Pd addio, l’ex sindaco sbatte la porta: “Si è passato ogni limite”

10 luglio 2017 | 13:41
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Pd addio, l’ex sindaco sbatte la porta: “Si è passato ogni limite”

L’ex sindaco di San Miniato Angelo Frosini ha deciso di dire addio al Pd. Una decisione comunicata oggi (10 luglio) con una lettera indirizzata alla segretaria del circolo democratico di San Miniato Elisa Nesti, ma recapitata per conoscenza anche al segretario dell’unione comunale Simone Giglioli, al segretario provinciale Massimiliano Sonetti, a quello regionale Dario Parrini e perfino al segretario nazionale Matteo Renzi. Tante le ragioni all’origine della decisione, a cominciare dal percorso intrapreso dal Pd di Renti a livello nazionale fino a toccare numerose vicende locali che Frosini cita una per una nella sua lettera: dalla rimozione delle lapidi “ancora senza risposta” alla questione del liceo Marconi, dall’ultimo congresso fino alla vicenda che coinvolge l’assessore Gianluca Bertini. “Un fatto gravissimo – lo definisce Frosini – per il quale alcuni vecchi sindaci si rivoltano nella tomba”.
Di seguito il testo integrale della lettera di Angelo Frosini.

Cara Segretaria,
ti comunico che ho deciso di lasciare il Pd e, dunque, di non rinnovare la tessera.
Come sai, per tanti anni, ho “militato” nel Partito con impegno e passione, partecipando ai vari processi di cambiamento della sinistra italiana.
La mia prima tessera, del Pci, risale al 1980: mi iscrissi nel dicembre 1979.
Da allora, per trentasette anni di seguito, mi sono presentato in sezione – nel giorno di apertura
della campagna di tesseramento – per rinnovare l’adesione prima al Pci, poi al Pds, ai Ds e infine
al Pd, sottoscrivendo “una quota proporzionale al mio reddito”.
Puoi immaginare quanto mi sia stato difficile decidere di non presentarmi per la trentottesima volta,
dopo aver preso atto che il Pd non poteva essere più il mio partito.

Il PD ha deluso le aspettative di chi, come me, riteneva che esso potesse costituire, davvero, la sintesi
migliore delle culture riformiste che erano state il fulcro della nostra democrazia. Non me la sento più di condividere parole e atti, targati Pd, che non appartengono alla cultura e alla storia da cui provengo.
Il nostro Pd voleva essere un partito di centro sinistra, dei diritti civili, della giustizia sociale, dei giovani, delle
uguaglianze e dell’inclusione. Doveva essere il partito che difendeva i diritti dei lavoratori, della gente
comune e dei più deboli, ma si è ridotto ad un comitato elettorale che, occasionalmente, si attiva per
sostenere qualche candidatura. Non mi sento più rappresentato da un partito incapace di ospitare le diverse sensibilità.
È doloroso abbandonare una casa in cui hai vissuto per tanti anni con impegno, passione e dedizione, ma se
ti accorgi che in quella casa non c’è quasi più niente che ti appartiene, lasciarla diventa una scelta ineludibile.

In questi anni mi sono sforzato di partecipare e dare il mio contributo alla discussione e all’attività del nostro circolo e dell’unione comunale.
Ma l’ho fatto, e tu lo sai, con sempre minore passione e entusiasmo.
Il nostro circolo, grazie soprattutto al tuo impegno e al tuo dinamismo, ha preso importanti iniziative politiche (su temi locali, nazionali e internazionali), ha avanzato proposte, che, però, hanno trovato un muro invalicabile, una volta poste all’attenzione dell’assemblea comunale.
Lì ogni tentativo di affrontare seriamente qualche tema delicato è stato liquidato come “inopportuno”, “inutile”, “dannoso” per l’immagine di chi, in questo momento, guida il partito o amministra il nostro Comune.
Ho partecipato quasi sempre alle Assemblee comunali: le ricordo tutte.
Alcune vorrei proprio cancellarle dalla mia mente. Ricordo la sofferenza e la rabbia che ho provato, insieme a tanti altri, quando non si è voluto considerare minimamente i contributi che venivano da chi non la pensava come la presunta maggioranza, liquidando certe posizione come quelle dei “soliti rompiscatole”.

