Buoni spesa, polizze e abbonamenti, nuova piattaforma per il welfare aziendale del Distretto conciario
Ciascun dipendente avrà il suo credito da ‘spendere’ come preferisce
Una sfida per l’innovazione del welfare aziendale nel Distretto conciario.
Questa è la valenza della nuova piattaforma in programma, appena avviata in fase sperimentale, che si rivolge a tutte le concerie e le imprese della filiera pelle. La piattaforma promossa da AssoConciatori è stata sviluppata da Onebroker e Welfarebit con l’obiettivo di orientare la politica aziendale verso meccanismi premiali consistenti in servizi offerti ai dipendenti, piuttosto che nello storico premio in denaro. Il funzionamento di base della piattaforma, che si basa sulla legislazione del lavoro vigente, suggerisce che lo spostamento dal denaro ai servizi porta benefici a entrambe le parti: imprenditori e lavoratori. L’accordo, infatti, è stato stretto grazie anche insieme alle sigle sindacali. Oggi (lunedì 23 dicembre) il direttore dell’Associazione conciatori, Aldo Gliozzi, insieme ai rappresentanti delle due società Elena Giani e Angelo Grippaldi e a Francesco Natalini, esperti di welfare aziendale, hanno presentato la novità in arrivo.
Come prima cosa è utile distinguere tra welfare state, che sono i servizi che la sfera del pubblico garantisce o dovrebbe garantire e welfare aziendale, che riguarda i privati. “In quello aziendale – come ha spiegato Francesco Natalini, consulente del lavoro ed esperto in materia – ci sono benefici intangibili come la rimodulazione delle ore di lavoro o lo smart working (cioè lavorare da casa). In questo modo si migliorano le condizioni di lavoro riconciliandole con i tempi di vita senza dare premi in denaro, ma offrendo altri tipi benefici. L’effetto è un aumento della produzione”. È un modello che si ispira alla filosofia di Adriano Olivetti, che per molti versi può essere considerato un antesignano dell’attuale welfare aziendale.
“Il welfare – continua quindi Natalini – deve vincere l’appeal che continua ad avere il denaro. Quando parliamo di welfare parliamo di risorse aggiuntive, di qualcosa in più da dare ai dipendenti. Quindi le aziende devono avere qualcosa da offrire in più rispetto al minimo sindacale. Non si tratta di sostituire le risorse base con il welfare, non è questo l’obiettivo”.
E da queste premesse vengono tratti i presupposti per l’applicazione pratica. Come prima cosa serve una sorta di censimento del corpo dipendente. In questo modo si riesce a capire quali sono i servizi e i benefici più attrattivi per ciascun profilo. Di conseguenza, se la maggior parte dei dipendenti sono ragazzi giovani, è plausibile offrire loro come premi dei biglietti per il cinema o abbonamenti per la palestra. Se invece sono giovani adulti con bambini piccoli, sarà decisivo proporre il pagamento della retta per l’asilo. Se, invece, sono anziani, è probabile che siano interessati a polizze assicurative. Ma insomma le possibilità di spesa e di fruibilità della piattaforma spaziano negli ambiti più disparati. Abbonamenti, buoni benzina, buoni spesa presso supermercati ristoranti, negozi, voucher per i libri di testo e carte acquisto sui grandi venditori online. Questo perché non è l’azienda a stringere convenzioni prestabilite con le altre parti, ma sono gli stessi lavoratori a decidere dove usare i loro crediti welfare.
Questa piattaforma deve però superare almeno due passaggi: il primo è convincere le aziende a adottarla. Come ha spiegato Gliozzi, “le aziende sono libere di scegliere se aderire o meno nel 2020, che sarà il primo anno sperimentale. Per chi aderirà al primo anno l’accordo con i sindacati prevede che le aziende dovranno comunicare ai dipendenti l’adesione alla piattaforma”. E qui arriva il secondo passaggio: i dipendenti dovranno scegliere se accettare il premio in welfare o continuare con il modello classico preferendo il denaro.
Le argomentazioni per convincere la maggior efficienza dei pagamenti in natura sono avanzate da Natalini: “Se l’impresa – ha spiegato – dà mille euro ai lavoratori questi poi vengono tassati e sono inevitabilmente meno di mille. Se invece diamo un corrispettivo valore in servizi, in welfare, quei mille euro rimangono mille, non vengono tassati. Allo stesso modo le aziende non pagano i contributi su quella somma, quindi conviene a entrambi. Per persuadere i dipendenti a optare per i servizi e non per il denaro l’azienda può decidere di aumentare il valore dei servizi. Invece di offrire un corrispettivo di mille euro in welfare, l’azienda dovrebbe offrire un valore di 1200 come incentivo. In ogni caso è vantaggioso anche per l’azienda perché se invece dovesse pagare mille euro in denaro, questi con i contributi diventerebbero 1400. Ci sono comunque 200 euro di scarto”.
Con questi servizi e con questa così elevata spendibilità il distretto si muove verso un modello di welfare aziendale strutturale. Che non si limiti soltanto ai semplici buoni pasto, ma che faccia formazione, anche culturale, e mostri che welfare non sono altro che le spese quotidiane.
“Alla piattaforma si accede tramite un indirizzo web – le parole di Elena Giani, responsabile welfare di Onebroker – Ciascun lavoratore avrà le sue credenziali per accedere alla piattaforma. Un diagramma circolare indica quanto il lavoratore ha speso in welfare e quanto ancora può spendere. Le sezioni nella colonna a sinistra riguardano le informazioni per accedere alla documentazione per chiedere il credito welfare e la parte dell’assistenza. Lì c’è una parte di tutorial, le domande più frequenti, un archivio dove mettere da parte la documentazione, chiedere assistenza in maniera celere e ricevere le notifiche di Welfarebit. Anche presentare una richiesta di rimborso è semplice, basta selezionare l’oggetto del rimborso, l’importo (che sia compreso nel suo credito welfare rimanente) con i relativi documenti di attestazione di pagamento”. Oltre a queste funzionalità, che saranno spiegate agli imprenditori con degli incontri formativi, sarà installato anche uno sportello fisico negli uffici dell’Associazione conciatori che aiuterà le aziende a muoversi dentro la piattaforma. A questa possono partecipare tutte le aziende, indipendentemente dalla loro iscrizione ad Assoconciatori. I costi di adesione saranno comunicati durante gli incontri con gli imprenditori.