Il libro, Il voto a sinistra nel Comprensorio del Cuoio, 1946-2006

Una storia culturale, antropologica e sociologica fatta parlando direttamente con i suoi protagonisti nel corso di un trentennio. E’ il libro recentemente pubblicato di Mario Caciagli, Addio alla provincia rossa. Origini, apogeo e declino di una cultura politica, Carocci editore, che analizza la parabola discendente della subcultura comunista nel Comprensorio del Cuoio, coi suoi momenti esaltanti di lotta ma anche di guida del governo locale e poi di declino, trova un’espressione di valore scientifico. Il testo sarà presentato il prossimo 19 maggio al circolo Arci di Marti, a Montopoli, a partire dalle ore 21,15. Interverranno insieme a lui alla presentazione Massimo Baldacci (docente presso il liceo classico “Galilei” di Pisa) e Roberto Cerri (direttore della biblioteca comunale “Gronchi” di Pontedera). Caciagli è professore emerito di Scienza politica a Firenze.
Il materiale-base del libro è costituito da 4 cicli di interviste effettuate a distanza di anni (1984-86, 1991-1992, 1995 soprattutto a giovani, 2005-2006 soprattutto a amministratori) a un campione di 250 “elettori costanti” del Pci (poi Pds/Ds) e dà quindi vita a un’opera in cui la vita palpita e rende difficile allo scienziato prendere le distanze dal suo materiale di studio, anche se al contempo avvince il lettore per umanità. Gli estratti delle interviste (anonimi) ci parlano delle idee di operai conciari e metalmeccanici, agricoltori, professionisti, imprenditori, studenti, pensionati, casalinghe, addetti ai servizi e danno conto di quanto la cultura politica sia cambiata in 20 anni. Dopo la lunga cavalcata tra le interviste sembra quasi che l’unico lascito dei passaggi compresi tra l’apogeo del Pci immediatamente successivo alla morte di Berlinguer e il periodo di poco precedente la nascita del Pd sia l’oblio. Un declino lento, alla fine del quale sembra essersi avverata la profezia del 25enne di Volpaio (San Miniato) che nel 1995 disse: “Quando saranno scomparse tutte le persone che hanno vissuto questa storia, si perderà davvero tutto”. Quanto lontano l’orgoglio del coltivatore diretto di Marti che nel 1984 disse: “Chi ha sempre dovuto faticare non può non essere comunista. Siamo nati con queste idee, ci siamo cresciuti, come si fa a cambiare? E poi si vede che il partito merita”. Poi cadde l’Urss e poco dopo anche il Pci ammainò la bandiera. Il legame sociale ne risentì perché il Pci interclassista poteva far dire nel 1984: “Qui a Ponte a Egola la gente si è arricchita e ha continuato a votare comunista. O che lo so perché?”. Perché la memoria era viva, sembra suggerire Caciagli. Tuttavia, se una storia è finita, non siamo alla fine della storia. Nelle interviste 2005-2006 risaltano valori civici come il sentimento di appartenenza alla comunità e al territorio, un senso di solidarietà non più veicolato dalla politica ma da lei lasciatoci in eredità. Teniamocelo stretto.
Nilo Di Modica