Allarme dazi dopo la vittoria di Trump, la Filctem Cgil: “Cibo e moda rischiano un ulteriore colpo”

Il segretario generale di Pisa Alessandro Conforti sui sostegni dal ministero: “Pelletteria esclusa, limite temporale e con il tetto ai 15 dipendenti si escludono importanti realtà”
Taglio ai regolamenti ambientali, revisione degli interventi bellici in giro per il mondo, ma soprattutto: dazi. È quest’ultimo lo spettro più grande che si aggira per gli ambienti imprenditoriali dopo il successo di Donald Trump negli Stati Uniti di un paese come il nostro che vive di esportazioni. Non fa eccezione il settore conciario santacrocese, per il quale questa notizia può rappresentare, secondo alcuni analisti, l’ennesima doccia fredda in un anno segnato dalla crisi più nera.
Così almeno la pensa la Cgil, che da mesi lancia l’allarme sullo stato di crisi del settore moda e il prossimo 12 novembre sarà impegnata, con gli altri sindacati confederali, alla manifestazione regionale Il lavoro non è fuori moda che si terrà a Firenze. “Se Trump davvero attuerà le sue promesse non è certo una buona notizia per tutti noi – dice Alessandro Conforti, segretario generale della Filctem Cgil di Pisa – America First significa incentivare prima di tutto il mercato e la produzione americane, attuare una politica di reindustrializzazione in sede e comunque tassare ciò che viene dall’estero. Noi italiani abbiamo principalmente due settori sicuramente coinvolti che sono il cibo e la moda. Il mercato russo lo abbiamo perso a seguito della guerra e delle sanzioni, il Medio Oriente è bloccato dall’incertezza sempre per la guerra. La Cina sta puntando sulle nazionalizzazioni a Hong Kong e sul mercato interno. Il poco lavoro che arriva oggi dipende molto dal nordamerica e su questo i dazi possono essere un serio problema”.
Parole che corrono in parallelo con le preoccupazioni sempre presenti in merito alla crisi del settore e alle recenti decisioni prese dal ministero del lavoro sulle misure per sostenere il settore conciario e non solo. “La misura è in Gazzetta Ufficiale. Alla fine saranno otto settimane di cassa integrazione in deroga per aziende dell’artigianato e l’industria con meno di 15 dipendenti. Ci arriviamo al 31 dicembre. Ma non è assolutamente sufficiente – dice ancora Conforti. – Intanto sono coinvolti tutti i settori del comparto moda tranne la pelletteria. In provincia di Pisa questo può non interessare, perché la pelletteria rappresenta meno del 5 per cento del totale del lavoro. Ma a Firenze come la mettiamo? Non è un caso se in occasione della manifestazione regionale che faremo il 12 i lavoratori della provincia di Firenze sciopereranno, anche. In più, porre un discrimine sui 15 dipendenti significa tagliar fuori importantissime aziende che spesso lavorano nel lusso per committenti importanti e proprio per questo hanno una media di 20 addetti. In generale, poi, la crisi non si fermerà certo il primo di gennaio”.
Il nodo, ancora una volta, è la tutela del made in Italy. “Dovremmo innanzitutto cominciare a decidere cosa è Made in Italy – continua il sindacalista. – Circa venti anni fa, in piena era Berlusconi, fu fatta una legge che in sostanza consentiva alle aziende di importare in Italia prodotti non finiti che per l’80% erano stati fatti altrove. Se il 20% lo si fa qui, è Made in Italy. Questo portò a suo tempo a numerose delocalizzazioni di aziende che dall’italia si buttarono sull’Est Europa. Ripensare a questo genere di normative, ad esempio, è un modo per provare a riflettere sul futuro del Made in Italy e su come si tutela, insieme alla tutela dei lavoratori. Ma per fare questo servirebbe fare quello che da mesi andiamo ripetendo insieme alle altre parti sociali: mettere in piedi subito un tavolo della moda davvero unitario, che comprenda anche quei settori che sono stati esclusi dalle deroghe e dagli ammortizzatori sociali, come la metalmeccanica che produce parti in metallo per la pelletteria, ma anche la chimica o la logistica. Un tavolo al quale devono essere chiamati anche i grandi marchi. Qui in Toscana, dove abbiamo Prada e Gucci, anche la Regione può avere un ruolo importante”.