Violenza sulle donne in Consiglio, con due testimonianze

15 dicembre 2016 | 18:26
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Violenza sulle donne in Consiglio, con due testimonianze

Sono state lì, tra il pubblico, tutto il tempo. Hanno guardato e ascoltato come spettatrici, come, troppo a lungo, sono state costrette a fare nella loro vita. E poi, alla fine, con un filo di voce e tanto cuore, lo hanno detto: “Anch’io sono stata una vittima della violenza”, quella di un uomo che amavano e che, forse un tempo, le aveva amate. Il percorso, per loro, non è ancora finito, ma la rinascita è iniziata. Sono due donne, una madre e una figlia: oggetto di violenza da parte di un padre padrone e soggetto di un percorso di riconquista che si appoggia alla rete. Quella che le ha ripescate e le protegge ma anche quella che le rende forti e le spinge più in alto. Sono due delle donne che l’associazione Frida, il Codice rosa, le parrocchie, le istituzioni di San Miniato e del comprensorio aiutano ogni giorno a dire no alla violenza sulle donne: 500 dal 2008 (da quando, cioè, esiste Frida) nei pochi comuni del Valdarno. Abbastanza per dire che la violenza c’è anche nei piccoli centri, che è brava a nascondersi e che i percorsi di emersione non sono mai abbastanza. Ma anche che c’è una luce, un percorso di consapevolezza e di auto aiuto che lega principalmente le donne e che prova a coinvolgere gli uomini.

Di questo e di molto altro ancora si è parlato in un lungo e sentito consiglio comunale aperto, ospitato lo scorso 15 dicembre dalla sala del consiglio del comune di San Miniato. Che è stata l’occasione per presentare l’ottavo rapporto sulla violenza di genere in Toscana, ma anche quella di accendere un faro in più su un argomento del quale spesso si parla, a volte nel modo sbagliato.
“Dopo un anno comincio a sentirmi libera – ha detto una delle donne in sala -. Ora riesco a dirlo: sono una donna che, come tante, è stata vittima di violenza. Quando riaffiorano le cose ti senti male, ricordare è micidiale. Ma non è giusto che un uomo ti debba distruggere. Guardando mio figlio, un giorno, ho capito che non me lo potevo più permettere. Per salvare mio figlio e me stessa ho chiesto aiuto a mia madre. Mio figlio sta ricominciando a vivere e a sorridere dopo 4 mesi. Ha ritrovato il sorriso anche se ha una famiglia a metà. Ringrazio questa rete perché all’inizio è difficile, ti chiudi a riccio. Sono andata dai carabinieri ma il loro consiglio è la denuncia. E tu non ce la fai subito. Non puoi fare da sola, hai bisogno della rete: per tornare a essere te, per essere una donna forte. Ce la devo fare per mio figlio, anche se i momenti ‘no’ non mancano, ora riesco a parlare, ho persone che mi aiutano, che mi ascoltano, che mi capiscono”. E capaci di mostrare a quel figlio un giorno uomo che non si ama con la violenza, che le mani servono per abbracciare e accogliere, che si può sorridere anche quando fa male. 
Non ha raccontato la sua storia, ma quel che ha detto una ragazza in prima fila basta: “Vorrei ringraziare il centro perché ha aiutato tanto me, la mia mamma e mia sorella”. Storie di chi ce la sta facendo. Per aiutare chi c’è dentro e anche chi pensa che tanto, non le capiterà mai.
Per questo il lavoro del centro antiviolenza Frida non è solo aiuto e sostegno alle vittime, ma è anche laboratorio sociale, che punta a un cambiamento culturale da raggiungere mediante progetti nelle scuole, per esempio, da fare insieme ai comuni e alle altre istituzioni. Ma anche attraverso eventi di sensibilizzazione. 
Al consiglio comunale aperto, tra gli altri, ha partecipato la consigliere regionale Alessandra Nardini, Biancamaria Cigolotti e Valentina Pedani dell’Osservatorio Sociale Regionale sezione di Genere, Rosanna Pugnalini presidente della commissione regionale Pari opportunità, Elisa Forfori presidente dell’associazione Frida onlus. 
“Sono orgogliosa di questo appuntamento, il primo del genere in questo comune”, ha detto l’assessore e vicesindaco Chiara Rossi alla quale sono state affidate le conclusioni. 

Elisa Venturi