
Si erano presentati nell’attività all’ora di chiusura, puntando una pistola dritta in faccia alla proprietaria, 67enne, senza esitare a picchiarla quando lei gli aveva mostrato di avere in cassa solo 150 euro. E’ quanto accadde il 13 aprile del 2015 al vivaio ‘La Verde Oasi’ di Ponticelli, nel comune di Santa Maria a Monte (leggi qui Rapina al vivaio, “dacci i soldi o ti ammazziamo”).
A distanza di un anno, dopo gli arresti effettuati il 23 giugno 2015, di cui uno eseguito addirittura in Francia con un provvedimento di cattura internazionale, sono arrivate adesso le prime condanne per i componenti di una banda criminale ritenuta responsabile di quell’assalto. Una banda specializzata in assalti a mano armata ai danni di sale slot ed esercizi commerciali, alla quale è stata attribuita, oltre alla rapina di Santa Maria a Monte, anche l’assalto del giorno successivo, il 14 aprile 2015, ai danni della sala slot ‘Terry Bell’ di Perignano, nel comune di Lari, che in quel caso aveva fruttato un bottino di circa 6mila euro. L’indagine, diretta dal pubblico ministero della Procura di Pisa Giancarlo Dominijanni e condotta dal carabinieri del nucleo investivo di Pisa, aveva permesso di risalire a tre ventenni arrestati nel mese di giugno: Giovanni Pennacchio di 21 anni, Salvatore Cilino di 27 ed Emanuele Mauceri di 26. Sei anni di reclusione sono stati inflitti a Pennacchio, quattro invece gli anni per Cilino, con 1400, euro di multa al primo e l’interdizione perpetua dai pubblici uffici, 1200 euro per il secondo oltre al pagamento delle spese processuali e di custodia cautelare. Questi i numeri del provvedimento firmato dal Gip Elsa Iadaresta, che ha tenuto conto anche dello sconto di pena di un terzo dovuto dalla scelta del rito abbreviato. Il terzo imputato, invece, Emanuele Mauceri, ha scelto invece il rito ordinario.
Interessanti gli elementi emersi dalle indagini rispetto alle modalità organizzative della banda. I colpi, infatti, venivano studiati nei minimi dettagli, a partire dal sopralluogo effettuato nei due giorni precedenti l’azione, con un mezzo “pulito”, attraverso il quale si verificavano le vie d’accesso e le fasce orarie ritenute più idonee per evitare i problemi del traffico. L’azione scattava poi con l’utilizzo delle armi, consegnate solo pochi attimi prima dell’azione, e con la predisposizione di luoghi dove cambiarsi gli indumenti per eludere i successivi controlli. Tutti i dettagli e le modalità dell’operazione venivano scambiati tra i membri della banda attraverso chat di un videogioco di guerra, ‘Black Ops’, che ha dato il nome all’indagine.
I tre arrestati, il cui idolo sarebbe stato il boss Totò Riina, erano soliti salutarsi in chat con l’intercalare “Chi tradisce è un infame”, postando anche la foto del “capo dei capi”.
Drammatiche le sequenze raccontate dalle vittime delle rapine: nella sala da gioco “Terry Bell” di Perignano, era la stata la giovane dipendente a vedersi puntata la pistola e costretta a consegnare l’incasso, mentre nell’azienda vivaistica “la Verde Oasi” di Montecalvoli era stata la proprietaria ad essere minacciata di morte con la pistola puntata alla testa per l’esiguità dell’incasso. Rocambolesca, nel giugno scorso, fu la cattura di Salvatore Cilino, avvenuta anche con la cooperazione delle polizia belga e francese, localizzato grazie alle intercettazioni delle utenze internazionali in uso ai suoi fiancheggiatori: dalle indagini era emerso che il giovane, dopo la rapina alla sala slot, nonostante la misura di prevenzione cui era sottoposto, era fuggito in Belgio prima di raggiungere la Francia negli ultimi giorni della sua latitanza. Dopo un pedinamento, la fuga di Cilino si era conclusa per le vie di Bordeaux con il latitante trovato alla guida di un veicolo munito di targhe false.