Nuova vita per fonte battesimale di S.Maria a Monte

27 ottobre 2018 | 09:51
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Nuova vita per fonte battesimale di S.Maria a Monte

“Non è possibile che uno abbia fatto un fonte per metterlo in un ripostiglio, abbiate pazienza”. Così tuona don Angelo Falchi al termine della presentazione del fonte battesimale fresco di restauro nella collegiata san Giovanni Apostolo ed Evangelista di Santa Maria a Monte, tenutasi ieri, venerdì 26 ottobre. Don Falchi, storico cappellano di Santa Maria a Monte dal 1967 al 1982 e don Mannari, prete dell’altrettanto noto, critica la ricerca presentata dagli studiosi. La critica riguarda il posizionamento che il fonte avrebbe occupato nella collegiata tra il ‘400 e il ‘700. Ma procediamo per ordine.

A moderare la discussione è stato Mariano Boschi, esperto storico locale che ha contribuito allo studio degli archivi parrocchiali e diocesani, utili a ricostruire gli spostamenti che ha subito il fonte nel corso dei secoli. L’incontro è stata un’occasione per credenti e laici, esperti e non, di conoscere la storia non solo del battistero, ma dell’intera collegiata. Dopo gli interventi introduttivi di Ilaria Parrella e don Bruno Meini, rispettivamente sindaco e parroco di Santa Maria a Monte, ha preso la parola la funzionaria alla sovrintendenza e storica dell’arte Mariagrazia Ristori. Ristori ha fatto un excursus storico artistico del paese. Il castello di Santa Maria a Monte, infatti, è sempre stato molto ambito e conteso tra Lucca, Firenze e Pisa. Un anno fondamentale per la storia del paese è il 1327, anno in cui i fiorentini assediano la Rocca e se ne impossessano. L’antica pieve, situata sulle pendici della collina, viene distrutta, ma gli abitanti riescono a trarre in salvo alcuni simboli che rappresentano l’identità religiosa di Santa Maria a Monte. Tra questi, il crocifisso ligneo datato agli inizi del ‘300 e la Madonna lignea datata 1255. Dopo la distruzione dell’antica pieve, gli oggetti di culto furono portati all’oratorio san Giovanni, esattamente dove oggi sorge la chiesa. L’allora pievano Clemente Mazzei fece consacrare la collegiata il 29 settembre 1466 ricordando, nel nome sia di san Giovanni che di santa Maria Vergine, che riprende il nome del paese. L’oratorio subì almeno due interventi di allargamento: un primo intervento che portava le mura perimetrali più o meno all’altezza dei confessionali, quindi circa alla metà della chiesa attuale e un secondo che si estende fino a come oggi la vediamo.
La bagarre tra i ricercatori e don Angelo Falchi nasce sulla posizione del fonte battesimale prima del ‘700. Si pensa che il fonte fosse inizialmente all’altezza della porta che si vede nella cappellina del SS. Sacramento, stanza che effettivamente oggi viene usata come ripostiglio e che dà l’accesso al campanile. Tuttavia, alla fine della presentazione della ricerca don Falchi ha chiesto di intervenire e con tono critico ha smentito i ricercatori. Secondo l’attuale parroco di Casciana Terme, nel 1975, quando era a Santa Maria a Monte, fu trovato il confine perimetrale all’altezza dei confessionali e quindi sarebbe più accreditata l’ipotesi per cui il fonte battesimale, come da tradizione, si trovasse all’entrata della pieve e non in fondo. Si tratta di ipotesi che non è possibile stabilire con certezza e d’altra parte, il bello della ricerca è proprio questo, non finisce mai.
“Il fonte è come un libro aperto che ancora oggi ci parla”. Queste le parole usate dalla professoressa Ristori per esprimere la carica di significati simbolici che l’opera scultorea porta con sé. “Innanzitutto, il fonte porta una data e un nome: 1468 e Domenico da Rovezzano detto il Rossello. Un artista non di spicco nella corte rinascimentale fiorentina, ma molto delicato. Come si evince dalla data, il fonte non è stato spostato dalla Rocca alla pieve di san Giovanni, ma è nato all’interno della chiesa. “Ha battezzato la chiesa” per dirla con le parole di don Meini. Sul fonte sono rappresentate delle figure femminili che simboleggiano le tre virtù teologali e sui lati le quattro virtù cardinali. Spicca inoltre, la Compostela, la conchiglia che indica il cammino per il pellegrinaggio verso la tomba di san Giacomo, a Santiago de Compostela. L’immagine che cattura l’attenzione dell’osservatore, e non a caso è scolpita sulla facciata del fonte battesimale, è quella del battesimo di Gesù nelle acque del Giordano. La carica simbolica dell’opera è immensa, a partire dalla posizione che occupa fino ad arrivare alla sua forma. Don Meini ha guidato i presenti in una disamina dei significati teologici del fonte battesimale ponendo l’attenzione sul fatto che spesso si trovano fuori dalle chiese e sono quasi sempre di forma ottagonale. Si trovano fuori dalle chiese o subito all’ingresso perché simboleggiano l’entrata nella comunità cristiana. Sulla forma, ci sarebbero diverse interpretazioni, a partire dal numero dei lati. L’otto è un numero biblico ed è il numero dell’infinito. In cosmologia l’ottagono è la figura intermedia tra il quadrato, classicamente utilizzato per indicare la Terra e la sfera, che invece indicava gli altri corpi celesti. Nel fonte battesimale di Santa Maria a Monte si battezza dal 1532 e, come fa notare Parrella, ha un valore anche civile. “È un’opera che appartiene alla comunità, tanto a quella civile quanto a quella religiosa” e a testimonianza di ciò ci sono le incisioni sull’opera dello stemma del comune, dello stemma della famiglia che ha finanziato la realizzazione e infine lo stemma della famiglia Mazzei. Un’opera a trecentosessanta gradi che esprime ancora una volta il rapporto equilibrato tra la dimensione civile e quella religiosa di Santa Maria a Monte. Il fonte battesimale adesso è aperto e visibile a tutti. Incavato in una nicchia, illuminato da luci al led e arredato con tende ed affreschi è un piccolo gioiello per l’arte locale.
Hanno esposto il loro lavoro anche Massimo Moretti e Marco Cigolotti, rispettivamente restauratore dei materiali lapidei e dei dipinti murali. Stefania Avanzini, restauratore dei manufatti lignei si è occupata del “cappello” del fonte. I restauratori, nelle loro esposizioni hanno rimarcato le condizioni di degrado in cui versava l’opera, erosa dall’umidità e dai fumi delle candele a olio che si sono usate per anni nelle chiese. La serata è stata accompagnata dall’organo di Carlo Fermalvento e dalla voce di Marta Corti, che hanno intonato canti gregoriani pasquali.

Giuseppe Zagaria