“Molte incognite hanno reso meno brillanti alcune performance”: la concia tra bilanci e nuove prospettive

Ecosostenibilità, salute e sicurezza sui luoghi di lavoro sono ormai irrinunciabili per operare sul mercato
Il mercato globale resta insidioso ma restano anche le qualità che rendono la conceria italiana insostituibile della fashion industry.
Presente e futuro della concia made in Italy partono da queste consapevolezze, con i conciatori italiani che guardano alle sfide del 2024 come a una occasione per ribadire la leadership del comparto.
“Dalle questioni geopolitiche internazionali – spiega Fabrizio Nuti, presidente di Unic Concerie Italiane – alle nuove tendenze al consumo passando per l’aumento dei costi energetici e la necessità di tutelare in modo specifico le esigenze del settore: sono diverse le incognite che hanno investito l’industria conciaria determinando inevitabilmente una minore brillantezza di alcune performance nell’anno che si sta per concludere. Ma è proprio in tale contesto che il valore dei risultati ottenuti dalle nostre aziende si può considerare ancora maggiore. Il dato è quello di un’industria, la concia italiana, che anche al termine del 2023 consolida il suo primato, per un valore di circa due terzi della concia in Europa e un quarto di quella mondiale.
L’intero sistema economico nel quale ci muoviamo è stato messo alla prova quest’anno dagli strascichi del conflitto in Ucraina, dopo aver fronteggiato le nuove tendenze al consumo determinate dalla pandemia. Tra i mercati storicamente forti per l’export della concia italiana, abbiamo registrato un calo in Cina, Hong Kong e America, ma non sono mancate conferme. Non si è mai interrotto il dialogo delle nostre aziende con il segmento del lusso, che ci auspichiamo possa ritornare a crescere in modo significativo. Del resto, i primi dati che emergono in vista della organizzazione della prossima edizione di Lineapelle testimoniano la vitalità complessiva del comparto i cui operatori si stanno già muovendo con slancio guardando ai prossimi appuntamenti del settore”.
Ecosostenibilità, salute e sicurezza sui luoghi di lavoro sono ormai requisiti irrinunciabili per le aziende che vogliono operare con successo nel mercato. “La concia italiana ha maturato una solida esperienza in tema di sostenibilità ambientale attraverso un percorso avviato già 50 anni fa e si è mantenuta proprio grazie a questo impegno, organizzandosi in distretti che hanno agevolato una reale sostenibilità che nel comparto non ha uguali al mondo. Sarebbe importante che le istituzioni premiassero questo approccio della concia italiana, anche attraverso un dialogo che veda recepite le nostre istanze”.
Il riferimento è anche al regolamento UE 115/2023 in tema di deforestazione, che entrerà in vigore nel 2025 e prevede la tracciabilità del pellame a partire dall’allevamento. L’Italia importa circa il 95% della materia prima e spiega il presidente Unic, “questa tracciabilità ha dei costi di cui allevatori e macellatori difficilmente vorranno farsi carico, per cui è immaginabile che venderanno le pelli ad altri Paesi, dove saranno lavorate per poi rientrare comunque in Europa”.
Dal dialogo con le istituzioni a quello con gli altri operatori della filiera pelle: consolidamento e crescita della concia passano anche dalla sinergia tra gli stakeholder dell’intera industria della moda. “Fare rete e mantenere costante il dialogo tra i diversi attori del sistema della moda può rendere tutti più forti e consapevoli. Per esempio, pensiamo al tema della formazione di nuove risorse da impiegare non solo nel conciario, ma nell’intero ambito manifatturiero che oggi lamenta la difficoltà di trovare figure tecniche per il settore. Anche questa è una sfida in cui Unic continua a investire. Dal coinvolgimento di giovani studenti degli istituti medi inferiori alle collaborazioni con scuole internazionali di moda passando per la ricerca condivisa con l’Università: sosteniamo diversi strumenti finalizzati a una sensibilizzazione trasversale sulle opportunità di studio e lavoro connesse al conciario”.