
Un’udienza lunga e inizialmente controversa per l’ammissibilità della prove, dibattuta fino all’ultima virgola e per certi versi anche ricca di colpi di scena. L’appuntamento era all’aula 3 del tribunale di Pisa alle 10 oggi 26 gennaio, ma prima delle 13 non c’è stato verso di fare entrare nel vivo il processo che vede alla sbarra Filomena Ferrara 62 anni e Alessandra Caponi di 61 anni, le due maestre della scuola elementare Carducci di Santa Croce sull’Arno, accusate di maltrattamenti e lesioni sui bambini di una prima elementare. Entrambe oggi erano in Aula.
Il primo scoglio si è subito palesato all’apertura del dibattimento sul problema delle intercettazioni, che gli avvocati della difesa della due maestre sostenevano di non aver potuto visionare. Una questione che, dopo un’ora di discussione, ha tenuto per oltre due ore e mezzo il giudice monocratico Eugenia Mirani in camera di consiglio per poi arrivare alla conclusione che le intercettazioni sono tutte ammissibili e che se gli avvocati della difesa le volevano o le vorranno visionare sono nella loro disponibilità alla procura della repubblica, come previsto dal codice di procedura penale.
Poi, sciolto questo nodo che avrebbe rischiato di far cadere parte dell’impianto accusatorio, è stato conferito l’incarico delle trascrizioni al perito Benedetti di San Miniato, ma le intercettazioni non saranno disponibili prima del 19 luglio, data della prossima udienza.
Quando si è passati all’ammissibilità dei testi, si è capito che il processo sarà lungo: già nella prossima udienza infatti saranno ascoltati altri 8 genitori oltre ai primi tre che hanno deposto nel pomeriggio di oggi 26 gennaio.
Significativi anche i reperti che sono entrati nel fascicolo del giudice. Dalle forbici con cui una bambina sarebbe stata ferita a seguito di uno strattonamento della maestra Ferrara, fino alla visura di una società che gestisce un centro piscologico e psicoterpico, dove le maestre, secondo quanto sostenuto in apertura di dibattimento dal pm Flavia Alemi, la maestre indirizzavano i genitori dei bambini che secondo loro avevano problemi e dove, sulla base di una visura camerale prodotta dallo stesso Pm, Alessandra Caponi figurerebbe come socia al 34 per cento e amministratrice. Questo probabilmente l’elemento di maggiore novità emerso in aula insieme al ferimento, se pur accidentale, con le forbici di una bambina da parta della Ferrara. Nel fascicolo del giudice sono entrati poi anche i testi della chat whatsapp dei genitori degli alunni della prima elementare. Elemento arrivato un po’ a sorpresa come un colpo di scena e presentato dall’avvocato Cirillo che patrocina la Ferrara.
Proprio su questo tema, in aula gli avvocati di parte civile e la Cirillo hanno a lungo dibattuto non essendo stati precedentemente prodotti i testi della chat come elemento di prova. Obiettivo della difesa era dimostrare come alcuni genitori avessero un giudizio preconcetto sulla mestra Ferrara. Manovra parzialmente riuscita, visto che alcuni testi non sono stati ammessi per l’impossibilità di determinare la data certa della conversazione. In uno in particolare, una delle mamme oggi al banco dei testimoni, avrebbe apostrofato come “cretina” l’insegnante.
Nel dibattimento invece, fino a ora è emerso che tutti i genitori ascoltati oggi hanno detto che i bambini non hanno mai riferito di maltrattamenti inferti dalla maestra Caponi.
I testimoni
Tre i testimoni interrogati e contro interrogati nell’udienza fiume di oggi. Tutti hanno riferito di vari maltrattamenti e di metodi educativi probabilmente fuori dal lecito da parte della maestra Ferrara. Dagli strattoni, ai ‘nocchini’, agli urli, all’atteggiamento canzonatorio, fino a proibire ai bambini di fare merenda o bere o andare in bagno se consegnavano tardi i compiti. Anche sulle correzioni degli esercizi a casa è emerso, durante le domande del pubblico ministero, che la maestra Ferrara avrebbe usato metodi che mortificavano gli alunni come intere pagine fregate in rosso o scarabocchiate con un grande ‘Zero tagliato’ segnato sui fogli con tanta foga da forare la pagina del quaderno. Il tutto per dimostrare un clima pesante che i bambini respiravano nella classe, al punto che al mattino non volevano entrare a scuola, come riferito dalle tre mamme ascoltate in aule. In un caso, addirittura, un piccolo alunno di sei anni sarebbe arrivato a dire alla madre “A scuola mi maltrattano e tu non fai niente”.
