
Mentre l’attuale Cda di Carismi approva quello che dovrebbe essere l’ultimo bilancio con l’attuale assetto societario – registrando una perdita di 46,9 milioni di euro e manifestando le lamentele per un sistema economico in sofferenza e la carenza di liquidità – da CariParma pensano a come andare a incastonare la Cassa di Risparmio di San Miniato nel panorama Crédit Agricole una volta ratificata la ricapitalizzazione, al netto di cosa possa emergere dalla due diligence in corso.
Decisione importante da cui dipende probabilmente anche il futuro occupazionale dei dipendenti, al di là del piano industriale ben noto che per il momento sarebbe stato confermato, almeno nelle volontà dai vertici di CariParma. Da questa decisione discenderanno anche i rapporti con il territorio del Valdarno.
Giorni addietro durante una riunione con i sindacati di CariParma, a cui erano presenti i vertici della banca emiliana, sarebbe emerso che la Cassa di Risparmio di San Miniato sia destinata a diventare una costola di CariSpezia e con quest’ultima andare a creare, attraverso una federazione, un polo bancario costiero del Tirreno settentrionale. Una strategia che, se da un lato sicuramente contribuirebbe a rafforzare la presenza sulla Toscana tirrenica del gruppo transalpino, dall’altro potrebbe significare attuare una razionalizzazione in Carismi in particolare sulla dirigenza, magari salvaguardando i livelli occupazionali dei dipendenti. Le due banche infatti verrebbero ad avere un’unica testa e strategie comuni.
Come secondo effetto non è difficile immaginare, ma per il momento sono solo valutazioni degli addetti ai lavori, che la vocazione di banca di prossimità che da tempo persegue Crédit Agricole si attuerebbe con priorità sulla Toscana costiera più che sull’entroterra. In pratica da San Miniato guardando verso le province di Pisa, Lucca, Grosseto e magari, in attesa di una ripresa economica della città, Livorno e la costa labronica. Una strategia che andrebbe in controtendenza con gli indirizzi politici della classe dirigente del Valdarno che ultimamente, almeno in parte, guarda più verso l’entroterra toscano. Ma, per fortuna, politica ed economia sono due cose diverse.
La nuova strategia aziendale del gruppo transalpino potrebbe quindi portare a modificare le vocazioni territoriali della Carismi, che fino a ora si era contraddistinta come banca prevalentemente del Valdarno. Dove non c’è motivo di pensare che non rimanga un istituto di credito importante, ma che acquisirà quanto meno una visione, da parte della dirigenza, interprovinciale se non addirittura interregionale. Una buona prospettiva quindi per il marchio Carismi, destinato a radicarsi anche in territori fino ad oggi appena esplorati. Magari guidata da una ‘testa’ condivisa, con la possibile federata CariSpezia.
La questione del fondo Atlante
Negli scorsi giorni è stata veicolata la notizia di una possibile difficoltà del fondo Atlante ad intervenire nell’operazione di acquisizione di Carismi da parte di CariParma a causa di una sorta di prosciugamento delle risorse del fondo a causa del salvataggio della Cassa di Rimini disposta dall’autorità europea. Un’eventualità che, però, non dovrebbe fermare l’operazione da parte dei francesi, che avevano chiesto l’ingresso del fondo Atlante per un’operazione di ripulitura, come si dice in gergo, dei crediti deteriorati che nel bilancio di Carismi nel 2016 ammonterebbero a 60 milioni euro.
Negli ambienti bancari, fino ad ora, si era parlato della necessita di un’immissione di liquidità in Carismi per il salvataggio di circa 420 milioni di euro. Al momento, comunque, non c’è motivo di temere che l’operazione con CariParma possa venire meo, mentre a palazzo Formichini prosegue l’analisi dei conti di Carismi da parte degli uomini di Crédit Agricole.
Nella strategia generale comunque, secondo indiscrezioni trapelate dagli ambienti bancari, CariParma potrebbe entrare in Carismi con una quota pesante, acquisendo un pacchetto che potrebbe oscillare intorno all’80 per cento delle quote azionarie.
Gabriele Mori