


“Stiamo parlando di un’azienda che ad oggi rispetta le leggi e lavora al di sotto delle sue potenzialità. Ci piacerebbe che il dibattito sul trasferimento assumesse toni più risoluti”. Suona un po’ come una tirata d’orecchie alla politica quella che la Cgil di Ponte a Egola fa nell’ultimo suo intervento in merito alla M3 (nota come ex-Icla), azienda di gommapiuma in via di trasferimento.
Argomento sul quale, su diversi fronti, sono intervenuti in molti nell’ultimo periodo, dal Movimento 5 Stelle (leggi) ad Mdp (leggi). Ultimo intervento, nel consiglio comunale di ieri sera (30 novembre), quello del Partito Democratico, che con una mozione invita la Regione Toscana al rispetto degli impegni per favorire la ricollocazione dell’azienda “a rischio rilevante” (secondo normativa Seveso) entro i tempi stabiliti, il 30 settembre 2018. “In un momento così particolare nella storia del paese e di questa zona, in cui siamo di fronte ad un depauperamento della nostra forza produttiva, difendere anche un singolo posto di lavoro conta. In quel caso sono 11” dicono i sindacalisti Loris Mainardi e Pablo Cartone. “Le aziende devono rispettare le leggi. Per quanto riguarda questa azienda ogni qualvolta un organo ispettivo ha fatto un controllo, tutto è risultato in regola. Quando poi ci sono state prescrizioni, nell’arco di 15 giorni i verbali di controllo hanno sempre dimostrato come l’azienda vi abbia sempre ottemperato. Siamo quindi in presenza di un’impresa che pur in un regime normativo ristretto, opera in rispetto alle leggi”.
Il tema è quello dello spostamento, votato in consiglio nel 2015 a seguito del “rischio rilevante” dell’attività dell’impresa di gommapiuma per la produzione di materassi, che per l’utilizzo dell’idrocarburo Tdi rientra in pieno nelle maglie della legge Seveso. In un contesto in cui da parte dell’azienda vi sarebbero stati segnali di voler investire sull’attuale sito, considerando anche il ricorso al Tar contro la richiesta di trasferimento. Decisione, quella dei giudici amministrativi, che potrebbe arrivare proprio nello stesso periodo in cui cade il termine ultimo per il trasferimento, a settembre 2018 (al netto, poi, di probabili ricorsi al Consiglio di Stato che potrebbero prolungare il tutto). Tutto questo mentre la proprietà, in attesa di conoscere il proprio destino, limita comprensibilmente eventuali investimenti sulla struttura, anche sul fronte di una possibile bonifica del tetto in amianto.
“Il vero punto cruciale di quell’azienda sta nell’utilizzo dell’idrocarburo Tdi, che poi è l’elemento che li ponte all’interno del quadro normativo della legge Seveso” continuano i sindacalisti. “Ma anche su quel fronte l’azienda ha sempre dimostrato di voler ottemperare a tutte le norme. Lavorano al 20% delle loro potenzialità produttive e se anche raddoppiassero la loro produttività, portandola al 40% delle capacità degli impianti, dovrebbero assumere altri 10-13 lavoratori. Stiamo quindi parlando della potenziale difesa di ben 25 posti di lavoro, in una realtà la cui dirigenza ha dato assicurazioni in passato sulla volontà di investire, ma solo avendo delle certezze. Per le leggi le responsabilità di un’azienda finiscono al muro di cinta: oltre, vigilare spetta ad altri enti. Di fronte a tutto questo, a noi sfuggono francamente i motivi scatenanti di tutta questa vicenda; a tutte le forze politiche che in questi giorni intervengono chiediamo: qualcuno ha chiesto all’azienda se ha la forza per “tenere botta” ad un eventuale spostamento? Vorremmo anche questo, da parte della politica”.
Nilo Di Modica