


“Le aziende piccoline del settore moda, quelle emergenti, possono essere la risposta a questa crisi delle grandi firme”. Ne è certo Franco Donati, presidente di Assoconciatori Santa Croce. Secondo cui il settore deve e può tornare a crescere, puntando sul lavoro vero e onesto, con la consapevolezza che “Bisogna tenere i prezzi bassi, senza lucrare sul lavoro e isolando le ‘mele marce’: chi è scorretto e penalizza quelli che, invece, danno lavoro”. E’ questo il tenore della relazione 2016 del presidente di Assoconciatori, pronunciata nella sede di Santa Croce, davanti agli associati e a sindaci e amministratori di Santa Croce sull’Arno, Castelfranco di Sotto e Fucecchio.
“I cinesi stanno facendo marcia indietro e a maggio le grandi firme non hanno confermato gli ordini”, ha detto il presidente dei conciatori di Santa Croce in occasione del bilancio annuale, mentre “La Russia batte in ritirata per l’embargo Usa. I problemi delle guerre e quelli economici hanno determinato una contrazione sul mercato del lusso. L’Europa stessa non riesce a decollare. Gli attacchi terroristici su Parigi hanno frenato molto il mercato della moda. Poi c’è il problema del contratto di lavoro in Francia”. Il lusso, quello che permetteva al distretto produttivo di stare un po’ più sereno, secondo Donati “ha frenato. Le firme di seconda fascia si sono inserite nel mercato utilizzando l’indotto dei Paesi Bric (Brasile, Russia, India e Cina), quello che avevamo creato noi. I conciatori devono ampliare la platea dei clienti rimanendo di qualità. Bisogna essere più competitivi sui prezzi e ampliare la gamma degli articoli”. Poi il monito di Donati: questo non vuol dire derogare alle regole. Le mele marce ci sono e vanno isolate, chi si avvale del lavoro di contoterzisti che non rispettano le regole del mercato del lavoro va isolato”.
Uno scenario economico complesso, quello descritto da Donati, in cui se prima il fattore chiave era la crisi, controbilanciata da un mercato del lusso sfrenato, ora le variabili in campo e destabilizzanti per i mercati sono molte, complesse e destiante e perdurare a lungo. La soluzione? Diversificazione del prodotto e la competitività senza rinunciare alla qualità del made in Italy, accettando di lavorare non solo per le grandi firme di prima fascia ma anche per i marchi emergenti e che al momento si collocano subito dopo nella gerarchia del mercato, andando ad aprire quindi nuovi segmenti di mercato non tanto da punto di vista geografico quanto in termini di destinatari dei prodotti. Una logica prudenziale e accorta che potrebbe, nel lungo periodo, esser destinata non solo a tutelare il distretto conciario toscano, ma anche a potenziarlo in termini di produzione di fatturati. Una logica che però ha assolutamente bisogno del supporto di ricerca e tecnologia e per questo la risposta è proprio in Poteco, il polo tecnologico che ormai lavora quasi a pieno regime e che sta per essere ultimato dove anche l’associazione conciatori dovra iniziare a trasferirsi entro luglio (leggi qui).
Il rapporto con la Regione
La relazione 2016 però è anche quella in cui l’associazione conciatori ha deciso di fare chiarezza su molte questioni e per chi era in platea ad ascoltare molti passaggi ha avuto il sapore di una sorta di resa dei conti. Il primo punto su cui Donati non ha fatto sconti è stato la propaganda diffamatoria della televisione tedesca, che ha messo in onda un reportage in cui il distretto conciario è stato dipinto come un luogo di attività inquinanti e di occupazione irregolare, un servizio che secondo il presidente di Assoconciatori si reggeva principalmente sui dati forniti dalla stessa Asl di Empoli e quindi dalla Regione Toscana. “Siamo indignati – ha detto Donati nella sua realzione – per avere visto in una trasmissione della televisione tedesca, improntata alla demolizione del nostro distretto e della nostra pelle, un dipendente della Asl di Empoli e quindi della regione preposto ai controlli della sicurezza nelle aziende, che si permette di avallare le menzogne e le falsità che sono state dette, smentendo addiritutra il documento ufficiale che il suo servizio (ufficio ndr) attraverso la Asl ha trasmesso alla Regione Toscana proprio per deliberare il piano per la sicurezza sul lavoro che dice testualmente: I dati in tabella relativi al 2013-2015 stanno confermando un trend di efficienza degli impianti ai fini della salute e della sicurezza dei lavoratori abbastanza soddisfacente, a fronte dei 131 controlli infatti gli impianti efficenti sono risultati 119 e 12 sono state le carenze riscontrate (di queste principalmente si parla di carenze manutentive degli impianti). In realtà nel distretto, negli ultimi 20 anni, ci sono stati solo 2 incidenti mortali, in uno dei quali ha perso la vita lo stesso imprenditore”. Insomma, per i conciatori, un’operazione in cui la stessa Regione Toscana si è prestata attraverso la Asl alla demolizione dell’immagine del distretto conciario, un passaggio inaccettabile e forse, sospetta qualcuno, voluto anche per interessi economici complessi che sono rintracciabili nelle logiche europee con il possibile intento di screditare il prodotto di Santa Croce sull’Arno. Una questione che non è passata inosservata e che sicuramente avrà ripercussioni nei rapporti tra Regione e associazione di categoria.
