Il Cuoio nell’urna, il Pd di zona fra SI e NO

6 dicembre 2016 | 19:46
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Il Cuoio nell’urna, il Pd di zona fra SI e NO

I primi ad avere la cognizione di cosa stava succedendo nelle urne domenica sera, nel cuore di una provincia spaccata perfettamente a metà (Si 50,2% e No 49,8%), nel Comprensorio del Cuoio sono stati, come sempre, gli abitanti di Tavolaia, infinitesimale frazione di Santa Maria a Monte inerpicata fra Cerbaie e Padule di Bientina. E’ qui che in qualche modo è cominciata la grande conta al termine della “guerra civile fredda” che ha imperversato in lungo e in largo nel Paese ed anche nella Zona Cuoio, dove alle ore 11,15 le schede avevano già dato il responso: 35 No e 34 Si, su un totale di appena un centinaio di aventi diritto.

Una situazione non dissimile anche alla totalità del Comprensorio “a sei comuni”, dove tralasciando i termini in dati assoluti, il “Si” ha vinto con il 53,73%, ben al di sotto dei dati nazionali. Eppure quest’onda di terremoto che ha attraversato il cuore dell’area pisana, inusitatamente “decapitata” da un No che prevale, a sorpresa, nel capoluogo, restituisce un quadro complesso e a macchie di leopardo nella Zona Cuoio. Ma neanche troppo. Come avvenuto in passato per le analisi de ilCuoioindiretta.it, l’Arno, ancora una volta, torna ad essere protagonista. Il grande fiume, più dei limiti amministrativi, si pone in quest’ultimo lembo delle province di Pisa e Firenze come confine reale fra due mondi. Capitale “gigliata” del Comprensorio, persino più di Fucecchio, è San Miniato, che col suo 59,5% si conferma assolutamente attratta, politicamente, dal capoluogo Toscano. Vittorio Gabbanini ed il suo Pd, da sempre al centro di dinamiche a dir poco “balcaniche” si rivelano a questo giro la realtà più stabile e affidabile dell’intera provincia, e pure qualcosa di più. Segno che dove il partito è ancora presente sul territorio (e nel sanminiatese si registra da sempre una situazione ormai anomala altrove, con oltre sette circoli) magari ci si scanna sulle questioni locali, ma la complessità trova la sua univocità quando la questione è nazionale. Loro, più di altri, i veri vincitori nel comprensorio, pure in un deserto dove i tartari sono alle porte. Montopoli, che piaccia o no ai montopolesi, si conferma parte di questo andamento, complice forse anche la sostanziale inesistenza di forti opposizioni di affiliazione nazionale.

Tutt’altro discorso è doveroso farlo per l’altra sponda dell’Arno, dove nel lato pisano più ci si avvicina alla costa, più il No prevale. La linea del fuoco è Santa Croce dove, secondo indiscrezioni, i vertici del Partito Democratico, oltre che del comune, non avrebbero gradito un “misero” 52,63%. Dubbi strani, se si considera che da sempre Santa Croce ha un elettorato molto più affine a quello di Castelfranco, con cedimenti a destra nelle consultazioni nazionali e “ritorni all’ovile” solo in occasione delle comunali. Vero problema di Santa Croce, semmai, è quello di avere un elettorato in pieno movimento: il Pd cede pezzi che, a sinistra e verso i grillini, rispondono all’eco del No, complici anche sponsor eccellenti; la destra, destrutturata come non mai, non inquadra i suoi e di fatto li lascia liberi di decidere, come a Staffoli, dove il Si stranamente prevale. La Lega fa il suo, che a Santa Croce non è affatto poco. Qualcosa di estremamente nuovo, o molto vecchio, cova in quel centro storico. E qualcuno forse, in mezzo a quelle tante aziende dove la paventata instabilità ha persino aiutato la riforma, pensava di avere una “macchina perfetta” fra le mani. Il partito non è un isola, né un blocco di marmo, e ahimè l’89 arriva ovunque.

Il paese dei soggetti forti, a nord del Comprensorio, però, è probabilmente Castelfranco, dove il primo a consolidarsi paradossalmente è il sindaco. Lui, più di chiunque altro, incarna la sintesi di un partito in un comune dove Renzi, diciamocelo, non è mai piaciuto granché né a destra né a sinistra. Schierato lealmente per il Si, Toti ha posto questa scelta in mezzo ad una nuvola di hastag su Facebook e Twitter, di “malgrado Renzi” e di “però”, che non lasciano molto spazio all’immaginazione circa le sue reali tendenze, tutt’altro che fedeli alla linea. I risultati nelle frazioni, ad Orentano e Villa Campanile, confermano questi dubbi. Cosa, questa, che alla sinistra del partito non può che far piacere, considerando che anche qui come a Santa Croce, il No, aveva sponsor eccellenti fra le file degli ex amministratori. Onore salvo, sinistra accontentata: Toti a questo giro fa sintesi e fa centro. Anzi, “estremo centro”, tanto per citare un felice slogan degli anni ’90. Nel comune, però, non è l’unico a consolidarsi. Se in politica le coincidenze raramente esistono, non può esserlo il fatto che nel panorama comprensoriale il No vince dove forze esterne al Pd sono particolarmente forti e coese. Il Movimento 5 Stelle “tiene botta” in quel di Castelfranco, aiutato da un centro storico in cui i renziani proprio non sembrano far breccia, malgrado deleghe e giovani promesse.

Ben più e ben altro andrebbe scritto su Santa Maria a Monte, dove tutto cambia affinché niente cambi. Comune “ballerino” da sempre e “diverso” per colore politico ad oggi, finisce per esserlo anche a questo giro, dove il No prevale aiutato dal gran lavoro del centrodestra. A dargli una mano però è anche Montecalvoli, dove nuovismo e renziani non han sfondato mai, e a questo giro rischiano pure di evocare brutti ricordi. Un po’ strana, ma ascrivibile ad una dinamica che vede tutte le Cerbaie votare “contro”, Cerretti, dove il radicamento storico della destra non basta ad arginare il Si. 

Il quadro generale, infine, consegna qualche sorpresa qua e la, ma una tendenziale conferma della natura profondamente politica e nazionale del voto di domenica, dove a tremare sono solo i comuni che ormai da anni, alle tornate nazionali, non rispecchiano i colori prevalenti a livello locale. La cornice, un Pd che tiene nei luoghi dove storicamente è radicato da sempre, cedendo terreno dove invece il suo potere o la sua organizzazione scricchiolano. Una competizione che per adesso, almeno da quel che pare muoversi nelle segreterie del Partito Democratico, non avrà immediati effetti negli assetti. Tutto, o quasi, si cristallizza in vista del congresso in cui equilibri fra influeneze fiorentine e pisane potranno subire stravolgimenti solo ad una condizione: Enrico Rossi e la sua canditatura, che come ci dice in queste ore un vecchio militante “o si concretizza ora, o non si concretizzerà mai più”. 

Nilo Di Modica