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“Il Valdarno è terra di legalità, ma la mafia c’è”: l’appello di èViva alle “forze sane del comprensorio”

21 maggio 2020 | 20:31
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“Il Valdarno è terra di legalità, ma la mafia c’è”: l’appello di èViva alle “forze sane del comprensorio”

“Torniamo a parlarne perché, per la sua gravità, non può essere derubricata a fatto di cronaca”

“Il Valdarno Inferiore è da sempre terra di legalità, ma la mafia c’è. La sua presenza si fa ogni giorno più invadente ed è compito di tutti, politica e istituzioni in primo luogo, lavorare per impedirne il radicamento. Ed è particolarmente importante prestare la massima attenzione in questo momento difficile, in cui la crisi economica conseguente alla pandemia espone le imprese in maggiore difficoltà all’azione di infiltrazione della criminalità organizzata”.

L’opinione è dell’associazione politica èViva del Valdarno Inferiore che commenta l’operazione Vello d’Oro coordinata da David Turini.

L’inchiesta, sottolinea l’associazione, “ha svelato il sodalizio tra alcune imprese conciarie di Santa Croce sull’Arno e Fucecchio ed esponenti del sanguinoso clan camorristico napoletano dei Lo Russo, finalizzato al riciclaggio di ingenti quantità di denaro ‘sporco’ attraverso l’emissione di fatture false per operazioni inesistenti. A poco più di una settimana dalla seconda operazione Vello d’Oro condotta sul nostro territorio dalla Direzione Investigativa Antimafia è già caduto il silenzio sulla vicenda. Torniamo a parlarne perché, per la sua gravità, non può essere derubricata a fatto di cronaca”.

Si tratta, invece, “di un campanello di allarme, ultimo di una lunga sequenza di segnali che nell’ultimo decennio hanno evidenziato la progressiva penetrazione delle mafie nella nostra realtà territoriale. Chiediamo a tutte le forze sane del Comprensorio di condividere con noi questo obiettivo”.

Segnali ed eventi che èViva riassume, citandone alcuni. “A giugno 2010 emerge lo sfruttamento selvaggio di centinaia di lavoratori stranieri all’interno di un grande magazzino di distribuzione sito in Montopoli in Val d’Arno, gestito dal consorzio di Cooperative Almagroup. Amministratore generale del gruppo era Natale Sartori (all’epoca già condannato per corruzione continuata), il cui nome compare nei processi di mafia più importanti, da quello contro Vittorio Mangano (lo “stalliere” di Arcore) a quello contro Marcello Dell’Utri. Socie in affari nelle cooperative di Almagroup erano le figlie di Mangano, Cinzia (attualmente in carcere) e Loredana (subentrata a suo marito Enrico Di Grusa dopo il suo arresto per mafia e traffico di droga).

A gennaio 2011, nel corso dell’operazione Feudo, viene arrestato Sabatino Granata, elemento di spicco del clan camorristico della famiglia Mallardo, una delle più pericolose del clan dei Casalesi. Nel contesto vengono sequestrati beni mobili e immobili per un valore di circa 30 milioni, alcuni dei quali ubicati nel comune di Santa Maria a Monte. Già nel 2009, a Santa Maria a Monte, erano stati sequestrati 9 appartamenti e 12 terreni appartenenti a società riconducibili alla famiglia dei Mallardo. I boss Giuseppe e Francesco Mallardo stanno attualmente scontando l’ergastolo.

A ottobre 2013, il presidente della Camera Boldrini toglie il segreto di Stato alla deposizione fatta nel 1997 da Carmine Schiavone alla commissione parlamentare d’inchiesta sul traffico di rifiuti nella Terra dei Fuochi. Schiavone, reo confesso di aver ucciso personalmente 50-70 persone, documenta in modo inoppugnabile il coinvolgimento diretto di alcune stessi alla camorra.

A febbraio 2014, il tribunale di Santa Maria Capua Vetere emette il provvedimento di sequestro per una serie di immobili su tutto il territorio nazionale, riconducibili ai fratelli Pasquale e Giuseppe Mastrominico (attualmente in carcere), affiliati al clan dei Casalesi. Tra i beni confiscati ci sono 2 terreni edificabili e 22 agricoli nel comune di Castelfranco di Sotto, frazione di Orentano.

A marzo 2016, la corte d’Appello di Catania trasferisce al Comune di Montopoli la proprietà di un appartamento dove abitavano la moglie e il figlio di Vincenzo Ajello, boss catanese coinvolto in numerose inchieste sulla mafia e attualmente in carcere a Parma dove sta scontando l’ergastolo in regime di 41 bis. Si tratta del boss che prese il comando del clan del sanguinario capo di cosa nostra Nitto Santapaola dopo il suo arresto nel 1993. Santapaola, che sta scontando 3 ergastoli, è tra gli organizzatori delle stragi di via Carini, Capaci e di Via d’Amelio.

A gennaio 2017 viene arrestato, a Fucecchio, Riccardo Di Cicco accusato di aver riciclato sul territorio parte del denaro del suo ex-cognato, il boss della “mala del Brenta” Felice Maniero, che terrorizzò il Veneto tra gli anni ’80 e il 1984, oggi collaboratore di giustizia. Maniero, sette omicidi sulle spalle e 400 malavitosi ai suoi ordini, ha subito condanne per traffico di droga, rapine, bische clandestine, furti, ricettazione, traffico d’armi, associazione a delinquere di stampo mafioso. A Di Cicco sono stati sequestrati beni per circa 17 milioni di euro: diversi conti correnti in Svizzera, un cavallo di razza, tre ville, 27 autovetture tra cui otto Mercedes, una Bentley GT cabrio, due Porsche Cayenne, una Porsche Carrera 911, due Bmw.

A febbraio 2018 e maggio 2020 ci sono la prima e seconda operazione Vello d’Oro condotta dalla Dia, con arresto di imprenditori locali coinvolti in enorme giro di riciclaggio di soldi sporchi della camorra napoletana, di cui abbiamo parlato in premessa.

Il 21 maggio ricorre l’anniversario dell’assassinio di Giovanni Falcone e della sua scorta. Siamo convinti che il modo migliore per onorare la sua memoria sia quello di continuare la sua battaglia, agendo sul piano culturale, sociale e politico per estirpare questo cancro dal Paese, territorio per territorio”.