Associazione unica
Poi la questione dell’associazione unica. Il messaggio lanciato da Donato ai colleghi di Ponte a Egola è netto e potrebbe essere riassunto semplicemente con fatti, non parole. “La nostra è un’assocaizione aperta che garantisce la partecipazione democratica al voto dei propri rappresentanti. Ogni conceria, grande o piccola, vale 1: si vota per testa e non per quote e non può essere l’assocaizione di due fazioni – ha detto Donati -. Non abbiamo bisogno di imbarcare quinte colonne se vogliamo continuare ad andare avanti spediti. Negli ultimi mesi possiamo contare un rosario di occasioni in cui il comportamento era teso a dividere invece che unire e a distruggere anzichè costruire. Ogni volta che proviamo a confrontarci su problemi che riguardano interessi comuni, dobbiamo aspettare mesi per avere della risposte. Noi gli interessi di tutti i conciatori e le iniziative a beneficio di tutti, compresi i colleghi della riva sinistra, li abbiamo sempre fatti. Non vogliamo costruire un’associazione a misura di qualcuno o di qualcosa: non c’è bisogno di una costituente. L’associazione è aperta e noi non facciamo distinzioni di appartenenza davanti alla capacità e alla serietà delle persone. Nelle società consortili abbiamo assegnato presidenze importanti a persone di Ponte a Egola. Se i conciatori di Ponte a Egola sono convinti che l’unione faccia la forza, l’Associazione è aperta e solo unendosi come avvenuto prima con i colleghi di Castelfranco e poi con quelli di Fucecchio e di Ponte a Cappiano, potremo raggiungere il vero obiettivo. La nostra associazione non si chiama Associazione Conciatori di Santa Croce, ma solo Associazione Conciatori”. Insomma, quello lanciato da Donati è un messaggio chiaro al consorzio conciatori di Ponte a Egola, con l’invito a fare concretamente per creare una realtà unica e superare divisioni. In questo, però, Donati non ha mancato di dare una stoccata ai vertici pontegolesi dicendo: “L’unione non si fa sulle pagine dei giornali, in cerca di visibilità o di consensi. Tra imprenditori si dovrebbe parlare. Non vorremo trovarci anche a dover gestire un’associazione (unica) con i comunicati stampa. Non c’è bisogno di tavoli da aprire, ma sincera volontà di fare, serietà e correttezza che sono state molto tenui fino ad oggi. Comunque l’Associazione, come in passato, continuerà a lavorare nell’interesse di tutti”.
La depurazione
Sul tema della depurazione, secondo il quadro disegnato da Donati, le decisioni prese in passato da Santa Croce oggi consentono un risparmio nei costi di depurazione e smantimento, confrontando i costi della stessa conceria servita da Cuoiodepur o da Acquarno. “I risultati – spiega Donati – sono sorprendenti: la tariffa media a Santa Croce è di 6,37 euro e a Ponte a Egola è di 8,63. Negli esempi concreti scelti in considerazione della diversità dello scarico nel 2015, le 21 aziende considerate hanno pagato 2 milioni 650mila euro in meno rispetto a quello che avrebbero pagato scaricando sulla riva sinistra. Tra queste aziende, almeno 3 avrebbero pagato quasi mezzo milione di euro in più ad azienda nel 2015 se allacciate alla riva sinistra. Per chiarezza, sottolineo che nelle tariffe ci sono anche i soldi per l’acquisto del depuratore, quelli per l’acquisto e la gestione delle fognature industriali e quelli da parte nostra relativi all’accordo di programma. E comunque, con la diminuzione della tariffa di quest’anno passata da 7,32 euro a 6,37 le aziende di Castelfranco, Fucecchio e Santa Croce hanno risparmiato complessivamente circa 4 milioni di euro”.
Nel corso della relazione il presidente ha poi sottolineato, in tutte le scelte fatte, l’importanza di puntare sul gruppo giovani e di continuare a lavorare in una logica di sistema e l’importanza che hanno avuto i cosiddetti gruppi di acquisto per consentire risparmi consistenti e strategici a tutti gli imprenditori nell’acquisto di energia.