E’ stata un’omelia ricca di spunti, per i fedeli e non solo, quella della notte di Natale per il vescovo di San Miniato, Andrea Migliavacca. Con un occhio alle fragilità del mondo, a chi è in difficoltà, agli ultimi. Per sottolineare il messaggio dell’annuncio della venuta di Cristo e il suo significato profondo.
“L’annuncio e il racconto del Natale – così ha esordito il vescovo – nella liturgia e nella Parola di Dio, insieme alla gioia di quella nascita, ci presenta tante fragilità. C’è la precarietà della Santa famiglia che lascia la propria terra, la casa per andare a Betlemme per il censimento; la fragilità di una donna incinta, in procinto di partorire; la fragilità di tante porte chiuse, per giungere alla semplicità di una grotta, al freddo, con poche comodità; la fragilità di un bimbo appena nato, Gesù, affidato alle cure della madre Maria e del padre Giuseppe; la fragilità di alcuni poveri, i pastori, che giungono ad adorare il bambinello Gesù; la drammaticità della violenza nella reazione di Erode e nell’uccisione di tanti bimbi innocenti, fino ad una nuova esperienza da migranti, verso l’Egitto, per Maria, Giuseppe e il bambino. Il Natale è il racconto e l’annuncio di tante fragilità, ma in queste ferite della vicenda umana e della storia della natività di Gesù ci viene raccontato il farsi vicino di Dio, la sua visita, la sua provvidenza, la sua vita”.
“Le tante fragilità narrate dal vangelo – prosegue l’omelia – sono gli spazi in cui Dio si può rendere presente e può cominciare a compiere la sua opera di salvezza, la sua opera di bene, il dono della vita. Tante difficoltà, ma al centro della scena ora c’è un bimbo che è nato, l’annuncio di una vita nuova, speranza insperata. Quel bimbo, Gesù, testimonia che si può ricominciare a sperare e a vivere. E proprio quelle fragilità diventano pulpiti da cui annunciare questa novità di vita”.
“Anche il Natale di questo 2017 è segnato da tante fragilità – dice il vescovo, parlando dell’attualità – La scena mondiale ce ne presenta il quadro: la violenza del terrorismo mondiale, la contrapposizione di grandi potenze alla ricerca egoistica di propri spazi di potere, la crisi finanziaria, il dramma della Terra santa e di Gerusalemme, il rischio di scontri armati, fino all’uso dell’atomica, la perdita di valori e di sicuri riferimenti antropologici, la crisi ecologica con il rischio di sconvolgimenti climatici, l’insorgere di nuovi nazionalismi che frenano cammini di unificazione che erano stati avviati, ad esempio in Europa, con il rischio di fomentare nuovi scontri, l’utopia dell’uomo di dominare le regole della vita e di manipolarne la struttura più profonda, con la perdita dell’identità e la presunzione di decidere il nascere ed il morire. Ma anche a livello personale: la fragilità di chi perde il lavoro, di famiglie che faticano ad andare avanti e che giungono anche alla separazione, la precarietà dovuta alla malattia, la morte, preoccupazioni per i figli. E poi, le tue fragilità, quelle che ben conosci e che anche oggi, in questa notte, in questo Natale ti appesantiscono il cuore. Tante fragilità, tante sofferenze ma anche oggi, in questo Natale del 2017 viene annunciato che un bimbo è nato a Betlemme e si può ricominciare a parlare di vita. Quanto abbiamo ricordato è come la culla ove viene posato Gesù bambino e la presenza del Dio con noi riempie di luce le nostre sofferenze e i nostri disorientamenti”.
“Cari amici – conclude l’omelia – siamo sollecitati in questa notte a riconoscere i nostri spazi e le nostre esperienze di fragilità e a lasciare entrare Dio, la sua Parola, la sua presenza, la sua carezza, il suo farsi bambino. Non una vita perfetta diventa ospitalità del Dio con noi, ma la tua vita, con le tue fragilità e le tue contraddizioni…, proprio lì viene Gesù, nasce e regala il sorriso della vita. Ed è così Natale. Così, anche nella tua vita, oggi puoi parlare di gioia e di serenità. Ce ne parla anche una poesia di Charles Dickens: Ho sempre pensato al Natale come a un bel momento/Un momento gentile, caritatevole, piacevole e dedicato al perdono/L’unico momento che conosco, nel lungo anno, in cui gli uomini e le donne/sembrano aprire consensualmente e liberamente/i loro cuori, solitamente chiusi“.