Anche tu ricorderai quando il sindaco decise, di punto in bianco, di togliere le lapidi che ricordavano l’eccidio del duomo del luglio 1944.
Affrontammo la discussione, dopo che il fatto era già avvenuto.
Molti di noi intervennero per chiedere spiegazioni.
L’allora segretario Lupi si dichiarò in totale disaccordo con quella decisione.
Gli assessori, che avevano subito quella “alzata di testa”, se pur imbarazzati, difesero quella scelta.
Il sindaco fece spallucce. Non portò nessuna motivazione.
Disse banalmente che “era giunto il momento di toglierle”. Ma qualche giorno dopo, temendo contestazioni, disertò le celebrazioni del 25 aprile.
Poi, dopo che per tre mesi erano state tenute in uno scantinato, il sindaco stesso fu costretto, dalle iniziative di un comitato di cittadini e della Sovrintendenza ai beni culturali, a ricollocare le lapidi in un ambiente esterno.
Il partito non ebbe la forza o la voglia di riprendere la discussione!
Siamo ancora in attesa di conoscere i motivi di quella scelta!
Una vicenda sconcertante che dimostra solo l’insipienza, la sciatteria e la voglia di provocazione di chi ci ha amministrato in questi anni.

Anche tu ricorderai, con quanta leggerezza è stata affrontata la vicenda del liceo Marconi.
Per la sua ricostruzione in via Catena, su cui il Comune e la Provincia si erano impegnati fin dal 2008, non si è fatto nessun passo avanti finché, nell’ottobre dello scorso anno, anche la sede provvisoria di San Donato è stata dichiarata inagibile.
Di fronte alla nuova emergenza, il nostro circolo ha provato a riaprire la discussione nel Pd, per verificare seriamente la possibilità di ricostruire il liceo là dove si trovava da 50 anni.
Ma nell’assemblea comunale ci è stato detto che il sindaco e la giunta, insieme alla Provincia, avevano deciso diversamente, disattendendo così gli impegni assunti nei programmi elettorali.
Ci è stato detto che si doveva fare in fretta, dopo che per otto anni non si era fatto nulla!
Ma, ad oggi, la progettazione e la realizzazione non sono imminenti e chissà per quanti anni ancora il liceo dovrà restare nella “nuova sede provvisoria” di La Scala.
Una vicenda che dimostra solo la superficialità, l’arroganza e l’assenza di una visione strategica nel partito e nell’amministrazione.

Potrei portare molti altri esempi e tu, ne sono certo, ne ricordi più di me.
Aggiungo solo che anche qui da noi, come a livello nazionale, secondo lo stile del Pd di Renzi, non si è mai fatta un’autocritica.
Non si sono mai analizzati risultati insoddisfacenti.
Non ci si è chiesti perché il 60% degli Italiani ha detto no al referendum sulle riforme costituzionali e neanche perché ha votato no l’80% dei giovani.
Ci si è “riscaldati alla fascina” della vittoria del sì nel Comune di San Miniato. Chi si accontenta gode!
Si è minimizzato l’esito disastroso delle recenti elezioni amministrative, liquidandolo come un risultato locale che non ci riguarda.
E invece ci riguarda eccome, se si vuole continuare ad essere una comunità politica nazionale!
Nessuno è immune da rischi. Cascina e Pistoia insegnano.
E fra meno di due anni si vota anche a San Miniato!

