M3, i rischi per la popolazione caso per caso

12 febbraio 2016 | 19:15
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M3, i rischi per la popolazione caso per caso
M3, i rischi per la popolazione caso per caso
M3, i rischi per la popolazione caso per caso
M3, i rischi per la popolazione caso per caso
M3, i rischi per la popolazione caso per caso
M3, i rischi per la popolazione caso per caso

L’obiettivo dell’opuscolo (di cui trovate tutte le pagine leggibili nelle foto in galleria sotto al testo), come prevede la legge è quello di informare i cittadini sulle modalità di comportamento da tenere in caso di incidente all’intero dell’azienda M3 di Ponte a Egola. La geografia dei rischi è stata recentemente ridisegnata e ristretta da una conferenza dei servizi.

“L’obiettivo – di questo opuscolo spiega l’assessore Manola Guazzini – è quello di informare la popolazione che si trova nelle aree più vicina all’attuale M3, però sottolineando che dalle verifiche e dagli approfondimento fatti dopo il piano di emergenza esterno elaborato dalla prefettura a inizio 2014, l’area di danno e di sicuro impatto è circoscritto prevalentemente all’interno della stabilimento e fuoriesce di pochissimo, alcuni metri dal perimetro aziendale e la si identifica mettendo le spalle al campo sportivo. Noi – continua Guazzini -, però per maggiore sicurezza abbiamo dato anche ulteriori prescrizioni alla ditta per allontanare tutti gli stoccaggi il più possibile dal perimetro”. Quali sono i rischi di incidente a cui potenzialmente va incontro la M3 e il comportamento da tenere per la popolazione, lo abbiamo chiesto ai tecnici comunali che hanno seguito tutta la procedura che ha portato a ridisegnare le aree di interesse in caso di incidente.
Nello stabilimento che oggi ospita la M3, un tempo aveva sede la Icla, Machio che poi ha cessato la produzione del poliuretano espanso dedicandosi ad altre attività di natura diversa e che oggi si trova in un altra struttura industriale e che quindi non ha più niente a che fare con quanto accade nello stabilimento soggetto alla normativa Seveso. 
“Al momento non è possibile ponderare tutti i possibili incidenti – spiega Dino Bova il responsabile dei servizi tecnici del comune – ma possiamo prendere in esame principalmente due tipologie di incidente. La prima sono gli sversamenti della sostanze utilizzate dall’azienda per produrre poliuretano espanso, volgarmente conosciuto come gomma piuma. Un’eventualità prevista anche dalla normativa Seveso a cui è soggetta l’M3 per la natura dei materiali trattati. Prevalentemente – continua Bova – si ipotizza la possibilità di sversamento durante le manovre di travaso della sostanze. Questo però, c’è da dire, che statisticamente è l’incidente meno probabile che si verifichi, visto che l’azienda si è dotata di una serie di sistemi di sicurezza e che a compiere queste manovre c’è del personale specializzato e addestrato”.
L’altra tipologia di incidente che è stata presa in considerazione, perché oggettivamente ipotizzabile, pur non essendo contemplata nella Legge Seveso, continua Bova, “è quella di incendio. Questo tipo di incendio attraverso un meccanismo a effetto domino, porterebbe l’incidente ad avere potenzialmente, e sopratutto sulla base dell’entità del evento, ricadute anche fuori dal perimetro dell’azienda nella zona abitata dalla popolazione”. E qui entrano in ballo gli opuscoli e una serie di comportamenti da tenere a seconda della gravità dell’evento accidentale. “All’interno dell’azienda – continua il responsabile tecnico del comune – sono previsti dei locali per lo stoccaggio della gomma piuma. Siccome gli stoccaggi sono rilevanti, se prendesse fuoco parte del materiale, l’incendio si potrebbe propagare ad altre zone anche se da un locale all’altro c’è un sistema antincendio automatico” .
“Nel caso di incendio – continua Bova – del materiale molto infiammabile, si svilupperebbe una colonna di fumo le cui dimensioni dipendono dalla quantità di sostanza bruciata e si prevede che possa andare, da una quantità minima e poco rilevante per non dire insignificante, fino al caso più grave ipotizzato è quello di un incendio che si propaga a tutto lo stabilimento. Ovviamente in caso di una colonna di fumo il rischio è rappresentato dalle sostanze dannose per la salute immesse in atmosfera che poi ricadono al suolo e sono soggette alle forze dei venti. Ecco il perché dei cerchi intorno all’azienda stabiliti dal piano di emergenza” spiega il dirigente tecnico. “Intorno all’azienda infatti ci sono tre cerchi, il primo del raggio di 25 metri che ricade tutto all’interno dello stabilimento e che coincide con la zona a rischio di incidente rilevante, poi c’è un cerchio che va dai 25 metri (quindi dal perimetro aziendale) fino a 125 metri la seconda fascia dove è più elevato il rischio di ricaduta dell’incidente. Ovvero dove potenzialmente si possono avere gli effetti e le ricadute delle sostanze combuste. Infine c’è l’area da 125 metri a 600 metri, la fascia di attenzione, dove possono ricadere, ma è molto meno probabile gli effetti di un incidente all’interno dell’azienda e che potrebbe essere interessata da prescrizioni, come ad esempio il divieto di utilizzo di frutta e verdura se si verifica un incidente”.
“Gli opuscoli hanno il compito di istruire la popolazione proprio nel comportamento da tenere in queste due fasce per tutelare la propria salute – continua Bova – . Ad esempio nell’azienda sono previsti due tipi di allarme che vengono dati con una sirena: la sirena intermittente indica un incidente mano grave, di entità minore, mentre la sirena continua indica incidente più grave e quindi ci sono una serie di comportamenti da tenere in entrambi i casi, come quello di non uscire di casa e proteggersi dalla possibile contaminazione”. (gab. mor.)

L’OPUSCOLO

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