Industria calzaturiera, giù l’export. Diminuisce il numero delle imprese toscane

I dati Infocamere – Movimprese, per il primo semestre 2023. Trend favorevole per il numero di addetti
Industria calzaturiera, in Toscana nel primo semestre 2023 il numero di imprese attive (tra calzaturifici e produttori di parti) ha registrato, secondo i dati di Infocamere – Movimprese, un calo di -70 aziende sullo scorso dicembre, tra industria e artigianato, accompagnato da un saldo positivo di +359 addetti. Per quanto riguarda le ore di cassa integrazione guadagni autorizzate da Inps nella prima metà dell’anno per le imprese toscane della filiera pelle, si registra una crescita del +6,9 per cento rispetto allo stesso periodo del 2022: sono state autorizzate 1,2 milioni di ore, un numero quasi 4 volte superiore (+289 per cento) rispetto alla situazione pre emergenziale del 2019.
A livello nazionale si chiude in positivo, ma con più di un’ombra sull’evoluzione futura, il primo semestre del 2023 per il comparto calzaturiero italiano, con una crescita del fatturato (+7,4 per cento) e dell’export (+10,2 per cento in valore nei primi 5 mesi). Sono però le quantità a soffrire: -6,8 per cento quelle esportate e -5,7 per cento quelle realizzate (secondo l’indice Istat della produzione industriale). Battuta d’arresto in maggio e giugno per gli acquisti delle famiglie, con una prima metà dell’anno su ritmi molto blandi (-1,2 per cento in spesa e -3,4 per cento in volume). Questa, in sintesi, la fotografia scattata dal centro studi Confindustria moda divulgata al Micam, il salone internazionale della calzatura in corso a fieramilano (Rho).
Sul fronte dell’export, in controtendenza rispetto all’andamento nazionale si registra una flessione del -12,9 per cento in valore sul primo semestre 2022, tra calzature e componentistica (con un -2,1 per cento sui livelli pre pandemia di gennaio – giugno 2019). Un arretramento da interpretare anche alla luce di dinamiche puramente distributive attuate dalle multinazionali del lusso, con il forte calo della Svizzera (a favore di invii diretti ai mercati finali, senza transito nei depositi elvetici) e la spedizione all’estero di merce prodotta in Toscana effettuata da altre regioni.
Nella prima metà del 2023 sono stati esportati beni per 1,3 miliardi di euro. Le prime 5 destinazioni dell’export toscano, che coprono il 69 per cento del totale, sono risultate: Svizzera (-39 per cento), Usa (-5,8 per cento), Francia (+27,4 per cento), Cina (133,8 per cento) e Paesi Bassi (+13,7 per cento). Crollo ulteriore per i flussi verso Russia e Ucraina: -32,3 per cento complessivo rispetto ai livelli dello scorso anno, già pesantemente colpiti dallo scoppio della guerra (nel gennaio-giugno 2022 l’export toscano verso questi due mercati era sceso infatti del -47 per cento).
La Toscana è la terza regione italiana per export calzaturiero, con una quota del 19,8 per cento sul totale Italia. Dopo un primo trimestre chiuso con un -6 per cento su gennaio – marzo 2022, la seconda frazione ha registrato un -19,5 per cento tendenziale.
Giovanna Ceolini, presidente di Assocalzaturifici, commenta così lo scenario nazionale: “Il rallentamento ampiamente previsto si è infine palesato nel secondo trimestre dell’anno in corso. Al forte rimbalzo del 2021 registrato dopo il crollo procurato dai lockdown e al proseguimento del recupero nel corso del 2022 – pur su ritmi comprensibilmente meno sostenuti, via via che i livelli di attività si normalizzavano – ha fatto seguito, dopo un avvio 2023 ancora favorevole in gran parte delle variabili congiunturali, una marcata decelerazione. A cominciare dalle esportazioni, da sempre il volano del settore, che nel bimestre aprile – maggio hanno evidenziato, dopo gli incrementi a doppia cifra dei mesi precedenti, solo una debole tenuta in valore (+1 per cento), accompagnata da una battuta d’arresto in volume (-14,9 per cento). Nei primi 5 mesi registrano incrementi in valore tutte le principali destinazioni dell’export, ad eccezione della Svizzera che segna un -13,6 per cento (con un -29 per cento nelle paia), del Regno Unito (-2,6 per cento) e del Canada (stabile, -0,5 per cento, ma in forte calo in quantità)”.
Sempre a livello nazionale, indicazioni sinora decisamente premianti, malgrado le recenti preoccupazioni per il rallentamento dell’economia nazionale, provengono dalla Cina (+20,4 per cento in volume e +43,4 per cento in valore), dove il prezzo medio, di gran lunga il più elevato tra quello dei principali mercati di sbocco della calzatura made in Italy, indica chiaramente come tali numeri siano legati soprattutto alle performance delle grandi multinazionali del lusso, in un mercato non di facile approccio per le aziende con marchio proprio.
