È spuntato fuori durante i lavori per l’allargamento di una strada. Ad un occhio non allenato poteva sembrare un comunissimo blocco di arenaria, come se ne vedono tanti in questa parte del Valdarno. Eppure, i segni di una possibile modellazione da parte dell’uomo hanno attirato l’attenzione dei volontari del gruppo archeologico Isidoro Falchi, dando inizio al recupero e allo studio di un oggetto ancora da decifrare. Un vero e proprio mistero che divide gli studiosi, tutti concordi comunque sull’importanza del ritrovamento, esposto da pochi mesi nella sale del museo civico di Palazzo Guicciardini, nel centro storico di Montopoli.
È qui, in una saletta dedicata, che è possibile osservare da vicino il monumento di forma fallica ritrovato nel 2010 lungo il crinale tra Marti a Palaia, a cavallo tra la valle di Ricavo e la Val di Chiecina (nella foto a lato il luogo del ritrovamento). Un oggetto interpretato inizialmente come un cippo: una struttura posizionata in verticale, dalle sembianze chiaramente falliche, paragonabile ad altre trovate anche in Valdera e in generale nella parte nord occidentale dell’Etruria. Durante lo scavo, invece, i volontari del gruppo Isidoro Falchi (guidata dall’indimenticata Daniela Pagni) si sono trovati di fronte ad una grossa base con due appendici laterali. Complessivamente, una struttura larga oltre un metro e lunga 93 centimetri nella parte che riproduce il pene. Una struttura modellata dall’uomo, come dimostrano i segni meccanici lasciati sulla sua superficie, ma soprattutto le tre lettere in alfabeto etrusco che potrebbero appartenere ad un nome.
Da qui l’interpretazione di Giulio Ciampoltrini della Soprintendenza archeologica della Toscana, secondo il quale il manufatto, datato tra il III e il V secolo avanti Cristo, sarebbe da interpretare in realtà come una struttura orizzontale: un altare per intendersi, una sorta di santuario rustico destinato ad accogliere offerte per gli dei della terra, con tanto di iscrizione del suo creatore o dell’uomo che lo aveva commissionato, un certo Vela che forse possedeva beni nella zona.
È questa l’interpretazione illustrata nel corso di un incontro organizzato pochi mesi fa al museo di Montopoli, al termine di ben sette anni di studi e osservazioni per provare a dare una spiegazione all’oggetto. “La particolarità sta soprattutto nella sua unicità – spiega l’archeologa Monica Baldassarri, direttrice del museo civico -: per trovare altari di forma fallica bisogna andare in area egea, ma nella zona non esiste niente di simile. E questo ha creato un dibattito che alla fine lascia spazio ad un po’ di mistero”.
Non ci sono dubbi, ad ogni modo, sull’attribuzione del manufatto alla civiltà etrusca. Attribuzione che conferma la frequentazione dell’area fra il III e il V secolo, in un territorio sicuramente marginale rispetto alle grandi e raffinate città dell’Etruria meridionale e centrale. “La presenza degli Etruschi in questa zona è poco conosciuta – riprende Baldassarri – e quando si trova qualcosa non si tratta di reperti spettacolari. Eppure, le scoperte degli ultimi anni hanno permesso di far luce, anche dal punto di vista storico, sulla presenza etrusca in val di Chiecina”. È di pochi anni fa, infatti, la scoperta di un villaggio di capanne lungo le sponde del torrente, lungo il versante che guarda Montopoli: capanne con un fondo semiscavato che hanno restituito resti ceramici, bucchero e rocchetti per la filatura, lasciando supporre un insediamento dall’utilizzo stagionale. Il tutto senza dimenticare altri resti ceramici rinvenuti sul poggio del Bastione di Marti e a Busseto, nonché le innumerevoli cavità ipogee, utilizzate fino a pochi anni fa, che in alcuni casi potrebbero essere nate come tombe di epoca etrusca. “Questa scoperta, adesso, va in un certo senso a chiudere un cerchio – afferma Baldassarri –, aggiungendo ai resti di tombe e insediamenti anche l’ipotesi di una santuario rurale dedicato ai culti della terra”.
Una scoperta tanto importante quanto misteriosa, anche se allo stesso tempo poco conosciuta. Per vederla basta fare un salto al Museo civico di Montopoli, aperto dal lunedì al sabato dalle 8 alle 13 e dalle 14,30 alle 19,30, grazie all’impegno dei volontari della Pro Loco montopoleseche gestiscono in loco anche il punto di informazione turistica. Un luogo ancora poco frequentato da chi vive in zona, ma che rappresenta un piccolo e insospettabile scrigno di sorprese, soprattutto per gli amanti dell’archeologia. La nuova scoperta va adesso ad arricchire le collezioni, anche se non è escluso che il manufatto, un giorno, possa trovare casa proprio a Marti, nei nuovi locali destinati ad ospitare un piccolo antiquarium.
Giacomo Pelfer