
L’appello lanciato da Ilcuoioindiretta ha fatto centro (qui “E’ morto in un Campo”. Una lettera riapre la Memoria). La famiglia di Giuseppe Lelli, nato a Poggio a Isola nel 1919 e morto a bastonate nel campo di concentramento di Bockweitz, ha ritrovato quella di Tolmino Carmignani. Era stato lui, che con Lelli aveva condiviso prigionia e sofferenze, a dare alla famiglia la notizia della scomparsa del congiunto. Una lettera, poi e un orologio, aveva riaperto il cassetto della memoria e anche la voglia di dire quel grazie che per mille motivi non era stato ancora possibile dire.
Ma ogni storia ha i suoi tempi. E questo arriva quando Tolmino non c’è più: il suo corpo riposa nel cimitero di Ponte a Moriano. Quel grazie, la famiglia Lelli Nieri, lo dirà venerdì, con una cerimonia ufficiale a Lucca, al figlio Giacomo, che in quella storia letta on line ha riconosciuto il padre. “Portare un fiore sulla tomba di quell’uomo” era il desiderio della famiglia, che ora ha potuto farlo.
Giuseppe, figlio di contadini mezzadri, a vent’anni parte per il fronte greco come tanti altri giovani italiani e dopo l’8 settembre 1943, in seguito all’armistizio, viene fatto prigioniero dai tedeschi e avviato in Germania: da quel momento se ne perdono le tracce.
A guerra finita un commilitone, residente a La Lima in provincia di Pistoia, arriva in bicicletta fino a Poggio a Isola per riportare alla famiglia l’orologio del loro congiunto morto il 8 maggio 1944, nel lager di Bockeweitz (Germania dell’Est), per emorragia causata dalle bastonate ricevute dai soldati tedeschi perché ammalato non era potuto andare a lavorare.
Dopo molto tempo, nel 1984, Riccardo Nieri, sposato con la pronipote Maria Grazia Lelli, divenuto poi consigliere comunale del Psi, decide di rivolgersi al Capo dello Stato Sandro Pertini. Il suo intervento rimette in movimento la lenta macchina burocratica e alla fine viene individuato il luogo di sepoltura dei resti di alcuni soldati tra cui Giuseppe nel cimitero di Gemeindefriedhof Kleinleipisch, distretto di Cottbus.
A seguito delle richieste italiane, nel 1989, le competenti autorità tedesche autorizzano la esumazione dei resti e il rimpatrio in Patria.
Nel frattempo Riccardo Nieri quale consigliere comunale, aveva investito della vicenda il sindaco di San Miniato, la giunta e il consiglio comunale che ha concesso, tra l’altro, gratuitamente il loculo nel locale cimitero di Ponte a Elsa. Purtroppo dopo poco tempo al fratello Giovanni e a Riccardo Nieri veniva comunicato dal Ministero della Difesa che i resti dei quattro commilitoni uccisi erano sepolti non in un cimitero, ma in una fossa comune, ammassati fra loro.
Da sottolineare che l’amministrazione comunale, guidata dal sindaco Vittorio Gabbanini, nell’aprile 2014, su proposta del comitato locale Bruno Falaschi celebra l’inaugurazione di una lapide a memoria dei caduti posta nei giardini della frazione, nonostante la presenza già di un’altra lapide apposta nell’edificio ex ufficio postale nel comune di Empoli, ormai in disuso e più volte oggetto di richiesta di restauro al comune di Empoli, alla quale, nonostante i vari solleciti non ha fatto alcun seguito.
All’inizio dell’anno in corso, in occasione dell’inaugurazione della piazza Giulio Scali a San Miniato Basso, Ilaria Nieri, coordinatrice della Consulta Territoriale di San Miniato Basso, durante le ricerche all’archivio storico comunale di documenti riguardanti appunto Giulio Scali, partigiano ucciso anche egli dai tedeschi e di altri cittadini sanminiatesi uccisi, ha trovato casualmente una lettera, trascritta su carta intestata del Comune di San Miniato, che era inviata alla famiglia Lelli datata 19 novembre 1943 che informava i congiunti della morte di Giuseppe, firmata da Carmignani Tolmino e inviata da La Lima.