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“Prediligere comunità vive a chiese con le porte chiuse”: il futuro della Diocesi negli occhi del vescovo

29 febbraio 2024 | 11:39
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“Prediligere comunità vive a chiese con le porte chiuse”: il futuro della Diocesi negli occhi del vescovo
“Prediligere comunità vive a chiese con le porte chiuse”: il futuro della Diocesi negli occhi del vescovo
“Prediligere comunità vive a chiese con le porte chiuse”: il futuro della Diocesi negli occhi del vescovo
“Prediligere comunità vive a chiese con le porte chiuse”: il futuro della Diocesi negli occhi del vescovo
“Prediligere comunità vive a chiese con le porte chiuse”: il futuro della Diocesi negli occhi del vescovo
“Prediligere comunità vive a chiese con le porte chiuse”: il futuro della Diocesi negli occhi del vescovo

A un anno dal suo arrivo, don Giovanni ha parlato con i giornalisti di intelligenza artificiale e comunicazione umana

Conciliare umanità, etica e intelligenza artificiale. E’ questo l’invito di Papa Francesco, che nel suo messaggio per la giornata delle comunicazioni sociali ha ripreso il tema già approfondito nella giornata della pace. Con l’invito a non fuggire la novità ma a guidarla in un cambiamento utile, il vescovo di San MiniatoGiovanni Paccosi ha ragionato di questo messaggio con i giornalisti della diocesi in occasione di san Francesco di Sales.

Don Giovanni ha sottolineato “l’insostituibilità dello sguardo umano. Se siete qui – ha detto – percepite il valore di avere radici solide”. A volte “le persone si rinchiudono in circoli, dando supporto a convinzioni che sembrano credibili perché si auto rinforzano, anche quando sono fuori dalla realtà”. E’ aperta, invece, la Chiesa in uscita, quella che guarda al sinodo, che accoglie, ascolta, ragiona e si mette nei panni dell’altro ma con gli occhi di Gesù.

E proprio della Chiesa di cui è pastore, quella di San Miniato, don Giovanni ha parlato a lungo con un sorriso paterno, simile a quello che riserva ai discorsi sull’America Latina, che per Comunione e liberazione continua a custodire. E sembra quasi volerle integrare nella sua idea di questi mondi: una Chiesa un po’ più samminiatese in sud America, ma decisamente più latina a San Miniato. A un anno dal suo ingresso in diocesi, a giubileo diocesano concluso e alle porte di quello 2025, per il vescovo è tempo di bilanci: è di un anno infatti, il tempo minimo che in genere un nuovo vescovo si prende prima di apportare cambiamenti in diocesi.

“Non stravolgerò la diocesi – assicura – ma mi piacerebbe lavorare in due direzioni principalmente: il cammino sinodale a cui tengo particolarmente e la riorganizzazione delle strutture delle parrocchie”, nella convinzione che la chiesa non è la struttura ma la comunità. E una chiesa con 5 persone che la frequentano è una piccola comunità, che richiede grande lavoro a un sacerdote e che invece potrebbe essere unita ad altre piccolissime comunità per farne una più grande, esaltando la bellezza dello stare insieme e riducendo l’impegno del sacerdote. Una Chiesa che può sempre contare sui sacerdoti, ma che poggia sui laici, saldi nei propri ministeri. “A San Miniato per esempio – spiega – ci sono tante parrocchie, ma tutte con lo stesso parroco e viceparroco che devono gestire tutte le strutture, celebrare tutte le messe, tenere aperte tutte le chiese. Mi piacerebbe scoprire e vivere forme nuove, che rendano più vive le nostre comunità. In Perù avevo una parrocchia di 60mila abitanti (in diocesi siamo 180mila). A volte l’ho pensato che se ci fossero stati più preti, magari 4 parrocchie sarebbero state meglio, ma giusto 4 ecco”.

Gli accorpamenti, d’altra parte, ci sono già con le unità pastorali e anche questa è una direzione che la Chiesa ha preso da tempo: prediligere comunità vive a chiese con le porte chiuse. Della Chiesa di San Miniato, comunque, sono più le cose da tenere. Qui “ho scoperto uno stile di Chiesa tipicamente sanminiatese”. Con tratti comuni a tutte le chiese del mondo ma qui “Ho trovato certe particolarità, che poi sono solo accenti, perché la Chiesa è una. Ad esempio la passione per il canto corale. Mi colpisce poi la ricchezza delle tradizioni, che non sono solo folklore, ma sono la trasmissione della fede che ha percorso i secoli”. E, poi, “la ricchezza dell’associazionismo, dal volontariato al servizio ai più poveri, alle associazioni che aiutano a vivere la fede. Un’altra caratteristica della Chiesa di San Miniato è il suo essere una diocesi decentrata, fatto che le dona una bellezza multicolore”.