distretto del cuoio |
in Azienda
/

“Il 90% delle aziende sta chiedendo la Cassa. A settembre qualcuno potrebbe non riaprire”. Ora il rischio sono i licenziamenti collettivi

8 luglio 2024 | 12:01
Share0
“Il 90% delle aziende sta chiedendo la Cassa. A settembre qualcuno potrebbe non riaprire”. Ora il rischio sono i licenziamenti collettivi

Allarme dei sindacati: “E’ necessario azzerare i contatori della Cassa o dopo il mese di luglio i lavoratori si troveranno a piedi”. Direttamente toccati 800 posti

Il 90% delle aziende sta chiedendo la cassaintegrazione, che riguarda un totale di 3mila persone. E’ questo il tremendo quadro del Distretto di Santa Croce dipinto dai sindacalisti Alessio Bini della Filctem che segue Ponte a Egola, Marcello FamiliariFemca Cisl Pisa e Dia Papa DembaUiltec Pisa, oltre al segretario generale della Filctem di Pisa Alessandro Conforti.

“E’ necessario azzerare i contatori della Cassa o dopo il mese di luglio i lavoratori si troveranno a piedi”: è l’allarme unitario lanciato da Cgil, Cisl e Uil a un punto della crisi, ha spiegato Conforti, “in cui i spiragli d’uscita non si vedono prima della prossima primavera. É finita la cassa integrazione artigianato, quella che copre gran parte delle aziende. Noi ce ne siamo accorti perché sono crollate le richieste e non perché sia ripartito qualcosa”.

Ma il rischio è che da luglio “manchino ammortizzatori, il mercato è fermo e il rischio è che a settembre qualcuno non riapra. La richiesta nostra serve ad arrivare a primavera 2025, quando forse ripartirà la concia. E se parte la concia a primavera 2025 vuoi dire che il settore moda riparte a ottobre 2025. Al momento i tre distretti industriali della moda, quindi anche Scandicci e Prato, sono fermi. Il rischio è che si perdano aziende che poi non ci saranno quando arriverà la ripartenza. Se davvero si vuol tutelare il Made in Italy bisogna partire da dove si produce”.

Difficile per ora fare una stima precisa di quanti potrebbero perdere il lavoro. Anche se Conforti l’azzarda: “Quanti sono gli addetti diretti nel nostro territorio per il settore? Circa 7mila. Ecco, una stima ottimistica è che questa crisi, in assenza d’iniziative della Regione e del Governo, vada a toccare direttamente il lavoro del 10-15% di queste persone”. In parole povere: circa 800 persone.
“E stiamo parlando di tutti, nessuno escluso – precisa Marcello Familiari, segretario regionale della Femca Cisl –. I conto terzisti ovviamente fanno un uso massiccio della Cassa, ma anche nelle concerie, che pure ai minimi ma lavorano, ne fanno largo uso magari facendo la settimana corta. O anticipano le ferie. Ma presto potrebbero arrivare i licenziamenti collettivi. La cosa ovviamente fa meno rumore nel nostro settore perché i licenziamenti avvengono a macchia di leopardo all’interno di tante piccole e medie aziende. Ma pensiamo un attimo a che tipo di reazione potremmo aspettarci se la Piaggio domani annunciasse di colpo il licenziamento di 700 o 800 persone. Scoppierebbe il finimondo”.

Licenziamenti che, per la verità, già ad inizio anno in piccola parte sono partiti: “Attualmente abbiamo conteggiato circa 120 licenziamenti da gennaio in aziende sopra i 15 dipendenti – precisa Conforti -. Cosa avvenga nelle aziende più piccole noi non possiamo saperlo con certezza, anche se è probabile che il nostro dato sia confermato anche in quella fascia, quindi sono probabilmente 240 le persone che hanno già perso il lavoro. Senza mai dimenticare che circa il 10% delle persone che lavorano nel settore, poi, sono interinali, quelle noi non le calcoliamo perché non sono licenziate. Semplicemente non gli viene rinnovato il contratto. Un altro pezzo di ricchezza che se ne va”.

C’è poi tutta la partita che riguarda i lavoratori stranieri, con la storica presenza della comunità senegalese che dai primissimi anni ’90 si è insediata a Santa Croce sull’Arno e, come precisato da Dia Papa Demba della Uitec Pisa “adesso se ne stanno progressivamente andando”. Senza dimenticare la perdita del cosiddetto ‘know how’, quel saper ‘fare che’, in un’ottica di necessario seppure azzardato ottimismo, quando tornerà la ‘ripresina’ attesa per la primavera del 2025, rischiamo che venga a mancare. “Paradossalmente, se poi ci sarà una ripresa, il rischio è che l’anno prossimo manchino poi le forze per rispondere alle domande – specifica Papa Demba -. E manchino quelle figure professionali specializzate che negli anni sono state formate, spesso a fare lavori che i lavoratori italiani non vogliono fare. Non si troveranno”.

“Come – precisa anche Conforti – si rischia che la rete produttiva perda dei pezzi fondamentali. Non tutte le concerie hanno al loro interno, nella catena di produzione da loro controllata, tutte le varie fasi di lavorazione. Se mancano i conto terzi, si ridurrà poi la capacità di questo comparto di rispondere ai cambiamenti e alle richieste”.

Di qui la richiesta urgente alla Regione, ma anche al Governo, con il quale il presidente Eugenio Giani è chiamato ad interagire. “Una soluzione a questi problemi può essere trovata solo con un decreto ministeriale – per i sindacalisti –. E’ fondamentale che il presidente Giani, che già venne a Santa Croce a prendersi degli impegni nelle settimane scorse, faccia al più presto pressione sul Governo e faccia capire che urge una misura che dia respiro a tutte queste persone e a tutte queste aziende. Nell’ottica, come annunciato in questi mesi, di aprire un tavolo che coinvolga come si è detto in passato anche le grandi firme”.