di un mondo incapace di mettersi in dubbio. Essere luce in quel buio, è l’invito del Papa contro il cyberbullismo e ogni forma di isolamento e ostilità, distorsione della verità e delle relazioni, narcisismo e autoisolamento. “Non si può rinunciare alla Rete – per il vescovo – perché il tempo reale esiste. E la comunicazione in rete è accessibile a tutti. Questo comporta che ciascuno può dire la sua e lanciare una notizia o un commento. Ma a noi serve la verità, quella oggettiva, aderente ai fatti, non interpretata. Questa è la sfida: quando aumentano le fonti e le notizie, deve aumentare anche la necessità di verità. Chi scrive sente di avere competenza su tutto ma questo non è possibile. Chi lavora con la comunicazione, allora, non può prestarsi a questo sistema. Deve lavorare affinché ci sia un uso del social complementare a vivere l’altro: con la tecnologia che diviene risorsa per incontrarsi più facilmente. Perché è anche la sobrietà nell’uso che porta all’incontro”.
Elisa Venturi