





“Senza l’impegno e i sacrifici, nel calcio come nella vita, non si fa niente. Ancora non sono nessuno… ho molta strada da fare”. Lo ha detto il calciatore Gianluca Mancini di Montopoli, difensore dell’Atalanta e della Nazionale Under 21 italiana, ai ragazzi della sua vecchia squadra e a tutti gli altri presenti oggi 27 giugno in comune. A invitarlo sono stati il sindaco Giovanni Capecchi e dalla sua amministrazione. Segno che qualcuno, a volte, profeta in patria lo è.
“Un incontro – ha detto Capecchi, ricordando anche i trascorsi di Mancini, scoperto a Montopoli e portato giovanissimo al Valdarno Calcio, da cui ha spiccato poi il volo verso la giovanile della Fiorentina, poi al Perugia e all’Atalanta, fino alla Nazionale under 21 – che da tempo volevo fare con un simbolo importante per tanti sportivi e per tanti ragazzi presenti qui oggi. Diceva tempo fa un esperto di calcio che se una nazione è felice, sul campo, fa un gioco felice: forse per questo non siamo ai mondiali. In un momento come questo, comunque, siamo molto felici di averlo qui e speriamo di riaverlo presto. Gianluca a Montopoli lo conosciamo tutti”. E magari qualche volta gli avranno anche urlato: “Te lo buco quel pallone”. Per fortuna, però, lui non ha smesso di calciare. “Anni di sacrifici ripagati” continua Capecchi che su questo ci punta: “Lo sport veicola messaggi fondamentali per le nuove generazioni”, a partire dal fatto che serve sudare per vedere risultati e cche le cose guadagnate hanno sempre e comunque un sapore diverso. E anche un carattere più duraturo, magari.
Mancini ha regalato al comune la sua maglia, che ha ricambiato con una terracotta dei maestri ceramisti montopolesi. “Il sindaco – ha detto Mancini – ha espresso parole lusinghiere, ho da fare molta strada. Quello che posso dire ai bimbi è di divertirsi e mettercela tutta perché senza l’impegno e la testa si va poco lontano. Mi ricordo di quando papà lasciava il cancello dell’azienda aperto quando ero piccolo, in modo che potessi andare via da casa con gli scarpini fino al campo, vicino a casa. Ho avuto la fortuna di avere due genitori che non mi hanno mai fatto pesare le sconfitte, che fanno parte della vita. Ho avuto allenatori nel Valdarno che facevano giocare i bambini: è così che si fa. Oggi fin da piccolissimi si chiede loro di esprire già una tecnica, gli si fanno fare le diagonali e tutto il resto. Io sono stato fortunato. Un giocatore a cui mi ispiro? Materazzi. Perché credo che un giocatore lo si debba riconoscere non solo dalla tecnica ma anche dal carisma”.
Nilo Di Modica