Le aspettative che Renzi aveva suscitato nell’elettorato di centro sinistra e in gran parte del Paese sono state deluse.
Devo confessarti che anch’io, pur non essendo mai stato in sintonia con l’attuale segretario, fin da quando ero sindaco di San Miniato e lui era presidente della provincia di Firenze e pur non condividendo affatto il modo con cui “si era sostituito” a Enrico Letta, avevo nutrito delle speranze.
Ma oggi dobbiamo constatare che l’azione di governo è stata assai deludente.
Con l’abolizione dell’articolo 18 dello statuto dei lavoratori, si è fatto ciò che non era riuscito a fare Berlusconi.
Si è approvata una legge sul lavoro (Jobs Act) che non ha certo migliorato le condizioni dei lavoratori, soprattutto dei giovani.
Sì è voluta approvare la legge 107 del 2015 senza ascoltare il parere degli insegnanti, degli studenti, delle famiglie. Col risultato “storico” che, nonostante 100.000 nuove assunzioni e certe idee innovative come l’introduzione della figura del “potenziatore”, questa riforma è stata contestata dall’intero mondo della scuola, con uno sciopero generale, che mai aveva visto un’adesione così ampia.
Si è voluta a tutti i costi una legge elettorale che, facendo acqua da tutte le parti, la Consulta ha giudicato incostituzionale.
Si è voluta una riforma che stravolgeva la Costituzione e che gli italiani hanno bocciato col Referendum.

Mi dirai: “sui diritti civili si sono fatti importanti passi avanti”. Ne sono convinto anch’io.
La legge sulle “unioni civili” è un bel risultato il cui merito va al governo Renzi e al PD.
Tale scelta io l’ho sostenuta con convinzione, anche polemizzando pubblicamente con quel parroco che aveva assunto posizioni retrograde e integraliste.
Mi duole, semmai, essere stato l’unico ad assumere quella posizione. Nessuno del gruppo dirigente del PD. Nessuno dell’Amministrazione comunale di San Miniato.

Se Matteo Renzi è stato deludente nell’azione di governo, è stato proprio fallimentare nella guida del partito.
C’è stato uno snaturamento del Pd che ha assunto posizioni e atteggiamenti tipici della destra.
Un tempo nei partiti valeva il primato dell’interesse generale sull’interesse particolare.
Con l’avvento di Berlusconi quel valore è stato demolito e il Pd di Renzi non ha certo fermato quella demolizione, come dimostrano anche certe vicende locali, su cui tornerò più avanti.
Nel congresso, convocato frettolosamente, la maggioranza ha cercato il plebiscito sul segretario, un po’ malconcio dopo l’esito del referendum. Si è cercato di far iscrivere, nell’ultimo giorno utile, persone di indiscussa fedeltà al capo. In alcune realtà, come a San Miniato Basso, si è passati, in pochi giorni, da zero iscritti a cento. Al congresso non si è discusso di nulla.
Ma l’importante erano le primarie: Renzi le ha vinte, ma con 600.000 voti meno della volta scorsa, e non ci si è domandati il perché di questo calo di consensi.
Non sono bastati nemmeno i disastrosi risultati elettorali per riaprire, nella Direzione nazionale di giovedì scorso, una discussione sui problemi del Paese e sulla necessità di costruire, in vista delle elezioni, uno schieramento di centrosinistra ampio.
Renzi dovrebbe capire, una volta per tutte, che essere segretario di un partito non significa essere comandante unico.
Con le politiche portate avanti in questi anni si sono, invece, rotte le radici profonde di una parte del popolo della sinistra, che si è defilato, che ha abbandonato il Pd verso l’astensionismo o, addirittura, verso forze populiste e antisistema. E non è un caso che, con una bassa percentuale di votanti, le ultime elezioni amministrative siano state vinte dalla destra.

Dicevo prima che, spesso, l’interesse particolare prevale sull’intesse generale.
Che la conduzione dell’amministrazione comunale di San Miniato non fosse all’insegna della trasparenza lo abbiamo percepito fin dal primo mandato. Ma le ultime vicende, che hanno coinvolto l’assessore Bertini, sono il segno più evidente di come si sia superato ogni limite.
L’interpellanza presentata dalla consigliera di “Immagina San Miniato” pone al Sindaco domande serie, alle quali non sarà più possibile rispondere in modo superficiale o evasivo.
Se si è approvata una variante urbanistica dopo che l’azienda, di cui l’assessore è legale rappresentante, aveva acquistato il terreno con destinazione agricola, è gravissimo!
Se i lavori per la costruzione dell’immobile sono iniziati prima che l’azienda, di cui l’assessore è legale rappresentante, avesse ottenuto il permesso a costruire, è gravissimo!

