
“Per il carattere di testimonianza storica e per il rilievo delle personalità che ne hanno scritto il testo, quelle lapidi devono rimanere visibili e continuare a essere oggetto della riflessione di chi vive a San Miniato e di chi visita la città”. Il segretario regionale Pd Francesco Nocchi dà man forte al segretario di San Miniato Francesco Lupi sulla rimozione (Rimosse le lapidi della discordia) dalla facciata del palazzo comunale delle due lapidi (“Museo della Resistenza”, Pd fa fretta a Gabbanini ), scritte da Luigi Russo e da Oscar Luigi Scalfaro, che ricordavano l’eccidio del Duomo del 22 luglio 1944.
“Sulle circostanze di quel tragico evento – spiega Nocchi – alcuni retroscena sono ancora oggetto di dibattito e sono di natura tale che, probabilmente, lo rimarranno sempre. Alcuni dati sembrano però acquisiti e tra questi il fatto che i tedeschi che si stavano ritirando imposero di ammassarsi nel Duomo e che la bomba che vi esplose provocando la morte di 55 persone era americana. Le due lapidi hanno rappresentato e rappresentano ancora un momento significativo di una storia, che non è quella della guerra e della Resistenza, ma è quella della fatica e dei conflitti attraverso cui è andata formandosi, in una comunità come quella di San Miniato, la memoria di un evento di cui non è comunque possibile oscurare la responsabilità principale, che resta quella di chi trascinò il nostro Paese nella II Guerra Mondiale dalla parte sbagliata, quella dei Nazisti”. Secondo Nocchi, “La posizione di chi sostiene che quelle lapidi avrebbero dovuto rimanere sulla facciata del palazzo comunale è sicuramente legittima e personalmente la preferisco, perché penso che sia giusto che le città portino su di sé le tracce dei drammi della storia. Ma allo stesso tempo non ha senso assimilare la scelta di toglierle, così come l’accettazione delle scelte oggi più condivise della ricerca storiografica su quell’evento del luglio ’44, al revisionismo sulle responsabilità della II Guerra Mondiale e sul giudizio storico sul Fascismo e sul Nazismo. Ed è perfettamente legittima anche la scelta di collocare degnamente quelle lapidi in un percorso museale che documenti la complessa storia del passaggio della guerra, della Resistenza e della complessa costruzione di una memoria di questi fatti nel territorio del Valdarno, garantendo la loro visibilità in ogni momento del processo che dovrà portare all’attuazione di questo progetto. Però la scelta tra queste due alternative avrebbe richiesto ben altro dibattito e ben altro coinvolgimento sul piano culturale, politico e istituzionale e non si capiscono bene i motivi per cui questo non è stato fatto”.