“La nostra eredità”, San Miniato prepara il Museo della Memoria

29 giugno 2018 | 10:07
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“La nostra eredità”, San Miniato prepara il Museo della Memoria
“La nostra eredità”, San Miniato prepara il Museo della Memoria
“La nostra eredità”, San Miniato prepara il Museo della Memoria
“La nostra eredità”, San Miniato prepara il Museo della Memoria
“La nostra eredità”, San Miniato prepara il Museo della Memoria
“La nostra eredità”, San Miniato prepara il Museo della Memoria

“Questa è un motivo di orgoglio della mia amministrazione. Una cosa voluta fermamente e portata avanti malgrado intralci. Quel luogo, dove prima c’era la Casa del fascio, ora ospiterà la memoria di San Miniato”. Lo dice il sindaco Vittorio Gabbanini a un mese dall’inaugurazione del Museo della Memoria il prossimo 24 luglio facendo il punto sui lavori fatti.

“E’ la fine di un lungo lavoro di raccolta di materiale – spiega la vicesindaco Chiara Rossi – ed è probabilmente l’intervento più importante e bello che questa amministrazione può vantare. Possiamo essere orgogliosi. È un museo che per la sua vocazione non sarà statico, ma in divenire. Un museo non calato dall’alto ma fatto anche dai cittadini, che in molti casi hanno contribuito con donazioni o prestiti di materiale storico. Condivisione di una storia comune”.
“San Domenico come palazzo della cultura – aggiunge l’assessore Marzia Fattori -. In poco tempo lo abbiamo riqualificato e ne siamo profondamente soddisfatti”.

Un museo innovativo quello messo a punto in collaborazione con la Scuola Normale Suoperiore, ricco di materiale, ma anche interattivo e all’avanguardia, capace di coinvolgere lo spettatore anche e soprattutto attraverso piccoli e grandi oggetti di uso quotidiano dell’epoca, spesso donati dagli stessi sanminiatesi, legati a piccoli e grandi aneddoti o racconti di quei terribili anni. Racconti che saranno a disposizione dei visitatori attraverso l’audio guida. “Il filo conduttore che è stato seguito nell’allestimento riguarda il tema della lacerazione (fisica, sociale e psicologica) che si ritrova sia in alcune suddivisioni dello spazio, sia nella realizzazione del logo – spiega l’architetto Serena Chiarugi -, una memoria trafitta da tagli trasversali che, come lame, lasciano ferite profonde e cicatrici indelebili nella storia della comunità sanminiatese”. Presentato l’importante intervento realizzato sullo spazio. 

Gli affreschi di Dilvo Lotti

Durante i lavori di restauro, inoltre, nel palazzo sono stati riscoperti alcuni affreschi di Dilvo Lotti del periodo fascista, il pittore samminiatese aveva ancora 20 anni ed era iscritto all’Accademia, questa era la prima commissione pubblica. Seguendo alcuni documenti che testimoniavano e descrivevano la presenza, seppur sotto lo scialbo, di cinque affreschi realizzati da Dilvo Lotti nel 1934: le cinque scene realizzate nell’ex refettorio dei domenicani, all’epoca Casa della Gioventù Italiana del Littorio (GIL), raffigurano scene di vita del periodo fascista. Su di esse sono stati condotti saggi per verificare l’apparato pittorico interno alla struttura e riportati alla luce. “Si tratta della prima commissione pubblica di Dilvo Lotti – spiega Luca Macchi. – Interessante anche perché prima testimonianza a San Miniato di un fenomeno artistico e culturale lanciato negli anni ’30 da due artisti come Corrado Cagli e Mario Sironi, che in un’ottica di recupero del ruolo dell’affresco nell’arte italiana, in contrapposizione ad un’architettura che all’epoca diveniva sempre più protagonista, vollero invitare il regime ad incentivare questa forma d’arte. Di qui, in quegli anni, anche quella commissione, di cui si persero le tracce dopo la Liberazione e della quale Lotti aveva accennato in alcune occasioni. Apporto fondamentale, il suo, per recuperare dietro la tinteggiatura i suoi vecchi affreschi, di carattere celebrativo, purtroppo molto danneggiati”.

Il museo

Il costo complessivo per la realizzazione del Museo, comprensivo dei lavori di restauro, della funzionalizzazione degli spazi e dell’allestimento museale è 240mila euro, grazie ad un cofinanziamento della Fondazione CRSM. Le spese più consistenti hanno riguardato la realizzazione dell’allestimento (110mila euro) e il restauro architettonico, il descialbo degli affreschi di Dilvo Lotti, la realizzazione di saggi sulle pareti interne, gli infissi e le porte, la migliore funzionalità degli spazi, degli accessi e dell’uscita di sicurezza, il rifacimento del servizio igienico e il trattamento della pavimentazione in cotto (50mila euro).
Per quanto riguarda il percorso espositivo tutto è iniziato con un’intensa attività di ricognizione del materiale messo a disposizione dalla cittadinanza, insieme alla raccolta dei materiali messi e alle preziose collaborazioni con cultori di storia locale e associazioni. “L’esposizione è costituita per gran parte dalle memorie dei cittadini che attraverso oggetti, lettere, fotografie, video-memorie hanno voluto raccontare la loro storia – spiega la dottoressa e curatrice del Museo Barbara Pasqualetti -. La raccolta museale è articolata in tre sezioni dal 1921, anno in cui anche a San Miniato furono istituiti i Fasci di combattimento, al 1946, quando si proclama la nascita della Repubblica, in cui sono esposti oggetti appartenuti a cittadini sanminiatesi, oltre a cinque postazioni multimediali, realizzate in collaborazione con la Scuola Normale Superiore, a disposizione dei visitatori che vorranno approfondire i contenuti. La multimedialità è uno degli elementi fondanti di un percorso espositivo perché pone l’accento sull’aspetto emozionale che il tema della guerra suscita nel visitatore: l’angoscia, la paura, la commozione, la voglia di ripartire per costruire una società migliore”. Esposti una serie di oggetti che verranno esposti, appartenuti a Giuseppe Gori, Angiolo Cheli, Carlo Chelli e Giorgio Morelli alcuni dei protagonisti del percorso museale.

“Una cosa voluta fermamente e portata avanti da questa amministrazione fra mille intralci – ha dichiarato il sindaco Vittorio Gabbanini. – Quel luogo scelto non a casa, dove prima c’era la Casa del Fascio, ora ospiterà la memoria di San Miniato e di quegli anni bui. C è stato un grande lavoro di tutti. Senza ritornare troppo alle tante polemiche di questi anni, con cui l’amministrazione è stata letteralmente bersagliata, mi sento solo di dire che le lapidi stanno bene lì dove sono adesso, all’ingresso. Io non voglio prendere parte ad una verità piuttosto che ad un’altra, fra le due che sono riportate da quelle lapidi in merito alla strage del Duomo. Il problema era ed è la guerra, con tutto il suo portato di distruzione”.

Nilo Di Modica