“Sono stato io, primi colpi alle gambe”, Scotto ha confessato

Si è seduto davanti al giudice per le indagini preliminari e ha confessato. Il Gip non ha convalidato il fermo di Danny Scotto, ritenuto l’assassino di Giuseppe Marchesano, trovato morto nella sua casa di via di Dietro a Casteldelbosco di Montopoli Valdarno 24 ore dopo l’omicidio. Ma il 27enne resta in carcere in custodia cautelare, come richiesto dalla Procura. Molto più collaborativo che nei giorni scorsi, Scotto ha oggi confessato di aver sparato e di aver ricaricato l’arma: i colpi sparati, quindi, potrebbero essere di più dei 6 contati finora. Anche in questo, decisivo sarà l’esito dell’autopsia in corso in queste ore.
Scotto ha raccontato nell’interrogatorio di convalida che questa era la terza volta nel 2018 che vedeva l’amico. Lo aveva incontrato a marzo e a ottobre prima di quella sera del 9 novembre. Al momento non ci sono elementi per cui la Procura possa contestare la premeditazione, nonostante Scotto sia arrivato a casa di Marchesano in orario compatibile con l’omicidio e già armato. Nell’interrogatorio, infatti, Danny ha detto di essere arrivato a sorpresa per mostrare a Giuseppe l’arma di recente acquistata, quel revolver 357 con cui poi lo ha ucciso. I due, infatti, nonostante si fossero persi di vista nell’ultimo anno, continuavano a condividere la passione per le armi e per il mondo militare. Al momento, dal materiale rilevato dal nucleo di indagini scientifiche sulla scena, non sono emerse tracce biologiche a sostegno della presenza di Scotto a casa di Marchesano. Scotto, alla domanda sul perché avesse il passaporto in tasca, ha confermato che di recente era stato in Francia per provare ad arruolarsi nella legione straniera. Nonostante tutti questi elementi, secondo la Procura, in questo omicidio non ci sono gli elementi della premeditazione. Quindi, secondo gli inquirenti, lo Scotto sarebbe davvero arrivato a casa di Marchesano per fargli visita da amico, con la pistola infilata nella cintura dei pantaloni solo per mostrargliela. Poi, però, qualcosa ha fatto degenerare la situazione, che si è risolta con un omicidio. Al momento, ci sono ancora dettagli da chiarire, che non combaciano, tra la ricostruzione ipotizzata dagli inquirenti nelle indagini e il racconto del giovane. Dettagli che non cambiano in modo sostanziale lo scenario ma che possono delineare una diversa connotazione di questo omicidio. Che, anche se maturato nell’ambito di un’amicizia, rimane pur sempre di stampo passionale.
Tra le cose da chiarire c’è una circostanza: se prima degli spari ci sia stata o meno una collutazione, anche minima, tra i due. E poi la questione della successione dei colpi: per gli inquirenti i primi sono stati esplosi alla testa, Scotto dice di aver prima sparato alle gambe. A sostenere la tesi degli inquirenti rimane il fatto che la vicina di casa ha avvertito le esplosioni ma non ha sentito Marchesano lamentarsi o urlare. Quindi i primi colpi potrebbero essere stati quelli fatali. Poi c’è la questione di cosa può aver fatto scattare la rabbia: un elemento che probabilmente sarà chiarito in un ulteriore interrogatorio da parte del pubblico ministero. Dagli inquirenti rimane fermo, al momento, il fatto che l’omicidio non era premeditato anche se consumato con fredda lucidità. Una distinzione non da poco quando si andrà in aula per un processo. Nel complesso, comunque, dal racconto fatto questa mattina da Scotto al giudice, emerge il profilo di una persona molto sola: ha raccontato che i giorni intorno al 9 aveva provato, prima di andare da Marchesano, a recuperare altre amicizie, ma senza esito. Questo, forse, lo avrebbe spinto ad arrivare fino a Casteldelbosco in cerca del migliore amico di un tempo.
Le indagini, per quanto ormai a buon punto, per la Procura rimangono aperte. Indagini che il procuratore Alessandro Crini e il sostituto Sisto Restuccia, avvalendosi delle competenze del nucleo investigativo di Pisa, hanno condotto in modo veloce partendo dai pochissimi elementi che avevano, forse in tutto questo c’è stato l’aiuto delle poche parole di qualche familiare o amico ma rimane il fatto che a mettere in relazione i due sia stato il posto di blocco in cui erano stati fermati insieme (Omicidio, Giuseppe fu fermato in auto con l’amico in carcere).
Gabriele Mori