
Un racconto nuovo dell’alluvione che il 4 novembre del 1966 colpì anche Ponte a Egola e Santa Croce attraverso l’angolazione dell’economia, una narrazione proposta da Paolo Vallini che affronta il ruolo di imprenditori e Cassa di Risaprmio di San Miniato in quel difficile frangente della storia del territorio.
“In questi giorni il pensiero di tutti noi va a quei giorni tremendi che nella storia rimangono come ‘L’alluvione di Firenze’. D’altra parte non poteva che essere così vista l’immane tragedia che ha creato morte e danneggiamento di gran parte del patrimonio artistico, poi fortunatamente recuperato, grazie al contributo di tanti accorsi da tutto il mondo per riportare al suo splendore una città universalmente riconosciuta come la capitale mondiale dell’arte.
Ma anche il nostro comprensorio fu pesantemente colpito da questa tragedia. Tante attività artigianali, industriali e produttive in generale furono messe in ginocchio dalla furia delle acque e del fango.
L’economia era in prostrata: i macchinari inutilizzabili per il fango, il pellame e i prodotti di lavorazione perduti, le vasche con i bagni di tannino compromessi nel loro equilibrio di sostanze concianti e quindi da smaltire e ricostituire. Danni notevoli sia economici che psicologici. Ma lo spirito indomito della nostra gente spingeva per ripartire subito. Ma per far questo c’era bisogno di soldi, di nuovi affidamenti bancari per ordinare macchine e merci. Ma apparve subito un grave ostacolo: molte banche, quasi tutte, soprattutto quelle a carattere nazionale che si basano sulla cruda essenzialità dei numeri e sui coefficienti tipo il rating, patrimonio e altro, si defilarono in modo istantaneo e abbandonarono il territorio. Evidentemente non c’erano più secondo loro, le garanzie su cui appoggiare un affidamento.
L’unica banca che andò incontro agli operatori economici fu la Cassa di Risparmio di San Miniato. Il consiglio della banca decise di aiutare in tutti i modi possibili tutte le attività produttive. La mattina, i direttori delle filiali del comprensorio, non si mettevano le scarpe ma gli stivali e si recavano sul luogo di lavoro, nel fango, per dare anche una parola di conforto e testimoniare la vicinanza della Crsm agli operatori economici.
E’ evidente che il consiglio della Crsm aveva dato precise disposizioni alla scopo. So per certo che furono erogate cifre enormi, che la banca non avrebbe potuto erogare, date le sue allora modeste dimensioni. Ma il presidente e il consiglio pretesero e ottenere dal governo capacità di concedere credito con la copertura del Governo. So, sempre per certo, che a fronte di cifre enormi la Cassa perse solo 14 milioni . E così l’economia della zona risorse. Basta domandarlo alle persone più anziane per avere conferma di ciò. Nacque così quel rapporto stretto fra territorio e Crsm, si creò quel sinergismo che aiutò le due componenti a crescere: l’uno (il territorio) a gettare le basi per la sua affermazione come polo della moda, l’altro (la banca) per diventare una delle più importanti Casse di risparmio della Toscana.
Fu grazie agli uomini che guidavano a quei tempi la Cassa che si ottennero questi importanti risultati; a loro deve andare la nostra riconoscenza e il nostro ringraziamento. Soprattutto al presidente di allora.
Si chiamava Silvano Vallini. Era mio padre”.
Paolo Vallini