
“Una piazza a Oreste Ristori, degnissimo figlio di questa città”. La richiesta è di Rifondazione Comunista San Miniato in risposta, spiegano, “alla proposta di un consigliere della destra di intitolare una via al vescovo fascista Giubbi”, ritenuta da Rifondazione “sconcertante e non potrà certo essere presa minimamente in considerazione dal consiglio comunale.
Giubbi, fascista non pentito, secondo testimoni dell’epoca e storici quotati ebbe un ruolo ambiguo se non complice nella strage del duomo di San Miniato: con gran solerzia aiutò i nazisti a rinchiudere la gente in duomo, poi benedisse tutti, lasciò qualche santino e scappò. Poco dopo avvenne lo scoppio e la strage. Chi c’era sa bene come andò. E questo andrebbe scolpito nel marmo così come è scolpito nella mente dei vecchi saminiatesi, non certo il discutibile nome del vescovo nero sul ciglio di una via. Quel nome sarebbe un’onta incompatibile con una toponomastica democratica. E siamo sicuri che non accadrà mai”. Secondo Rifondazione, quindi, San Miniato ha ben altre persone da onorare. “Ad esempio Oreste Ristori, saminiatese classe 1874, che da sottoproletario incolto divenne uno dei più importanti attivisti politici del secolo scorso. Ristori fu un esperto oratore, richiestissimo conferenziere, scrittore, giornalista, autore di opere importanti sull’emigrazione italiana. Ai primi del Novecento fu uno dei primi a denunciare gli abusi dei sacerdoti contro i minori in Brasile, facendo emergere la realtà orribile degli abusi sessuali negli orfanotrofi del clero. Nel 1922 aderì al manifesto del movimento comunista di Rio de Janeiro. Perseguitato dalla dittatura, tornò in Italia nel 1936, da dove ripartì subito per andare a combattere con i republicani spagnoli. Nel 1940 tornò di nuovo in italia e tre anni dopo a Empoli fu il primo a celebrare pubblicamente la caduta di Mussolini: arrestato e condotto al carcere delle Murate a Firenze, venne fucilato dai fascisti per rappresaglia il 2 dicembre 1943 insieme ad altri anarchici e comunisti. Perciò, per ricordare la differenza tra chi il fascismo l’ha combattuto e chi no, per mantenere viva la memoria e quella sostanziale differenza dei comportamenti umani, che anche le istituzioni saminiatesi dovrebbero salvaguardare degnamente”.