
Esultare per una battaglia “vinta due a zero, a tavolino”. Ma non fermarsi. Perchè oltre alla vertenza sui voucher e sugli appalti, al centro di due quesiti referendari fissati al 28 maggio, proprio in queste ore superati da decreti legge ad hoc, nuove forme di precarietà sono all’orizzonte, anche in quel distretto in cui “l’alternanza scuola lavoro viene troppo usata per mettere ragazzini a lavorare a costo zero”.
Riflessioni e prospettive che sono state affrontate venerdì pomeriggio, 17 marzo, alla saletta Vallini a fianco alla biblioteca di Santa Croce, in occasione dell’attivo dei delegati Cgil del Valdarno Inferiore. Occasione di fare il punto tanto sulle questioni locali che nazionali, piani che peraltro vedono nei voucher un nodo di inevitabile intersezione. E’ stata proprio Tania Benvenuti, segretaria Cgil del Cuoio, a dare numeri puntuali, per quanto possibile, sull’utilizzo di questo strumento in provincia. “Una cosa difficilissima reperire questi dati, dato che l’Inps sembra essere particolarmente solerte solo quando c’è da calcolare l’utilizzo dei voucher da parte della Cgil. Dimenticando di andare a vere però come li abbiamo utilizzati: per gli scopi con i quali erano nati, le piccole prestazioni, spesso con chi è già in pensione – ha detto. – Quello che è avvenuto in questi anni è invece una vera e propria esplosione del fenomeno. I voucher sono utilizzati in quasi tutti i settori, spesso a sostituzione di contratti con maggiori garanzie per i lavoratori. Chi viene assunto a voucher non matura niente in ambito previdenziale, non ha diritti di alcun tipo”.
Voucher in regione e in provincia: i numeri
Seguono i dati. “Avremmo voluto poter fare un’analisi ben più dettagliata, comune per comune, tipologia per tipologia, ma al momento non è stato possibile. I numeri nazionali, regionali e provinciali però parlano da soli– ha continuato. – I dati nazionali parlando di 69 milioni nel 2014 e 115 milioni nel 2015. In Toscana si è passati da una cifra in voucher che nel 2014 si aggirava sui 4 milioni e 468mila euro, ai 7 milioni e 954mila del 2015, fino agli oltre 10 milioni e 462mila dello scorso anno. Stesso trend in provincia: 665mila euro nel 2015, 911mila nel 2016”. Ecco perché la Cgil ha iniziato questa battaglia, ed ecco perché è necessario portarla avanti. Si parla di un decreto legge in arrivo per scongiurare il referendum. Quando ci sarà, leggeremo il testo, ma fino ad allora tutto ciò che abbiamo messo in piedi in vista del 28 maggio deve restare”.
Sul referendum sugli appalti
Altro tema non da poco, la questione del ritorno alla centralità della “responsabilità solidale” negli appalti, al centro del secondo quesito referendario. Un tema spinoso, di carattere tecnico, messo in ombra dal primo quesito ma dirimente in realtà per una bella fetta di lavoratori legati ad opere in appalto e sub-appalto, come spesso avviene nel terzo settore, in edilizia, nelle imprese di pulizie e così via. “Tema fondamentale – ha detto Fiorenzo Giani, storico sindacalista del Comprensorio. – Abrogare le norme che limitano la responsabilità solidale negli appalti significa impedire che ci siano differenze di trattamento tra chi lavora nell’azienda committente e chi in un’azienda appaltatrice o in un’azienda in sub-appalto, riaffermando il principio che chi opera nel sistema degli appalti deve vedersi garantiti gli stessi diritti e le stesse tutele. Oggi, chi lavora in sub-appalto, non può rivalersi in vertenza sindacale contro il committente, spesso irreperibile. Ristabilire la “responsabilità solidale” nella filiera dell’appalto significa quindi colpire, anche, la filosofia imperante in questi anni, che porta gli imprenditori ad appalatare servizi e opere al massimo ribasso fregandosene di come questo ribasso e questi prezzi stracciati vengono garantiti: precariato, diritti negati, stipendi da fame. Ristabilire questo vincolo di responsabilità attraverso i vari gradi dell’appalto significa rendere gli imprenditori più consapevoli, nel momento in cui si pongono il problama di appaltare un lavoro”.
Nuove precarietà, anche nel Cuoio
“Sui voucher poi – ha concluso Giani – non facciamoci illusioni. Abbiamo vinto, 2 a 0 a tavolino, ma la prossima battaglia sarà sul lavoro a chiamata. Quella è la nuova frontiera dello scontro e proprio su quella forma lavorativa gli imprenditori si sposteranno. Ecco perchè serve una riflessione seria sulla nuova carta dei diritti del lavoro”. Parole che hanno avuto eco anche in quelle di Loris Mainardi (Filctem Cgil), più concentrato sulla Zona Cuoio. “Oggi siamo qui a celebrare una vittoria, ma se oggi il mondo del lavoro vive queste tensioni e queste difficoltà la responsabilità è degli imprenditori. Qui da noi come altrove. I voucher sono figli di questa filosofia che incentiva il non investimento sulle persone e sulle professionalità. E quindi si sceglie la via più economica, si trasformano contratti tradizionali in rapporti di lavoro usa e getta. Questo lo consente (o consentiva) la legge sui vouche: non siamo di fronte a nessun abuso. E’ tutto legale, purtroppo. Poi c’è il resto: il pagare voucher per 2 ore ad un lavoratore che ne ha fatte 4 magari: è un abuso quello, ma difficilissimo da dimostrare, anche grazie a come sono stati architettati i buoni lavoro”. E sulle nuove forme di precarietà, Mainardi si è anche espresso sull’alternanza scuola-lavoro: “Molte, troppe aziende se ne approfittano” ha dichiarato “al punto che ormai per tanti ragazzi quella che doveva essere un’opportinità si trasforma in alternanza lavoro-lavoro. Si lascia il taccuino quando si arriva in fabbrica e ci si ritrova a lavorare allo spruzzo a 15 anni, a costo zero. Questo meccanismo deve cambiare”.
Nilo Di Modica