Gesualdi: “In conceria abbiamo trovato un clima di omertà”



Una lettera aperta di risposta secca quella che Francesco Gesualdi Presidente del Centro Nuovo Modello di Sviluppo e coordinatore della campagna abiti puliti ha mandato al presidente dei Assoconciatori Franco Donati, una replica che lascia poco spazio all’immaginazione dopo le repliche del presidente dei conciatori durante la presentazione della relazione annuale.
Il passaggio incriminato il fatto che sulla televisione tedesca è stato pubblicato un reportage giudicato dai conciatori diffamatorio sui problemi del lavoro fuori dalle regole in alcune concerie. “Signor Donati – esordice Gesuladi – le scrivo perché nella sua relazione all’assemblea dell’associazione conciatori, lei ha citato la mia persona e il Centro Nuovo Modello di Sviluppo, che rappresento, con toni denigratori, arrivando a definire la ricerca che abbiamo condotto sul distretto di Santa Croce come pseudo indagine che mette in fila dati completamente sballati e incongruenti perché i numeri che riporta sono completamente inventati. Si tratta di affermazioni gravi, ma volendo rimanere sul piano politico, desidero chiarire fin d’ora alcuni punti. Il Centro Nuovo Modello di Sviluppo, che lei definisce come fantomatico, esiste fin dal 1991 ed è iscritto all’Albo delle Organizzazioni non lucrative di utilità sociale presso la provincia di Pisa. Associazione senza fini di lucro, ha fra le sue finalità la promozione di iniziative dirette all’eliminazione di distorsioni esistenti e più in generale a fare crescere un modello di sviluppo che garantisca agli esseri umani un’esistenza dignitosa nel rispetto del pianeta e delle generazioni future. In quest’ottica il Centro svolge anche attività di ricerca sulle filiere produttive a livello globale, con l’obiettivo di mettere in evidenza gli aspetti sociali e ambientali che debbono essere corretti in una prospettiva di miglioramento. Abiti Puliti – continua Gesuladi – è una campagna coordinata da varie associazioni italiane, fra cui il Centro Nuovo Modello di Sviluppo, ed è parte della più ampia campagna europea denominata Clean Clothes Campaign. La Campagna si pone l’obiettivo di sostenere i lavoratori inseriti nelle filiere produttive di abbigliamento e calzature, che reclamano più eque condizioni di lavoro, più sicurezza dei luoghi di lavoro, il pieno rispetto dei fondamentali diritti sindacali. La campagna interviene prevalentemente a sostegno dei lavoratori meno tutelati del Sud del mondo e dell’Europa dell’est, ma la crescente precarizzazione e riduzione di tutele, in ogni parte del mondo, ci costringe ad occuparci di condizioni di lavoro anche in casa nostra. Le nostre strategie di intervento si basano sull’informazione dell’opinione pubblica e sulla richiesta di comportamenti riparatori da parte di istituzioni e imprese”.
