“Ci sono gruppi che girano con armi da fuoco e machete e che stanno rubando praticamente tutto. Ora anche le provviste iniziano a scarseggiare, anche perché molte sono andate perse. Alessandro e gli altri italiani vivono nel terrore: sono costretti a organizzare turni di sorveglianza, senza neanche poter chiudere occhio durante la notte. È una situazione insostenibile, in un’isola devastata dall’acqua, dal fango e da pazzi pronti a tutto che girano armati”. Alessandro Lupo, 29 anni, è residente a Molino d’Egola ma da 9 mesi vive sull’isola di Saint Martin (Sint Marteen nella parte olandese). A raccontare il disagio che sta vivendo sono la sorella Serena e la cugina Federica, che da giorni si preoccupano per lui, prima in attesa del passaggio dell’uragano Irma e ora perché non riescono a riportarlo in Italia.
La fidanzata di Alessandro è rientrata in Italia una settimana prima del passaggio dell’uragano, mentre lui è rimasto lì insieme al suo cane, adottato sull’isola. Alessandro lavora come bartender nel locale Sky Beach nella parte meridionale dell’isola caraibica, quella olandese. L’isola, meno di 90 chilometri quadrati (come a dire da San Miniato a Piombino), è la più piccola tra quelle abitate ed è divisa in due stati. Un assetto, questo, che complica le pratiche per il rientro e che rende difficili gli scambi con l’esterno.
“La cosa incredibile – raccontano le due ragazze – è che stanno arrivando soccorsi da tutti i Paesi ma non dall’Italia: arrivano navi, aerei ed elicotteri dalla Francia, dall’Olanda e dagli Stati Uniti, ma gli italiani non possono salire. Hanno provato ad andare all’aeroporto Grand Case ma sono stati respinti, insieme ad altri connazionali, comprese famiglie con bambini. Da giorni non facciamo altro che parlare con la Farnesina, ma incredibilmente il governo italiano si appoggia unicamente all’ambasciata francese. In pratica ci dicono che Alessandro è in lista d’attesa ma che tutto dipende dall’ambasciata di Francia”. Alessandro, tra l’altro, non vuole abbandonare il suo cane, al quale ovviamente è affezionato e che farebbe di certo fatica a sopravvivere in quella condizione. “L’isola è praticamente distrutta, senza acqua e senza corrente elettrica. Ed è in mano agli sciacalli. Non è una condizione alla quale si può reggere tanti giorni”. Insomma, il peggio non è passato con l’uragano. La distruzione e la difficoltà di ripartire è il vero segno del passaggio di Irma, su un’isola troppo piccola e lontana e forse anche disabituata all’emergenza e dove il clima è tropicale: sole e caldo tutto l’anno.
“Il bagno è l’unica parte in muratura delle case in genere – raccontano le ragazze -. Alessandro si è rifugiato lì durante il passaggio di Irma e poi ancora, quando è passato l’uragano José. Per lui è stato terribile: è rimasto chiuso lì dentro mentre la tempesta distruggeva il resto dell’edificio”. E poi, via via, tutta l’isola. Come spesso accade, gli italiani che vivono in quel fazzoletto di mondo sono in contatto. Quando la tempesta è finita, hanno provato a cercarsi e raggiungersi: per arrivare ad Alessandro ci hanno messo più di un giorno. “Solo una famiglia, alla fine, è riuscita a mettersi in contatto con lui e insieme a loro, lui si è spostato nella città di Marigot, nella parte francese di Saint Martin, dove attualmente sono bloccati”. Ci sono tragedie che non possono essere evitate. Ma questa può. Sapere che un tuo caro è lì, vivo ed essere qui a non poter far niente temendo per la sua vita è una cosa che devasta. Da un’isola non si scappa a piedi, non ci si arrangia su un’isola e non ci si adatta. “Abbiamo fatto di tutto, provando perfino a telefonare in Quirinale e scoprendo una forza che non credevamo di avere. Ma adesso abbiamo bisogno di aiuto. Per questo lanciamo l’appello, perché non ci sentiamo tutelati e aiutati dallo Stato italiano”. Perché vogliono stringere Alessandro vivo.
Giacomo Pelfer, Elisa Venturi