Non solo: i genitori attraverso la loro testimonianza hanno raccontato di disagi che i bambini si portavano fino dentro le mura domestiche, con atteggiamenti che denotavano a loro avviso segni di sofferenza. Fino a quando il clima di paura non sarebbe crollato con la prima querela presentata ai carabinieri a seguito dei graffi causati dalle forbici sul fianco della bambina, una querela presentata dalla stessa rappresentante dei genitori della classe, mamma della bimba refertata. Ma le mamme hanno riferito anche di un bambino lasciato nel proprio vomito dalla maestra in più di un’occasione, vomito causato probabilmente dallo stress emotivo a cui veniva sottoposto nelle ore di lezione. In un’altra occasione, poi, un altro bambino sarebbe, secondo quanto riferito dalla mamma, stato punito sbattendogli la testa sul libro. Spesso poi chi sbagliava veniva canzonato e la Ferrara pretendeva che tutta la classe lo canzonasse, altrimenti chi non cantava per denigrare il compagno veniva a sua volta punito. Le mamme hanno raccontato anche di un bimbo che in un’occasione era stato spinto fuori dalla classe con il banco e la sedia, come punizione inferta dalla Ferrara. Insomma, un clima pesantissimo secondo quanto emerso dalle testimonianze della prime tre mamme.
La difesa ha puntato in vari momenti su un atteggiamento preconcetto da parte del genitore rappresentante di classe, sul fatto che nessuno di loro si sarebbe mai ufficialmente rivolto all’allora dirigente scolastica Daniela di Vita per reclamare a seguito dei problemi che si verificavano nella classe durante le ore di lezione della Ferrara, che merita sottolinearlo, era l’insegnate prevalente.
Proprio la posizione della dirigente scolastica in aula, per quanto nessuno abbia sollevato valutazioni di rilevanza giuridica, è risultata un po’ offuscata.
La prima mamma che ha deposto e che ha presentato querela ai carabinieri da cui sono partite le indagini, ha riferito di non essersi mai rivolta direttamente alla dirigente scolastica per manifestarle le sue preoccupazioni per la condotta della maestra Ferrara. Stessa cosa la ha riferita anche la seconda mamma che ha reso testimonianza, spiegando che temeva che un eventuale intervento della dirigente scolastica sulla condotta Ferrara avrebbe potuto inasprire il clima verso suo figlio. La stessa mamma ha poi riferito che la Di Vita, quando fu chiesto di trasferire il proprio figlio in un’altra scuola di Santa Croce, le avrebbe detto che non era possibile perché altrimenti tutti i genitori della classe avrebbero avanzato la stessa richiesta, tanto che alla fine il bambino è stato iscritto dalla famiglia in una scuola di un comune limitrofo a Santa Croce.
Una prima tornata di testimonianze che da parte del Pubblico ministero Alemi è stata utilizzata per cercare di tratteggiare il clima riferito dai genitori durante le ore di lezione della Ferrara e per sostenere l’imputazione di lesioni. Alla fine ne è uscito, nonostante gli sforzi dei difensori della Ferrara, un quadro di ore di lezione in cui i bambini sarebbero stati sottoposti a stress psicologico causato da maltrattamenti quanto meno verbali, ma anche fisici ingiustificati e inammissibili da parte della maestra oggi alla sbarra.
Si tornerà in aula il prossimo 19 luglio con le intercettazioni trascritte e quindi utilizzabili nel dibattimento e per ascoltare altri 8 testimoni del pubblcio ministero in parte citati anche dagli avvocati di parte civile.
Gabriele Mori
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