


L’idea è quella di chiamare tutte le associazioni a raccolta. Un appello collettivo per un grande patto che parli della città, della sua apertura al paesaggio, di difesa del suolo e di turismo. È la sfida del cosiddetto “Patto per San Miniato”, che punta a restituire decoro e utilità ai versanti della città e ai numerosi e suggestivi percorsi che da sempre connettono il tessuto urbano a quello rurale. Una sfida già lanciata nel 2012, ma rimasta fino ad oggi confinata nel cassetto delle buone intenzioni.
“Un tema da recuperare, per dare una visione d’indirizzo al centro storico”, secondo l’architetto Anna Braschi, membro dell’associazione Moti Carbonari che da anni si è impegnata nel recupero degli antichi vicoli che corrono al di sotto degli orti e dei giardini di San Miniato, nel “dietro le quinte” che nel medioevo collegava le fortificazioni oggi scomparse con la campagna circostante. Un legame che si è perso quello tra città e compagna. Una frattura recente, come dimostrano le immagini di metà Novecento quando i versanti di San Miniato erano ancora tutti coltivati. “Col tempo sono stati abbandonati – ricorda Braschi – e con essi è venuta meno anche la regimazione idraulica, mentre i versanti si sono trasformati spesso in una discarica di materiali”. In questi anni, infatti, i volontari di Moti Carbonari hanno rimosso nel tempo diversi metri cubi di materiale gettato dalle case sovrastanti, riaprendo percorsi e paesaggi perduti che adesso avrebbero bisogno di cure e di attenzioni.
Il Patto per San Miniato
Ed è proprio per invertire questa tendenza che alcune associazioni avevano lanciato l’idea di un “patto” che chiamasse a raccolta i cittadini, sul quale anche l’amministrazione era intervenuta all’epoca con un atto di indirizzo, mentre nel 2014 fu organizzato anche un convegno dal titolo “progetto versanti”. “Si tratta quindi di riaprire un percorso già avviato – sottolinea Braschi – cui la popolazione era stata introdotta dal corso formativo sul paesaggio tenuto dalla Soprintendenza nel 2013 e proposto nuovamente quest’anno al Santa Chiara”
Il primo passo per per rimattere in modo il progetto parte adesso dalla Consulta, con un’assemblea appositamente dedicata già convocata per giovedì 20 ottobre nella sala del Bastione. “L’obiettivo è trovare un percorso comune – prosegue Braschi – in cui le varie associazioni individuano una visione d’indirizzo per il centro storico, con l’obiettivo innanzitutto di renderlo più appetibile per viverci e insieme potenziarlo dal punto di vista dell’attrattiva turistica e della difesa del suolo. Per riuscirsi, in un momento in cui l’amministrazione ha poche risorse, occorre che la cittadinanza sia presente”. L’idea, quindi, è quella di chiamare a raccolta le associazioni per un impegno collettivo che punti prima di tutto al recupero dei versanti: “Perché la città deve tornare ad aprirsi ai suoi paesaggi”. Due situazioni, in particolare, potrebbero rappresentare secondo Braschi il primo banco di prova di questo impegno collettivo.
Il vicolo del Bellorino
A cominciare dal cosiddetto vicolo del Bellorino, che inizia a fianco della casa-museo di Dilvo Lotti e che rappresenta uno dei migliori interventi di architettura contemporanea nel centro storico, “eseguito su progetto dell’architetto Giglioli e mai aperto all’uso pubblico – sottolinea Braschi -. Potrebbe essere aperto sulla strada tenendo aperto il cancello o addirittura eliminandolo. La lunga scalinata in mattoni a vista potrebbe trasformarsi in uno spazio di spettacolo all’aperto e in un affaccio sulla valle e il crinale di Scacciapuce che è stato tante volte il tema dei quadri di Dilvo Lotti. Il recupero del percorso che portava a valle, ora abbandonato, permetterebbe, attraverso l’azione di un gruppo di cittadini volontari, di accedere alla valle di Bellindia e risalire al crinale della collina da cui si gode una splendida vista di San Miniato. In pratica, significherebbe ricollegare la casa di Lotti con i suoi paesaggi”.
Ricollegare la Francigena con San Genesio
La seconda sfida, invece, riguarda il versante opposto del cosiddetto Scioa, quello che guarda verso il Valdarno. L’obiettivo è collegare San Miniato con La Scala e quindi con i resti di San Genesio, recuperando un itinerario che permetterebbe di unire l’antico borgo perduto con il tracciato ufficiale della via Francigena che un tempo, a differenza di oggi, aveva il suo itinerario principale proprio a valle.
Quel percorso, rivela Braschi, in realtà esiste già. Il punto di partenza è dalla piazzetta di Pancole, un tempo una delle porte fortificate oggi scomparse: “Da qui, girando verso est, con qualche piccola e superabile difficoltà, si accede al percorso che porta alle fonti di Pancole e da qui alla Scala. Un bellissimo e velocissimo percorso, usato fino a pochi decenni fa, che si dirama verso ovest e, lambendo la casa natale di Augusto Conti, arriva ai vigneti del Beconcini, ai ricomposti terrazzamenti del canonico Landeschi e alla sua chiesa di San Lorenzo e di qui agli scavi di San Genesio. Con pochi lavori, in pratica, recuperando un breve tratto sotto la casa di riposo e segnalandola, questa strada potrebbe essere inserita nel circuito europeo della Francigena”. “Inoltre – conclude Braschi – potrebbe essere reso visitabile il bellissimo orto delle Clarisse? Sotto piazza Santa Caterina, oltre al giardino Migliorati che va rapidamente restaurato e riaperto, un reticolo di percorsi sotterranei che Moti Carbonari, nel suo programma di ricognizione e misurazione dei percorsi sotterranei, spera di poter presto visitare”.
Giacomo Pelfer