


“Non esiste un vero e proprio galateo del tartufo, ma essendo questa una pietanza particolare, richiede altrettanto particolare attenzione quando si utilizza”. Ok, quest’anno il tartufo bianco non è proprio alla portata di tutti (Tartufo, prezzo record per il Bianco: 6mila euro al chilo), però la stagione delle feste dedicate al prodotto della terra è arrivata ed è bene essere preparati, per non fare brutte figure, inadatte a un prodotto tanto nobile. Come si mangia il tartufo, come si porta in tavola, come si regala non sono cose per niente scontate neppure qui, in una delle zone tartufigene d’Italia, dove si cresce a “pane e tartufo”. Come questo principe della terra e re della tavola si valorizza al massimo, IlCuoioindiretta.it lo ha chiesto all’esperto di bon ton Stefano Agnoloni, cresciuto a Corazzano ma conosciuto in tutta Italia, anche grazie – ma non solo – alla trasmissione tv Selfie con Simona Ventura.
“Una cosa alla quale spesso non si pensa – spiega – è che l’odore e il sapore del tartufo non piacciono per forza a tutti. E siccome questo profumo è così intenso e invadente, secondo me a chi non piace dà fastidio”. Se l’attenzione per l’altro è la prima regola di buona educazione, conoscere i gusti dei propri invitati prima di mettere in tavola il tartufo è fondamentale: ciò che mi piace, non è universalmente buono. “Quando hai tante persone davanti, è possibile che a qualcuno dia fastidio. Anche considerato qual è il costo del tartufo, io mi sincero sempre che le persone invitate a colazione (che nel dice comune è il pranzo, ndr) o pranzo (che sarebbe all’ora di cena, ndr) e alle quali ho deciso di presentare pietanze al tartufo, il tartufo lo apprezzino”. Perché fare sempre un menu che possa andare bene a tutti è una regola sulla quale non si transige: il pasto insieme è un piacere e se qualcuno non gradisce il cibo, il piacere non è completo. Tanto che “se la situazione lo richiede ed è importante, si possono anche raddoppiare i menu, magari prevedendo due primi e due secondi, uno al tartufo e uno senza, così chi non gradisce il tartufo avrà comunque il suo pasto completo, buono e capace di saziarlo”. Questo vale per un invito a casa, perché la regola al ristorante è che più varietà c’è e meglio è, così che ciascuno possa essere soddisfatto.
Una volta scelto il menu e avvisati gli ospiti, non resta che preparare la tavola. “Il tartufo richiede attenzioni particolari, non tanto sulla mise en place quanto sulla presentazione. La tendenza è di mettere il tartufo a fette già nel piatto, ma è invece buona regola avere il tartufo sotto una cloche, da portare in tavola insieme alla taglierina apposita da tartufo”. Un modo per dare a ciascuno la possibilità di scegliere quanto sapore e odore dare al piatto, ma anche per offrire un piacevole rituale da condividere, che diventa parte del momento conviviale. Un po’ come accade con il vino, poi – con la bottiglia in bella mostra in tavola o su un mobile anche nel caso in cui venga “scaraffato” per essere ossigenato -, il tartufo accolto sotto una cloche di vetro, che sia in tavola o su un piano della stanza in bella mostra, offre un piacevole argomento di conversazione. Anche questa con la sua regola: “Prima si assaggia, si degusta e si consuma, poi si parla di com’è, della provenienza e di tutto il resto”. Insomma, se la bottiglia, pur vuota, di un buon rosso lasciato ossigenare deve restare a farsi ammirare, allo stesso modo deve farlo il tartufo, in tavola – o sul tavolino di servizio o sopra un mobile ad altezza sguardo – fin dall’inizio del pasto.
La fantasia in cucina non ha limiti e al tartufo si può fare un intero menu o anche soltanto una pietanza. Senza esagerare: “Meglio apprezzarlo una volta in più che tutto e subito: magari una sera serviamo un tagliolino, un’altra volta un antipasto. Ricordando che la vera raffinatezza è la semplicità, non è fatta da piatti super elaborati e stravaganti: per il bon ton, se una persona non apprezza la cucina gourmet non ha senso fare cose elaborate che poi non saranno apprezzate”. L’altro prima di sé, è la regola generale da declinare ogni volta. “Il punto è farsi apprezzare, sempre e comunque, in base alla persona che ho davanti e al desiderio di quel che ricerca”.
Presentarsi a mani vuote a casa di qualcuno è scortese. Portare una bottiglia è sempre un’ottima soluzione e, anche se il galateo ci insegna che non va aperta subito, “se sappiamo che il menu prevede tartufo, possiamo scegliere qualcosa che si abbini bene come un’attenzione in più e a quel punto la padrona o il padrone di casa potrà anche decidere di aprirla”. Un consiglio? “il Verdicchio è un vino bianco che si sposa bene con il tartufo. Ma non è certo il solo, anzi. Una cosa che sconsiglio vivamente, invece, sono le bollicine”. Un ever green sono anche i fiori. E se la casa profuma di tartufo, possono andare bene le rose, le calle o i tulipani, come altri fiori che non hanno un odore forte e si possono sposare bene con il tartufo”. A proposito di odori, “le candele profumate sono bandite sempre dalla tavola”. E anche alle altre non è che vada troppo meglio: “Solo la sera. E se in tavola ci sono le candele, queste devono essere sempre accese. Inoltre, su una tavola apparrecchiata per ricevere ospiti, le candele devono essere nuove, non si possono usare quelle già usate”.
Il tartufo può essere anche un’idea regalo, anche da spedire, visto che è possibile farlo con la massima attenzione alla conservazione. “Quando lo dobbiamo regalare, la pezzatura è importante: deve essere uno solo. Diverso è se lo servo io in tavola, perché in quel caso posso usare anche più palline più piccole, che hanno lo stesso gusto ma magari costano un po’ meno e posso acquistarne in più quantità”. Se regalo di lusso deve essere, invece, è d’obbligo il pezzo unico, magari più piccolo, ma che non dia la sensazione di aver provato a fare in economia. “Prima di fare un regalo del genere – comunque – si deve essere certi che il destinatario sia un appassionato oppure si otterrà l’effetto contrario”.
Elisa Venturi