Collegi elettorali, distretto e Carismi: ne parla Gabbanini

9 giugno 2017 | 17:18
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Collegi elettorali, distretto e Carismi: ne parla Gabbanini

“È una battaglia che non ci interessa. Anzi, stiamo benissimo dove siamo”. Il sindaco di San Miniato Vittorio Gabbanini liquida così il tema sulla collocazione del comprensorio nei collegi elettorali, soprattutto in vista delle prossime elezioni politiche. Un tema sollevato pochi giorni fa dal collega di Castelfranco Gabriele Toti (leggi qui), convinto al contrario che l’attuale suddivisione (Montopoli con il collegio di Pisa e gli altri Comuni con quello di Firenze) sia un pericoloso ostacolo alla rappresentatività del comprensorio e della sua importanza economica. Non la pensa così il primo cittadino di San Miniato, convinto invece che la collocazione naturale del proprio comune sia con l’area fiorentina. Piuttosto, secondo Gabbanini, al di là dei collegi elettorali, è giunta forse l’ora di valutare davvero cosa fare di questo territorio, aprendo le porte alla proposta del sindaco di Santa Croce Giulia Deidda di “istituzionalizzare” il distretto.

Un futuro tutto da progettare, comunque, in attesa di capire anche cosa accadrà alla Cassa di Risparmio di San Miniato: una questione che giocoforza si lega alle sorti del comprensorio e soprattutto al ruolo della città della Rocca nell’equilibrio del Valdarno Inferiore. Questione che ovviamente preoccupa (e non poco) il sindaco Gabbanini, che in attesa di capire quale sarà il futuro mette in guardia i nuovi proprietari della banca: “Le strutture a servizio della collettività – dice – dovranno restare tali: nessuno pensi di vendere o trasformare l’auditorium, i Cappuccini e palazzo Grifoni”.

Collegi elettorali: “Serve un nostro candidato”
Per quanta riguarda la “partita” dei collegi elettorali, il primo cittadino di San Miniato non ha alcun dubbio. “A noi vanno bene così – dice – siamo nell’Asl Centro e quindi è naturale essere più legati al territorio fiorentino. Apprezziamo quello che Toti e altri hanno evidenziato, ma non la porrei affatto come una questione determinante: non è un tema sul quale mi impicco”. Secondo Gabbanini, infatti, anche l’unità del comprensorio chiesta da Toti (un tempo unito con il collegio di Pisa) non ha impedito fino ad oggi di eleggere persone che poco o niente avevano a che fare con il territorio: “Troppo spesso – dice – abbiamo mandato al Parlamento e al Senato persone che il territorio neanche conosceva. Secondo me è giunto il tempo che il distretto sia più rappresentato. Essere zona di confine potrebbe rivelarsi in realtà un valore aggiunto, l’importante è arrivare all’appuntamento elettorale con un candidato. A prescindere dal fatto di essere di qua o di là, il nostro problema è sempre stato quello: il comprensorio deve esprimere un proprio rappresentante”.

Quale futuro per il distretto
A livello locale, invece, Gabbanini non chiude la porta alla proposta lanciata da Deidda durante l’assemblea annuale di Poteco, quella di superare l’Unione dei Comuni e puntare invece ad “istituzionalizzare” in distretto, creando un nuovo ente pubblico di cui facciano parte i Comuni e le associazioni di categoria. “Parliamone” è la risposta da Gabbanini, convinto prima, però, servano alcune condizioni da non sottovalutare. “Innanzitutto c’è da superare l’Unione dei Comuni – ricorda – perché tutte le amministrazioni nel 2014 si sono impegnate con il voto dei quattro consigli comunali. Tuttavia, mi sembra che le esperienze delle Unioni comunali si stiano ridimensionando un po’ da tutte le parti. Quindi per rpima cosa occorre uscire da questa situazione, se davvero c’è la volontà di uscire. A quel punto potremmo andare verso un distretto del Cuoio, a patto che sia condiviso da tutti e 4 i Comuni”. Altra condizione riguarda i rapporti tra le due associazioni conciarie: “Se c’è una parte privata che deve entrare a far parte di questo distretto – dice Gabbanini – prima bisogna che trovino un accordo tra le due associazioni, perché al momento mi sembra che non sia molta intesa. Credo che questo territorio abbia tante potenzialità ma va governato bene. Quindi per ora non parlerei né di capofila né di nomi: prima serve riflessione politica e poi con le categorie economiche”.

Rivoluzione Carismi
Sulla situazione della Cassa di Risparmio, invece, il primo cittadino non fa mistero della propria preoccupazione, nonché della frustrazione per il mancato coinvolgimento degli enti locali. “C’è una grande delusione, anche tra i miei colleghi sindaci – afferma Gabbanini – rispetto a vicende sulle quali siamo informati solo in maniera marginale. Capisco che la trattativa è delicata, ma francamente pensavo ci potesse essere un’attenzione maggiore, credevo che ci sarebbe stata concessa”.
Due, in particolare, le preoccupazioni di Gabbanini: da un lato per i dipendenti, ma dall’altro anche per la perdita di contatto col territorio. Le ultime indiscrezioni, infatti, parlano anche di una possibile fusione con la Cassa di Risparmio di La Spezia, con il conseguente azzeramento della governace locale. “Mi auguro che non sarà così ma il timore è forte – ammette Gabbanini -. Non dobbiamo dimenticare il ruolo determinate della banca su questo territorio. Anche se ci fosse una governace o un legame territoriale, il cervello della banca rischia comunque di finire altrove. Noi sindaci, dopo, con chi andiamo a parlare?”.
A questo si aggiunge poi la preoccupazione per la perdita di una banca che fino ad oggi ha accompagnato anche l’immagine della città della Rocca, senza dimenticare quei luoghi e quelle strutture del centro storico (di proprietà della Cassa e della Fondazione) che rischiano di ‘perdersi’ nelle dinamiche della nuova proprietà. “Per noi c’è solo da peggiorare, sotto ogni punto di vista – riprende Gabbanini – perché è una banca che è nata qui e che porta il nome della città. Mi auguro che il nome San Miniato possa restare. Penso poi ai miei ex colleghi e all’economia della città storica, perché un conto è avere almeno 150 persone in sede contrale e un conto è non averli. C’è il rischio di una ricaduta in negativo per la città per il mantenimento del nostro patrimonio storico e artistico”.
Da qui il monito nei confronti dei futuri proprietari francesi: “Una cosa la voglio dire chiara – aggiunge Gabbanini: i Cappuccini, l’auditorium e palazzo Grifoni sono un patrimonio della città e devono restare a servizio della città. Che non si pensi di venderli o di utilizzarli per altri fini, perché sono nati grazie a tutti i cittadini che a suo tempo avevano i conti in questa banca. Nella trattativa vorrei che questo aspetto fosse chiaro”.

Giacomo Pelfer