



Nasce prima la fake news o il social network? Senza quel vizio che abbiamo noi di tradurre tutto in inglese perché fa più fashion ed è più cool, la risposta sarebbe proprio facile. Perché, come cantava De’ André, “Una notizia un po’ originale non ha bisogno di alcun giornale… vola veloce di bocca in bocca”. Come a dire che il pettegolezzo, il gossip, non ce lo siamo inventato con la Rete ma è una pratica diffusa, vecchia come il mondo, si potrebbe dire. Visto che, se “Uccide più la lingua che la spada”, quella biforcuta del Serpente ci è costata il paradiso terreste. Lo ha ricordato nel suo messaggio il Papa nel giorno delle comunicazioni, il 24 gennaio, dedicato a san Francesco di Sales, santo protettore di giornalisti e scrittori e lo ha ricordato ieri sera anche don Andrea: fu il serpente – bugiardo ma credibile – e non la mela a sedurre Eva e a insinuarle il dubbio tanto da convincerla che Dio avesse detto una cosa diversa da quella che lei stessa aveva sentito.
Non c’è concetto più ambiguo che la verità, verrebbe da dire. Anche se è la verità, alla fine, il concetto attorno al quale tutto ruota. Un tema, quello delle fake news, del quale i giornalisti che operano sui territori della diocesi di San Miniato hanno riflettuto ieri 7 febbraio, insieme al vescovo Andrea Migliavacca e al direttore della comunicazione don Francesco Ricciarelli. “Due – ha detto il vescovo – sono le condizioni di partenza: dobbiamo essere consapevoli che da una buona informazione nasce il bene comune e che l’annuncio della buona notizia – il Vangelo – è la parola che illumina la vita. Ecco perché la comunicazione interessa alla Chiesa”, importante precursone in questo campo, che con l’arte prima e la scrittura poi, ha custodito e tramandato per secoli la memoria delle popolazioni. Ora che la comunicazione è prerogativa di tutti – e quindi di nessuno -, ancora più importante è stabilire le regole entro le quali muoversi. Per il Vaticano stesso, che è su tutti i principali social network e che ha di recente ristrutturato l’ufficio comunicazioni, con un unico segretariato. Spesso parlando di qualcosa si usa il suo contrario, ecco allora che per raccontare la tutela della verità, l’informazione al servizio della verità, si usano le fake news e i suoi effetti nefasti. Dai quali si esce riflettendo, anche sul fatto che un pettegolezzo, come una notizia non adeguamente verificata, porta il male, danneggia qualcuno, sempre. Per questo il Papa parla di neccesaria professionalità – da acquisire con la formazione e con i titoli -, ma anche sentendosi addosso la responsabilità personale della ricerca della verità. “La verità – ha concluso il vescovo – non è un modo di raccontare ma è uno stile di vita”. I cristiani, d’altra parte, sono chiamati a essere testimoni credibili, in ogni manifestazione del proprio essere.
Elisa Venturi