


Prime risposte dagli enti sul fronte delle fibre d’amianto nelle acque a Santa Croce sull’Arno. A sollecitarle in vista di una petizione con raccolta firme di prossimo avvio su tutto il Comprensorio è l’Unione Inquilini. Il sindacato guidato dall’avvocato Luca Scarselli vuole vederci chiaro dopo le analisi dell’Ati rese pubbliche mesi fa, dalle quali il comune di Santa Croce emerse come secondo comune in Toscana per quantità di fibre d’amianto nelle acque.
Nella fattispecie, nel comune, su 5 punti di prelievo di cui uno a Staffoli, emerse che in Via del Bosco in data 30/07/2015 è stata rilevata la presenza di ben 72.737 fibre di amianto per litro (leggi anche: Amianto nelle acque a S.Croce). “Siamo andati a spulciare fra tutti gli studi effettuati in passato dagli enti in materia e la cosa più sorprendente è che lo studio pubblicato dall’Autorità Idrica Toscana, che tanto scalpore ha destato specie dalle nostre parti, in realtà si tratta della prima vera analisi nel comune, almeno negli ultimi 20 anni – spiega Scarselli. – In passato solo Arpat aveva effettuato degli studi a campione su alcuni comuni sparsi per la Toscana, dai quali non era emersa nessuna criticità in particolare”.
Poche normative. Fra i problemi principali da affrontare, però, c’è quello dei numeri di riferimento. Al momento, infatti, non vi sono termini di legge che regolino la quantità massima di fibre in amianto presenti nell’acqua, anche in quella da bere. Una situazione che al momento corre parallela anche sul fronte europeo: la direttiva Ue 98/83 infatti non parla esplicitamente di amianto, come non se ne fa cenno nel relativo decreto legislativo 31/2001 che la recepisce. “Ci sono delle indicazioni di cautela provenienti da alcuni enti internazionali, come il Safe Drinking Water Committee, che parlano di un rischi concreti per la salute quando si superi le 100mila fibre – spiega l’avvocato – anche se gli effetti sul consumo prolungato a percentuali più ridotte sono al momento al centro di vari studi e preoccupazioni, specie per quanto riguarda i bambini”. Quanto poi alla presenza delle fibre nelle acque nostrane, i vari enti confermano l’assenza di studi approfonditi sul territorio e li auspicano per il futuro i vari enti interpellati da Scarselli. In particolare l’Asl 11, scrivendo all’avvocato “ritiene che in un’ottica di prevenzione primaria sia comunque importante eliminare questa fonte di esposizione a fibre libere di amianto anche per la preoccupazione che questa desta nei cittadini”. “A tutto questo si deve aggiungere il fatto che le tubazioni invecchiano e col passare del tempo tendono a deteriorarsi e a rilasciare più materiale” continua Scarselli. “Nelle conclusioni dello studio commissionato da Arpat su alcuni comuni negli anni ’90 si legge che ‘…se pure si ritiene che i tubi in cemento amianto conservati in ottime condizioni non presentino immediati rischi di rilascio di fibre, ma che i problemi possano sopraggiungere con l’invecchiamento della tubazione ed il disgregamento del materiale costituente, in particolare se le acque condottate hanno un alto grado di aggressività. Tenere periodicamente sotto controllo queste acque a maggior rischio potrebbe rivelarsi un utile misura preventiva…‘. Il rischio più probabile, secondo le stime dell’International Agency for Research on Cancer, riguarda il cancro all’intestino”.
I numeri. Se l’unico dato allarmante circa le fibre in acqua riguarda solo Santa Croce, il problema delle tubature in cemento-amianto, messe al bando a metà degli anni ’90, resta caldo anche nel Comprensorio. Condotte di vecchia generazione infatti ancora tempestano a tratti la rete, un po’ ovunque in Toscana. “Tubi che di qui in avanti cominciano ad avere più di 20 anni, la cui tenuta quindi prevedibilmente può peggiorare” precisa Scarselli. Se nell’Empolese Valdelsa la percentuale di rete ancora in amianto ammonta all’11%, riguardando ben 144 km sui 1325 km totali, nel comprensorio del cuoio la percentuale sale al 13,9, pari a 75 km su 539 km. Questi i dati dei comuni: Santa Croce sull’Arno (31 km su 81 pari al 36%); Fucecchio (20,6 km su 126 pari al 16%); Castelfranco Di Sotto (18,19 km su 117,28 pari al 15,5%); San Miniato (24 km su 257 pari al 9,6%); Montopoli Val D’Arno (5 km su 81 pari al 6,6%); Santa Maria a Monte (4 km su circa 100 pari al 4%). In altre parole quattro comuni su sei sono al di sopra della media regionale, pari al 5,96% delle condutture totali.
La petizione. Per tutti questi motivi, in accordo con il gruppo regionale che si sta da tempo battendo per la bonifica della rete, l’Unione Inquilini ha deciso di far partire una petizione in tutti i comuni, con una raccolta firme che chieda ad i sindaci di prevedere analisi periodiche, a cadenza semestrale, della presenza delle fibre d’amianto nelle acque, oltre ad impegnarsi ad una progressiva sostituzione delle tubazioni obsolete. “Il sindaco è in ogni comune il responsabile della salute pubblica – conclude Scarselli – proprio per questo è importante che vi sia da parte dei primi cittadini un impegno”.
Nilo Di Modica