“Il progetto europeo – continua Gesuladi nella sua replica – all’interno del quale è stata svolta la ricerca sul distretto di Santa Croce, è denominato Change your shoes ed ha la durata di 3 anni. Si svolge in 12 nazioni europee e 3 nazioni asiatiche per un totale di 18 organizzazioni. La sua finalità generale è l’informazione dell’opinione pubblica sulle criticità sociali e ambientali esistenti nella filiera globale della calzatura in cuoio, al fine di promuovere iniziative e scelte di consumo capaci di migliorare le condizioni umane, sanitarie ed economiche dei soggetti più deboli inseriti nella filiera. Oltre che in Italia, il progetto prevede ricerche anche in Cina, India, Indonesia, Europa dell’Est. E mentre si è aggiunto recentemente il rapporto sulla Cina, prossimamente avremo anche quello sull’Europa dell’Est. La ricerca sul distretto di Santa Croce è stata condotta tramite attività di documentazione, di reperimento ed elaborazione dati, di interviste. Oltre ai lavoratori sono stati intervistati anche sindacalisti, esperti del settore, rappresentanti di associazioni imprenditoriali, imprenditori stessi. Fra le istituzioni consultate citiamo la camera di Commercio di Pisa, l’asl 11 di Empoli, il dipartimento provinciale del Lavoro di Pisa, il Centro per l’Impiego di Pisa, l’Arpat. Ogni dato riportato nella ricerca indica la fonte. Affermare che si tratta di numeri completamente inventati è un’offesa gratuita tanto più che lei stesso nella sua relazione dichiara che esistono ancora oggi sacche seppur modeste di realtà aziendali che non rispettano i contratti di lavoro, le leggi sul collocamento, le norme sulla sicurezza e quelle sulla tutela dell’ambiente. La nostra ricerca, ‘una dura storia di cuoio’, si limita a sostanziare con numeri e testimonianze quanto lei stesso ammette. Se però lei ritiene che i nostri dati siano errati li contesti con altri altrettanto documentati, non con offese e giudizi avventati.
Nella trasmissione televisiva andata in onda in Germania ho affermato che c’è un clima di grande omertà nei confronti delle imprese conciarie.
L’ho affermato perché abbiamo trovato molta resistenza da parte delle istituzioni pubbliche che hanno sempre creato difficoltà ogni volta che chiedevamo dati riguardanti le concerie. Ma soprattutto perché abbiamo trovato lavoratori impauriti di perdere il proprio posto di lavoro se raccontano ciò che vivono. Del resto la stagione che sta vivendo il lavoro in Italia e più in generale in Europa non è delle migliori. Oltre alle controriforme che hanno reso il licenziamento più facile, c’è l’avanzare del lavoro interinale che è l’incarnazione della precarietà. Una forma di lavoro che l’associazione Conciatori – conclude Gesuladi – sembra apprezzare particolarmente, dal momento che nel 2014 ha siglato un accordo con Manpower e Adecco per assicurare ai propri associati, lavoro interinale a tariffe agevolate”.
Una lettera aperta di risposta secca quella che Francesco Gesualdi Presidente del Centro Nuovo Modello di Sviluppo e coordinatore della campagna abiti puliti ha mandato al presidente dei Assoconciatori Franco Donati, una replica che lascia poco spazio all’immaginazione dopo le repliche del presidente dei conciatori durante la presentazione della relazione annuale. Il passaggio incriminato il fatto che sulla televisione tedesca è stato pubblicato un reportage giudicato dai conciatori diffamatorio sui problemi del lavoro fuori dalle regole in alcune concerie. “Signor Donati – esordice Gesuladi – le scrivo perché nella sua relazione all’assemblea dell’associazione conciatori, lei ha citato la mia persona e il Centro Nuovo Modello di Sviluppo, che rappresento, con toni denigratori, arrivando a definire la ricerca che abbiamo condotto sul distretto di Santa Croce come pseudo indagine che mette in fila dati completamente sballati e incongruenti perché i numeri che riporta sono completamente inventati. Si tratta di affermazioni gravi, ma volendo rimanere sul piano politico, desidero chiarire fin d’ora alcuni punti. Il Centro Nuovo Modello di Sviluppo, che lei definisce come fantomatico, esiste fin dal 1991 ed è iscritto all’Albo delle Organizzazioni non lucrative di utilità sociale presso la provincia di Pisa. Associazione senza fini di lucro, ha fra le sue finalità la promozione di iniziative dirette all’eliminazione di distorsioni esistenti e più in generale a fare crescere un modello di sviluppo che garantisca agli esseri umani un’esistenza dignitosa nel rispetto del pianeta e delle generazioni future. In quest’ottica il Centro svolge anche attività di ricerca sulle filiere produttive a livello globale, con l’obiettivo di mettere in evidenza gli aspetti sociali e ambientali che debbono essere corretti in una prospettiva di miglioramento. Abiti Puliti – continua Gesuladi – è una campagna coordinata da varie associazioni italiane, fra cui il Centro Nuovo Modello di Sviluppo, ed è parte della più ampia campagna europea denominata Clean Clothes Campaign. La Campagna si pone l’obiettivo di sostenere i lavoratori inseriti nelle filiere produttive di abbigliamento e calzature, che reclamano più eque condizioni di lavoro, più sicurezza dei luoghi di lavoro, il pieno rispetto dei fondamentali diritti sindacali. La campagna interviene prevalentemente a sostegno dei lavoratori meno tutelati del Sud del mondo e dell’Europa dell’est, ma la crescente precarizzazione e riduzione di tutele, in ogni parte del mondo, ci costringe ad occuparci di condizioni di lavoro anche in casa nostra. Le nostre strategie di intervento si basano sull’informazione dell’opinione pubblica e sulla richiesta di comportamenti riparatori da parte di istituzioni e imprese”.
