
“Il Partito Democratico è diventato la mia casa dopo un lungo percorso nella sinistra radicale, nel corso del quale ho imparato, tra le altre cose, che le scissioni raramente risolvono i problemi e più spesso ne aggiungono, specie se nascono da un ripensamento abbastanza profondo dell’analisi della società e dei temi su cui si divide”. Per questo Manola Guazzini, segretaria del Pd de La Serra non lascia il Pd e al congresso sostiene la candidatura a segretario di Orlando.
“I giorni immediatamente trascorsi sono stati molto sofferti a seguito delle vicende del Partito Democratico – spiega – e dopo una lunga e faticosa riflessione condivisa anche con altri compagni, compagne, amici, sono arrivata a queste considerazioni”. Dovute al fatto “che il Pd abbia bisogno di essere cambiato radicalmente è più che certo: al posto del sentimento di appartenenza a una comunità, tendono a sostituirsi cordate non sempre e non solo politiche. Probabilmente dovremo pagare il conto degli insuccessi di una politica economica che ha puntato tutto sulla liberalizzazione del mercato, su sgravi fiscali uguali per tutti e su bonus. Che certi cambiamenti non si possano fare con Renzi è più che lecito crederlo. Tra gli amici e i compagni che mi sono più vicini molti, non credendoci e non pensando che il Pd sia realmente contendibile, sono usciti. Io voglio invece scommettere sulla contendibilità e per questo sosterrò la candidatura del ministro Orlando. Cioè uno che proverebbe a costruire una struttura del Pd tale da consentire una discussione vera nei circoli e negli organismi dirigenti a tutti i livelli, a mediare in modo da coinvolgere tutte le anime del partito indipendentemente dalla loro collocazione in maggioranza o in minoranza, a invertire la tendenza che ha caratterizzato la segreteria Renzi a una leadership chiusa e incapace di collegialità, che ha prodotto riforme facilmente ‘azzoppabili’ perché confezionate ‘in casa’ da un gruppo ristretto. Io sono sicura che Orlando quanto meno ci proverebbe. Riuscirci è tutto un altro discorso, perché indubbiamente il ‘renzismo’ ha indebolito gli anticorpi di questo partito. Renzi invece ha ampiamente dimostrato, anche imponendo un percorso congressuale in modi e tempi che sono il contrario di quel che ci vorrebbe e non muovendo un dito per impedire uscite dolorosissime, anzi assecondandole, di non essere capace di imparare dai propri errori e dalle proprie sconfitte. Con Emiliano si cadrebbe dalla padella nella brace: da una leadership personalistica e con ambizioni populiste ad un’altra”.