Di fronte a questi fatti, i sindaci Nello Baldinotti, Luciano Nacci, Pier Luigi Tonelli “si rivoltano nella tomba”.
Chiedo scusa ai loro familiari per questa citazione, ma non ho trovato un modo migliore per esprimere tutta la mia indignazione.
È mai possibile che di fronte a questioni così inquietanti, il Pd cerchi di minimizzare, come ha fatto il segretario Giglioli o, addirittura, di giustificare come ha fatto il capogruppo Spadoni?
E il sindaco? Qualcuno può pensare che era distratto? Che non fosse al corrente dei vari passaggi? Che il suo assessore preferito (già indicato come suo successore) non lo avesse informato?
C’è un unico modo per tentare di far tornare la fiducia nelle istituzioni locali: le dimissioni dell’assessore.
Oppure il sindaco, che non ha esitato a “cacciare”, in due occasioni, le assessore che “non andavano troppo d’accordo con lui”, potrebbe avvalersi delle sue prerogative e, di fronte a questioni così gravi, ritirare le deleghe.

In questi giorni è iniziata la Festa de l’Unità: la 27esima edizione da quando, nel 1991, decidemmo di organizzare un’unica grande festa a livello comunale. Io c’ero. Ero il segretario comunale del neonato Pds. Fui tra i principali promotori di quella scommessa.
Per anni mi sono dedicato, con passione e impegno, insieme a tanti compagni, all’organizzazione di quell’evento che ha rappresentato, per la nostra gente, un importante momento di aggregazione e crescita civile e, per me, una grande esperienza di formazione politica, culturale e umana.
Anche nei dieci anni in cui sono stato Sindaco (dal 1999 al 2009) non sono mai mancato agli appuntamenti politici della Festa e ho continuato, compatibilmente con gli impegni istituzionali, a dare il mio contributo come volontario al Ristorante, alla Pizzeria, nella vigilanza notturna o in altri settori in cui ci fosse bisogno.
Non ti nascondo che ricordo quei giorni con grande piacere, ma mi rattrista molto pensare che la Festa si sia aperta, quest’anno, pochi giorni dopo la chiusura de l’Unità.
Quel grande giornale, fondato da Antonio Gramsci, per anni quarto quotidiano più venduto in Italia, una volta diventato “il bollettino del giglio magico”, aveva un destino segnato!

In tutto quello che ho detto, cara Elisa, trovi i motivi veri per i quali ho deciso di lasciare il Pd.
Ma non ho intenzione di rifugiarmi nel “privato”.
Ho partecipato, lo sai, ad alcune iniziative di “Art. 1 MDP”. Ma se la prospettiva fosse quella di dar vita a una forza di sinistra, fortemente identitaria, senza una prospettiva di governo, non sarei interessato.
Oggi occorre costruire un soggetto unitario della sinistra, che sia promotore di una più ampia alleanza di centro-sinistra che abbia l’ambizione di governare l’Italia, mettendo al centro i valori dell’Uguaglianza, dell’Accoglienza, della Solidarietà. Con un programma che affronti le grandi questioni: Europa, Lavoro, Sanità, Scuola, Formazione e ricerca. Che segni una discontinuità con le politiche portate avanti dal PD negli ultimi tre anni.
Concludendo, tengo a precisare che la mia scelta è tutta politica e non mette in discussione la stima, l’affetto e la simpatia che nutro nei confronti di compagne, compagni, amiche e amici che, come te, continuano a stare nel PD, e credono che esso possa ritrovare quello spirito e suscitare quelle speranze che, dieci anni fa, furono essenziali per la sua nascita.

Angelo Frosini


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