
Il futuro dei lavoratori di Carismi è in queste ore nelle mani dei vertici di Banca d’Italia, che dovranno decidere sulle offerte arrivate (o che stanno per arrivare) all’organo di controllo. Tre le strade attualmente aperte. I nodi, secondo fonti interne alla Carismi, potrebbero sciogliersi nel giorni di 10 giorni.
La prima ipotesi sul tavolo, già recapitata a Banca d’Italia per quanto è possibile sapere, è quella della cordata capitanata da De Bustis. Ipotesi che prevederebbe un rilancio della banca in sette anni attraverso un percorso di ristrutturazione e la gestione interna dei crediti deteriorati, stimati nel bilancio 2015 (l’ultimo che è stato ufficializzato) in circa 50 milioni di euro. Questa, fino a stamattina, era l’unica offerta avanzata nero su bianco. Offerta che comunque prevede una ristrutturazione della banca mantenendo indicativamente inalterato il core businnes dell’istituto di credito: uno scenario da attuare nell’arco di sette anni e che quasi sicuramente punta all’utilizzo di scivoli e incentivi all’esodo per una parte del personale.
La seconda ipotesi è quella del fondo panamense Barens, disposto a mettere sul tavolo della trattava anche l’intera cifra di 160 milioni di euro per acquisire nella pratica il controllo della Cassa di San Miniato. Indiscrezioni dicono che una qualche manifestazione di interessi scritta sarebbe stata notificata proprio nella giornata di oggi (24 febbraio). Sul piano industriale che ipotizza Barens, al momento, non si sa niente di certo, anche se è facile prevedere che i panamensi, oltre a mantenere in essere l’attività bancaria, sarebbero interessanti a spingere sul fronte del settore assicurativo, quindi su una possibile riconversione di una parte della strutture della banca in questo senso. Difficile dire se nell’ipotesi di sviluppo dei panamensi si ipotizzi o meno anche una riconversione dei livelli occupazionali. Barens, ad ogni modo, avrebbe deciso per il coinvolgimento di un fondo interbancario per la gestione dei crediti deteriorati. Questo vorrebbe dire, per chi al momento è nello status di debitore della banca, che in futuro non parlerà più con San Miniato ma con altri soggetti incaricati di recuperare il credito attraverso, magari, ristrutturazioni e piani di rientro.
Ultima ipotesi, portata avanti direttamente da Banca d’Italia, esautorando nei fatti i vertici di Carismi, è quella di una ricapitalizzazione attuata da CariParma la cassa finita in Credit Agricole, che oggi dovrebbe vantare una cospicua liquidità e che sarebbe in grado, proprio per il suo stauts di banca europea, di operare con più agilità in questa sitauzione. In questo caso, del piano industriale non si sa praticamente niente, se non che si tratterebbe nella prassi di una acquisizione da parte del gruppo francese che, però, potrebbe prevedere anche una ristrutturazione in vista di un rilancio lasciando inalterata l’attività della banca. Per il momento, comunque, sulle operazioni che potrebbero imporre i francesi nel caso si arrivasse ad una ricapitalizzazione transalpina si parla solo di ipotesi, visto che, almeno ufficialmente, nessuno da Cariparma si è presentato a San Miniato a raccontare cosa intende dare.
Comunque vada a finire, i tre sviluppi in parallelo sono pur sempre una buona notizia: quanto meno una garanzia di sopravvivenza di almeno una parte importante di posti di lavoro. Al momento, per quanto è possibile sapere, si continua comunque a parlare di una ricapitalizzazione da 160 milioni di euro. Non è escluso neppure che Banca d’Italia decida per un’operazione spezzatino, mettendo al tavolo più di un soggetto tra i tre di cui si è parlato. Ora, dopo la manifestazione di interessi informale da parte dei tre gruppi, è attesa nei prossimi giorni una formalizzazione dell’offerte qualora ci sia il via libera dagli uomini di Banca d’Italia. Entro una decina di giorni, secondo i vertici Carismi, sarà possibile conoscere il futuro della banca di San Miniato.