È un acqua meno salata quella che le concerie pagheranno nel 2017. Un sconto medio di circa il 30%, secondo la Regione, rispetto a quanto versato alla fine del 2016, dopo il salasso arrivato tra capo e collo con la riforma regionale sul demanio idrico. Un sistema che adesso ha costretto la Regione a correre ai ripari, attraverso due delibere di giunta varate pochi giorni fa, che hanno introdotto una serie di correttivi a sostegno soprattutto delle aziende.
Un sistema basato sul principio dell’equità e dell’effettivo consumo di acqua, introducendo un premio per le realtà impegnate nel campo della sostenibilità. Premio nel quale rientrano in blocco le aziende conciarie del comprensorio, grazie al sistema della depurazione in forma consorziata che consente alla Regione di avere un unico interlocutore: una sorta di cabina di regia locale, che in futuro permetterà anche di gestire e controllare il livello della falda regolando la quantità di emungimenti.
“Negli ultimi mesi – spiega il direttore dell’Associazione conciatori Piero Maccanti – abbiamo fatto presente agli assessori regionali al bilancio e all’ambiente come il nostro fosse un sistema virtuoso, perché attraverso il Consorzio depuratore permette di conoscere, in modo dettagliato, il consumo effettivo di ciascuna azienda e di confrontarlo con quanto inviato a depurazione, in modo da evitare scarichi impropri”. Un sistema che fino al 2015 aveva permesso di raggiungere, attraverso un accordo con la Provincia di Pisa, una sorta di equilibrio sul pagamento della relativa tassa di emungimento. Col passaggio di competenze alla Regione, invece, si è posta la necessità di mettere ordine, a livello toscano, in un sistema frammentario nel quale alcune Province aveva applicato, fino ad allora, tariffe irrisorie.
La soluzione era stata individuata in un sistema a scaglioni, ai quali corrispondeva una tariffa fissa da versare entro il 31 dicembre: fino a 3mila metri cubi l’anno si pagavano in tutto 1770 euro, fra 3mila e 16mila 3520 euro, mentre oltre la quota di 16mila era fissata una tariffa di 4400 euro. Un sistema penalizzante per le aziende medio del distretto (molte delle quali si collocano poco al di sopra dei 16mila metri cubi), ma allo stesso un bello sconto per le aziende più grandi che si sono ritrovate a pagare molto meno.
Da qui la necessità di correggere il sistema. Con le nuove delibere, infatti, è stata introdotta innanzitutto una tariffa fissa, di circa 1000 euro, legata al semplice possesso del pozzo, alla quale si aggiunge una parte variabile basata sul principio di proporzionalità. “Di sicuro avremo un miglioramento per le nostre aziende – dice Maccanti -. Ci sarà anche qualcuno che pagherà qualcosa di più perché era stato agevolato dagli scaglioni del 2016, ma la riduzione del 30% è da considerarsi attendibile. La Regione ha compreso che la nostra realtà metteva già a disposizione della Provincia un sistema che garantisce equità, in cui ciascuno paga in base a quello che consuma. In questo modo, inoltre, non c’è bisogno di valutare ogni singola azienda, perché esiste già un’autorità che controlla la falda e l’impatto ambientale complessivo”.
Per il futuro, infatti, il percorso avviato con la Regione sarà quello di affidare al Consorzio depuratore l’intera ‘partita’ del demanio idrico, anche in virtù dell’accordo di programma per la depurazione (il cosiddetto Tubone) che permetterà di reimpiegare l’acqua depurata nel processo conciario. “In pratica si andrà verso un canone unico– spiega Maccanti – che il Consorzio depuratore ripartirà poi tra le aziende collegate in base all’effettivo consumo. Allo stesso modo si arriverà ad una gestione centralizzata dagli emungimenti: quando l’acquedotto industriale permetterà di portare l’acqua depurata nelle aziende, avremo la possibilità di gestire e controllare il prelievo d’acqua, in modo da mantenere la falda ad un certo livello. Tutto questo consentirà alla Regione di applicare un’ulteriore scoutistica”.
Giacomo Pelfer