“Si registra inoltre – continua Ceolini – sempre in ottica nazionale, un rimbalzo in Russia e Ucraina (+37 per cento e +56 per cento in valore rispettivamente), anche se va tenuto conto che il raffronto avviene su un periodo in cui l’inizio del conflitto aveva fatto crollare le vendite verso i due mercati coinvolti. I livelli attuali, nonostante il rimbalzo sul 2022, sono assai vicini (+1,2 per cento) a quelli dei primi 5 mesi 2021, peraltro già molto colpiti dalla pandemia, in cui non c’era la guerra. Infine, il saldo commerciale, trainato dalle vendite estere, ha sfiorato nei primi 5 mesi i 2,5 miliardi di euro (+14,2 per cento)”.
Sviscerando sempre nel dettaglio il report coi dati riferiti all’Italia intera, emerge che nei primi 5 mesi dell’anno l’export di calzature si è attestato a 87,9 milioni di paia, operazioni di pura commercializzazione incluse: 6,4 milioni di paia in meno rispetto al gennaio – maggio 2022 (-6,8 per cento). Il prezzo medio al paio, salito a 62,47 euro, segna un +18,2 per cento.
Analizzando le macroaree, sia i partner dell’Ue, cui sono dirette 2 scarpe su 3 vendute oltreconfine, che le destinazioni extra Ue evidenziano una crescita in valore e un calo nelle quantità; quelli intra Ue, però, presentano andamenti migliori (-4,5per cento in volume e +14 per cento in valore) rispetto agli sbocchi più lontani (-10,9 per cento e +7 per cento rispettivamente nel complesso). Nell’ambito dei mercati comunitari, oltre alla Francia – che occupa saldamente il primo posto nella graduatoria generale dell’export, sia in quantità che in valore, e che registra un +19,6 per cento in valore e un -2,9 per cento in volume – tra le principali destinazioni figurano la Germania (quarta, ma seconda per volumi, che cresce del +8,4 per cento in valore ma con un -15,5 per cento nelle quantità), la Spagna e i Paesi Bassi (con crescite interessanti sia in volume che in valore), il Belgio (con aumenti modesti) e la Polonia (+10,2 per cento in valore ma -5,2 per cento in quantità).
Frena il nord America: malgrado la sostanziale tenuta in valore, Usa e Canada evidenziano contrazioni superiori al -20 per cento nelle paia. Trend penalizzante anche nel Regno Unito (-2,6 per cento in valore, con -13,8 per cento in quantità), già in difficoltà sia nel 2021 che nel 2022. Performance incoraggianti, invece, nel Far east, cresciuto globalmente del +29,4 per cento in valore e del +7,1 per cento in quantità. Evoluzione favorevole negli Emirati Arabi (+37,7 per cento in valore) e in Turchia (che registra incrementi superiori all’80 per cento sia in volume che valore, nonostante la svalutazione della lira).
Il dettaglio per tipologia merceologica mostra andamenti disomogenei in valore e cali generalizzati in volume, con l’eccezione delle pantofole (che, al contrario, crescono in volume ma flettono in valore). Il comparto delle calzature con tomaio in pelle – primo per importanza con un’incidenza del 63 per cento sulle vendite estere in valore – presenta un aumento prossimo al +13 per cento (con un -5,3 per cento nelle paia a confronto con gennaio-maggio 2022 e un -15,2 per cento sui livelli pre – Covid del 2019).
Sul fronte dei consumi interni, secondo il fashion consumer panel di Sita ricerca per Assocalzaturifici, dopo un avvio d’anno all’insegna del recupero i tre mesi successivi hanno visto una netta riduzione degli acquisti di calzature da parte delle famiglie italiane, con flessioni particolarmente significative in maggio e giugno. Complessivamente la seconda frazione dell’anno ha registrato cali del -9,8 per cento in termini di paia e del -7,9 per cento in valore, annullando i progressi dei mesi precedenti e portando in terreno negativo il cumulato dei primi 6 mesi.
In merito alla demografia delle imprese, l’onda lunga dell’eccezionale crisi innescata dalla pandemia ha portato in Italia ad un saldo negativo di -122 realtà calzaturiere, tra industria e artigianato, nei primi 6 mesi dell’anno (pari al -3,2 per cento rispetto a fine dicembre, secondo i dati diffusi da Infocamere – Movimprese) dopo il pesante arretramento rilevato a consuntivo 2022. Per quanto riguarda il numero degli addetti, è proseguito il positivo rimbalzo innescatosi lo scorso anno: a fine giugno si contavano 73mila 665 addetti (il +1,8 per cento rispetto a dicembre). Il divario con il consuntivo 2019 è però ancora di oltre 1.200 unità.
Nei primi 6 mesi del 2023 sono state autorizzate da Inps per le aziende della filiera pelle 7,5 milioni di ore di cassa integrazione guadagni, in flessione del -5,6 per cento rispetto alla prima metà dello scorso anno, ma il balzo delle ore nel secondo trimestre (+44 per cento) – assieme al peggioramento del quadro economico generale – preannunciano nuove tensioni.
Attese molto caute, infine, per la seconda parte dell’anno, stante il clima di incertezza generale e la debolezza di molte economie mondiali. Gli operatori del campione si attendono in media nel terzo trimestre un fatturato in calo sull’analogo periodo dell’anno precedente (-2,8 per cento), per la prima volta dopo la ripartenza post-pandemia.