La sorpresa nelle urne è quel 22% mancato al Pd, via al corteggiamento di chi ha preferito Guazzini
‘Si racconta che il principe di Condé, dormì profondamente la notte avanti la giornata di Rocroi ma, in primo luogo, era molto affaticato; secondariamente aveva già date tutte le disposizioni necessarie, e stabilito ciò che dovesse fare, la mattina’. Diversamente dal personaggio manzoniano, nei Promessi Sposi messo in contrapposizione con don Abbondio, si dice che Vittorio Gabbanini e suo fratello Marzio la notte appena trascorsa – quella tra il lunedì dello scrutino del primo turno delle amministrative 2019 e il martedì successivo, oggi 28 maggio – non abbiano riposato sereni, forse perché delusi dal risultato delle urne diverso da quello pronosticato alla viglia del voto.
Ma forse anche perché davanti a loro, davanti al centrosinistra di San Miniato e soprattutto davanti al candidato Simone Giglioli – che al contrario è apparso abbastanza sereno per il lavoro fatto e tranquillo di poter arrivare alla vittoria alla fine – vi sono altri 15 giorni di campagna elettorale, che rimette in moto scenari ed equilibri in parte da ricostruire, anche perché il 32% del candidato del centrodestra Michele Altini contro un 46% di Giglioli al ballottaggio è tutt’altro che da buttare via.
Non solo. Forse a non far riposare serenamente i due esponenti politici del centrosinistra samminiatese ha contribuito anche la resa dei conti fatta dalle urne, che ora andrà gestita anche politicamente nella coalizione di centrosinistra e all’interno del Pd.
I numeri sono impietosi: se Guazzini fosse rimasta canalizzata dentro il centrosinistra, il candidato della coalizione avrebbe vinto al primo turno, pur ammettendo che Guazzini non sarebbe riuscita probabilmente a catalizzare da dentro il Pd il 22%. Un errore, quindi, che nasce lontano per i tempi della politica di oggi, che nasce forse quando Vittorio Gabbanini decise di buttarla fuori dalla giunta, contrariamente a quella che è sempre stata la condotta del Pd ad ogni latitudine e a ogni livello istituzionale, ovvero quella di inclusività. L’unico a quel tempo che intuì l’errore fu proprio Giglioli, che da segretario Democratico cercò di trattenere Guazzini almeno nelle fila del Pd. Una prova muscolare, quella che ormai quasi due anni fa intraprese Vittorio Gabbanini, che ora qualcuno forse dovrà tentare di sanare.
Poi c’è il problema del risultato della lista Insieme si Può, vicina a Marzio Gabbanini, che non ha brillato né per voti di lista né per voti ai candidati e se è vero che per avere un peso di governo bisogna avere voti, massima quasi sempre applicata nel Pd, anche in questo caso si aprono muovi scenari negli equilibri di una possibile maggioranza capitanata da Giglioli.
Al momento c’è solo un dato che può essere cristallizzato: alla fine del mandato Gabbanini, il centrosinistra samminiatese per la prima volta nella storia, deve affrontare un ballottaggio e che la responsabilità sia di Simone Giglioli è un teorema poco credibile, così come che la colpa sia del vento leghista: negli altri comuni del Comprensorio i sindaci Pd, anche se per pochi voti, sono stati tutti riconfermati, compreso Fucecchio che come dato demografico è simile a San Miniato.
Insomma, uno scenario del tutto diverso da quello che in molti nel centrosinistra pronosticavano alla vigilia del voto. Giglioli quindi dovrà giocare una nuova partita, questa volta contro Altini e basta, ma intanto nel centrosinistra c’è già chi si pone il problema di come si orienterà il voto di CambiaMenti e Attivamente, le due liste di Manola Guazzini che ora è un voto pesante. Se Giglioli già nella serata di lunedì ha provato ad aprire dei ponti di dialogo sulla base del retroterra politico comune con molti degli esponenti di CambiaMenti, è anche vero che non sarà facile convincere chi chiedeva un cambiamento a votare una coalizione dove sono presenti esponenti vicini a Gabbanini.
Dall’altra parte poi c’è una resistenza culturale e politica di Guazzini che a tutt’oggi (martedì 28 maggio), non sembra essere affatto disponibile ad appoggiare il centrosinistra e soprattutto a parlamentare con i suoi esponenti un possibile accordo. Guazzini infatti non sembra interessata a barattare i suoi voti con possibili incarichi in un governo Giglioli. Tanto che ancora oggi ribadisce, “Lascerò libertà di voto e andrò, forse, a fare l’opposizione”. Rivendicando tra le righe una coerenza che però allo stesso tempo significa rischiare di disperdere il lavoro fatto in un anno e mezzo con cui insieme agli esponenti di CambiaMenti ha costruito una forza politica locale che vale il 22%.
Poi c’è il terzo attore, non certo per importanza ma per consequenzialità del discorso di questa vicenda: Michele Altini. Che, se da un lato con l’aiuto involontario di CambiaMenti ha portato il centrosinistra al ballottaggio, ora rischia, nonostante lo svantaggio numerico del primo turno di diventare sindaco di San Miniato. Altini sostenuto da Forza Italia, Lega e da Fratelli d’Italia con acume politico ha capito che molto dipenderà da quello che farà CambiaMenti e infatti rivendica la coerenza politica predicata da Guazzini con una nota arrivata proprio oggi. In cui dice: “Appare evidente che la mia candidatura rappresenta ormai l’unica rimasta in campo nel segno della discontinuità e del cambiamento. Per questo motivo quindi offro a tutti gli elettori di San Miniato l’occasione unica e imperdibile di poter rappresentare, al ballottaggio del 9 giugno, chi vuole uscire dalle logiche vecchie di potere e portare aria nuova nel palazzo comunale di San Miniato. Rilevo che il candidato sindaco del Pd Simone Giglioli tende la mano alla lista Cambiamenti che non è arrivata al ballottaggio. Legittimo. Ma rilevo anche che fino all’ultimo, il candidato Giglioli affermava che avrebbe vinto al primo turno e mi pare che la sua campagna sia stata sempre condotta nel segno della continuità e non del cambiamento”.
Gabriele Mori