“Il progetto europeo – continua Gesuladi nella sua replica – all’interno del quale è stata svolta la ricerca sul distretto di Santa Croce, è denominato Change your shoes ed ha la durata di 3 anni. Si svolge in 12 nazioni europee e 3 nazioni asiatiche per un totale di 18 organizzazioni. La sua finalità generale è l’informazione dell’opinione pubblica sulle criticità sociali e ambientali esistenti nella filiera globale della calzatura in cuoio, al fine di promuovere iniziative e scelte di consumo capaci di migliorare le condizioni umane, sanitarie ed economiche dei soggetti più deboli inseriti nella filiera. Oltre che in Italia, il progetto prevede ricerche anche in Cina, India, Indonesia, Europa dell’Est. E mentre si è aggiunto recentemente il rapporto sulla Cina, prossimamente avremo anche quello sull’Europa dell’Est. La ricerca sul distretto di Santa Croce è stata condotta tramite attività di documentazione, di reperimento ed elaborazione dati, di interviste. Oltre ai lavoratori sono stati intervistati anche sindacalisti, esperti del settore, rappresentanti di associazioni imprenditoriali, imprenditori stessi. Fra le istituzioni consultate citiamo la camera di Commercio di Pisa, l’asl 11 di Empoli, il dipartimento provinciale del Lavoro di Pisa, il Centro per l’Impiego di Pisa, l’Arpat. Ogni dato riportato nella ricerca indica la fonte. Affermare che si tratta di numeri completamente inventati è un’offesa gratuita tanto più che lei stesso nella sua relazione dichiara che esistono ancora oggi sacche seppur modeste di realtà aziendali che non rispettano i contratti di lavoro, le leggi sul collocamento, le norme sulla sicurezza e quelle sulla tutela dell’ambiente. La nostra ricerca, ‘una dura storia di cuoio’, si limita a sostanziare con numeri e testimonianze quanto lei stesso ammette. Se però lei ritiene che i nostri dati siano errati li contesti con altri altrettanto documentati, non con offese e giudizi avventati.
Nella trasmissione televisiva andata in onda in Germania ho affermato che c’è un clima di grande omertà nei confronti delle imprese conciarie.
L’ho affermato perché abbiamo trovato molta resistenza da parte delle istituzioni pubbliche che hanno sempre creato difficoltà ogni volta che chiedevamo dati riguardanti le concerie. Ma soprattutto perché abbiamo trovato lavoratori impauriti di perdere il proprio posto di lavoro se raccontano ciò che vivono. Del resto la stagione che sta vivendo il lavoro in Italia e più in generale in Europa non è delle migliori. Oltre alle controriforme che hanno reso il licenziamento più facile, c’è l’avanzare del lavoro interinale che è l’incarnazione della precarietà. Una forma di lavoro che l’associazione Conciatori – conclude Gesuladi – sembra apprezzare particolarmente, dal momento che nel 2014 ha siglato un accordo con Manpower e Adecco per assicurare ai propri associati, lavoro interinale a tariffe agevolate”.