Renato Tozzi, omaggio al re della cucina al tartufo

21 novembre 2015 | 17:09
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Renato Tozzi, omaggio al re della cucina al tartufo
Renato Tozzi, omaggio al re della cucina al tartufo
Renato Tozzi, omaggio al re della cucina al tartufo
Renato Tozzi, omaggio al re della cucina al tartufo
Renato Tozzi, omaggio al re della cucina al tartufo

Lui, il re dalla cucina, ha fatto del tartufo di San Miniato il re della tavola. Nel secondo fine settimana della 45esima Mostra Mercato del tartufo di San Miniato, a 100 anni dalla nascita, San Miniato ricorda Renato Tozzi e la sua opera saranno domenica 22 novembre alle 10,30.

Nella sala consiliare sarà presentata anche la pubblicazione realizzata dal giornalista Fabrizio Mandorlini Renato Tozzi, gentleman della cucina nella quale, oltre alla vita sono state recuperate, grazie alla moglie e ai figli di Tozzi le ricette e i menu che hanno conquistato i buongustai. Una proposta gastronomica di alta qualità nella quale Tozzi aveva messo a regime in cucina tutta la potenzialità di un territorio proiettandolo in una dimensione internazionale, trasformando il Miravalle (albergo-ristorante nel cuore di San Miniato) in un gioiello della gastronomia italiana. Autografi illustri nel suo libro delle firme: “Vorrei saper scrivere come il Tozzi sa cucinare”, scrisse Indro Montanelli nel Capodanno del ’66. Il 4 giugno 1966 il sindaco di Milano, il “sanminiatese” Pietro Bucalossi, aggiunge: “Vorrei saper amministrare come il Tozzi sa cucinare”. Oppure quel “Penne mondiali e carrello poetico dei piatti di Tozzi io sono fanatico. Con molti complimenti per l’ospitalità e la buona cucina” firmato Giulio Bosetti o il garbo con cui gli si rivolgeva il regista Ignazio Silone “Al signor Tozzi imploro comprensione per il chiasso e la confusione che la rappresentazione del mio lavoro ha portato nel suo dominio così bello”.
Tozzi era nato a Londra il 30 giugno 1915, dopo aver lavorato per anni al Savoy, fatto esperienza e conosciuto la cucina internazionale, torna a San Miniato. Nel 1962 rileva il ristorante Miravalle e lo trasforma in uno dei gioielli della gastronomia italiana facendo conoscere in tutto il mondo i suoi piatti. E’ grazie alla sua intuizione che nasce la festa del tartufo nel 1969.
Il risotto alla Miravalle e il tacchino (o fagiano) tartufato conquistano riconoscimenti e premi all’Accademia della Cucina Italiana e diventano il biglietto da visita della cucina al tartufo. “Ci voleva tutta la lungimiranza – spiega Mandorlini – di una persona che conosceva e amava il proprio lavoro, con dedizione e competenza come è stato Renato Tozzi per immaginare, quando ancora non si parlava di tartufo e il pregiato fungo ipogeo prendeva la via dei commercianti di Alba, che quel frutto prezioso della terra avrebbe potuto essere volano di un territorio, quello delle Colline Sanminiatesi, e attrattiva gastronomica per migliaia e migliaia di visitatori e buongustai. Una scommessa vinta, iniziata per convinzione, non per caso, con la certezza che quel profumo sopraffino e quel gusto così delicato avrebbero conquistato i palati più esigenti e stimolato la fantasia degli chef”.

Rosaura (Diva) Tozzi, moglie di Renato. “Per fare il risotto alla Miravalle (al tartufo), si mette in una pirofila da forno, il burro, il riso, un po’ di brodo e mezza cipolla. Si gira ripetutamente, si copre e si mette in forno. Quando il brodo è stato ritirato vuol dire che siamo a metà cottura. Successivamente si mette nel tegame con burro tartufato e parmigiano. Ovviamente è necessario che il brodo sia preparato bene e buono. Il tartufo era già preparato e messo nel congelatore, per cui bastava estrarlo per completare il piatto. Al termine veniva aggiunto il tartufo a scaglie senza riguardo cercando di fare il piatto più buono possibile. La lamellatura del tartufo, non si faceva però alla sagra ma solo a ristorante. Non era però solo un’operazione bella da vedere (la lamellatura) ma una vera e propria esigenza. All’inizio avevamo preparato appositi contenitori con i tartufi che mettevamo sui tavoli in modo che ogni cliente se ne potesse servire. Molte persone però se ne appropriavano indebitamente e se lo mettevano in tasca, per cui ci chiamavano per richiedercelo dicendo che ne avevamo messo troppo poco. La faraona tartufata, con la variante di utilizzare il fagiano, quando si trovava, fu uno dei secondi che proponemmo e che ebbe molto successo. Preparavamo la faraona al cartoccio con pezzi e lamelle di tartufo collocate nel petto e in altri punti insieme ad alcuni condimenti. Poi lo avvolgevamo in una apposita carta da forno, una specie di cartoccio, prima di inserirla in una casseruola in forno. Una volta cotta veniva sporzionata e servita in sala davanti a tutti. Per i tacchini, le tacchinelle e le faraone il nostro fornitore era direttamente l’allevamento nei pressi di Canneto”.