
I cittadini potenzialmente a rischio sono oltre 1800, di cui circa 1600, però, concentrati nella cosiddetta “fascia di attenzione” e altri 200 nella zona di “danno”. Soltanto una famiglia, invece, ricade con la propria abitazione nella cosiddetta “area d’impatto”, quella nella quale gli effetti di un eventuale incidente hanno un’altra probabilità di essere letali. A dirlo è la bozza del piano di emergenza esterna dell’azienda M3 di Ponte a Egola.
Un piano messo a punto dall’apposito tavolo convocato in Prefettura, pubblicato adesso sul sito del comune di San Miniato per consentire a tutti, cittadini compresi, di avanzare entro 30 giorni osservazioni e integrazioni. Rispetto al vecchio piano di emergenza, basato sui livelli produttivi precedenti all’ingresso della nuova M3, le aree di maggiore pericolosità risultano drasticamente ridimensionate, anche se il piano tiene conto ovviamente di ogni possibile casistica.
I possibili incidenti
Sono sei, in particolare, i possibili incidenti che secondo il tavolo tecnico della Prefettura potrebbero interessare l’azienda: il rilascio di un liquido tossico, il cosiddetto Tdi, nell’area di travaso per rottura o sconnessione della tubazione di scarico, “nonostante – si legge – venga raccolto in un bacino di contenimento per eliminare o ridurre drasticamente lo sversamento”; il rilascio di poliolo durante le operazioni di approvvigionamento; il rilascio di Tdi per fuoriuscita da tubazione in reparto a causa di rottura “anche se in ogni caso – si legge ancora – la tubazione è provvista di sensori che azionano allarme in caso di anomalie; l’autocombustione del prodotto nella linea di produzione poliuretano-polietere; l’incendio del prodotto in stagionatura nei locali di stoccaggio e infine l’incendio del prodotto finito.
Le fasce di rischio
Per ciascuna di queste casistiche, il piano individua 3 cerchi concentrici, la cui pericolosità diminuisce ovviamente a mano a mano che ci si allontana dall’impianto. La prima è la zona “di sicuro impatto”, è compresa in un raggio di 25 metri dai punti dei potenziali incidenti: è l’area “caratterizzata da effetti comportanti – spiega il piano – un’elevata letalità per le persone”. Tra i 25 e i 125 metri si trova la seconda zona detta “di danno”: è la fascia “caratterizzata da possibili danni, anche gravi e irreversibili – si legge – per le persone che non assumono le corrette misure di autoprotezione e da possibili danni, anche letali, per le persone più vulnerabili come i minori e gli anziani. Infine, dai 25 ai 600 metri la normativa individua la cosiddetta zona “di attenzione”: “caratterizzata dal possibile verificarsi di danni, generalmente non gravi – precisa il piano – anche per i soggetti particolarmente vulnerabili oppure da reazioni fisiologiche che possono determinare situazioni di turbamento tali da richiedere provvedimenti anche di ordine pubblico, da valutare da parte delle autorità locali.
Abitanti e famiglie interessati
Applicando i cerchi ad una mappa, si osserva che l’area di “sicuro impatto” è limitata quasi interamente entro il perimetro dell’azienda. Fa eccezione un’unica abitazione dove risiede una famiglia composta da 3 persone tra cui nessun bambino e nessun anziano.
Nella zona definita “di danno”, invece, risiedono 89 famiglie composte da 215 persone, di cui 28 di età inferiore ai 15 anni e 131 di età compresa tra 15 e 65 anni e 56 persone con più di 65.
Nella zona definita “di attenzione” si trovano in tutto 627 famiglie composte da 1611 persone, di cui 245 bambini con età inferiore ai 15 anni, 1041 persone con età compresa tra 15 e 64 anni e 325 over 65.
Complessivamente, quindi, nel raggio di 600 metri dal centro del deposito risiedono 717 famiglie composte da 1829 persone, tra le quali si contano 273 bambini 381 anziani.