Rischio idrogeologico, Monaco: ‘Investimenti bloccati’



“Il problema dell’assetto idrogeologico non si può risolvere solo nella fase dell’emergenza. Serve una programmazione e quindi servono risorse da destinare alla straordinaria manutenzione per prevenire le criticità”. Il presidente del Consorzio 4 del Basso Valdarno Marco Monaco fa il punto della situazione, a distanza di circa tre settimane dagli ultimi episodi che hanno messo in luce alcune criticità idrauliche in Valdegola.
Una della questioni più discusse subito dopo le esondazioni del 25 aprile scorso è quella della cateratte del rio Monsone che hanno determinato rigurgiti di acque dal sistema delle caditoie. E proprio su questo, Monaco spiega: “Il rio Monsone rimane una delle maggiori criticità. Il corso d’acqua è in gran parte tombato e il sistema delle cateratte è fondamentale per evitare che l’Egola, nei momenti di piena quando esercita una maggiore pressione, rientri nel sistema di drenaggio delle acque e crei danni maggiori. Pensare di cambiare questo è assolutmanete impossibile – continua –. L’unica cosa che noi possiamo fare è cercare di fare prevenzione e lavori sulle infrastrutture in modo programmato. Quando parlo di prevenzione, penso ad esempio a proteggere il territorio, a cominciare dall’urbanistica. A Ponte a Egola, il Monsone è un rio in gran parte tombato perché in passato si è costruito senza valutare l’impatto sul territorio. Mi riferisco ai decenni passati, oggi invece bisogna costruire in termini di prevenzione, con maggiore attenzione all’assetto idrogeologico del suolo. Questa è la migliore forma di prevenzione che possiamo attuare”. Indubbiamente poi, sulle gola rimane un problema ovvero quello della “ricavatura”, come si dice in gergo tecnico, ovvero l’escavazione del corso d’acqua, aumentando la capacità di drenaggio delle acque meteoriche degli affluenti e la portata. Su questo in molti hanno sollevato polemiche e sottolineato che in diversi tratti il corso d’acqua ha inondazioni non belle, dove la sedimentazione ha ridotto drasticamamente la portata del fiume. “Il tema della ricavatura dei corsi d’acqua mi sta particolarmente a cuore – dice Monaco –. Oltre a quello dei costi, il tema è semplice: noi non sappiamo cosa fare del materiale di risulta, di tutto quel terreno che viene tolto dai corsi d’acqua che non sappiamo come smaltire. Come consorzio di bonifica, su questo tema abbiamo interpellato in varie zone Arpat. Attraverso la conferenza dei servizi, siamo arrivati al paradosso che nel padule di Fucecchio ci è stato detto di smaltirla in un modo e a Pisa in un altro. Ovvero non c’è omogeneità di interpretazione nelle procedura da parte dello stesso ente regionale se si cambia provincia. Ho fatto presente questo problema alla Regione che su tre conferenze dei servizi erano emerse differenze di interpretazione tra Pisa, Empoli e Montecatini, ma nessuno mi ha dato una risposta. Così non è possibile operare, quindi siamo nella condizione di non poter dragare i canali perché non sappiamo come smaltire il terreno di risulta. Senza considerare che uno smaltimento in discarica come rifiuto speciale, come è stato fatto in un caso, comporterebbe dei costi esorbitanti”.
Poi c’è la questione degli investimenti e i problemi correlati. Un caso per tutti quello che racconta il presidente: “Noi abbiamo fatto un documento con cui abbiamo programmato degli investimenti, circa 1milione e 200mila euro, in parte per una cassa di espansione da realizzare nel padule di Fucecchio e in parte da destinare alla Valdera e al Valdarno. Il problema è che i lavori andrebbero evasi entro il 31 ottobre ma è molto difficile riuscire a evadere i lavori in questi tempi. Si tratta di fondi pattuiti con la Regione e dal genio civile con una partecipazione al 30 per cento del Consorzio. In questo si riscontra la difficoltà di fare programmazione ed evitare di andare a lavorare sulle emergenze”.
Il Consorzio spesso è l’ente che nell’immaginari collettivo è responsabile dei disservizi ogni volta che si crea una criticità idraulica ma, poi la partecipazione nei momenti decisionali, come quello dell’elezioni degli organi di governo, risulta molto bassa. Questo è uno dei punti su cui il presidente Monaco sta lavorando da tempo, tanto più che con i nuovi assetti, il numero dei cittadini chiamati a pagare il tributo di bonifica è destinato ad aumentare. “Alle ultime elezioni – spiega Monaco – hanno partecipato appena 8mila cittadini, nonostante gli aventi diritto siano molti di più: si parla di circa, nel nostro consorzio, 250mila persone. L’obiettivo è riuscire a portare alle urne almeno 20mila persone. Alle prossime consultazioni sarebbe fondamentale aumentare la partecipazione, su questo stiamo investendo molto e io personalmente me lo sono dato come obiettivo”.
Infine la questione dello spostamento dei territori del Bientina, ovvero i territori della piana di Lucca, dal consorzio di bonifica Toscana nord a quello del Basso Valdarno che toccherebbe in parte anche i territori del comprensorio, come ad esempio parte del comune di Castelfranco, ovvero Orentano e Villa Campanile. “Su questa decisione presa in Regione senza consultare il territorio – spiega – ho avuto modo di confrontarmi con il mio collega Ismaele Ridolfi, il presidente del consorzio Toscana nord e abbiamo convenuto che sarebbe un problema per entrambi spostare territorio, dipendenti e risorse da un consorzio all’altro. Per noi significherebbe avere circa 3 milioni di euro di risorse in più, ma anche avere da gestire altri territori. Se la questione si affronta dal punto di vista idrografico, credo che i territori afferenti al Bientina appartengano al bacino dell’Arno, ma non è questo il punto su cui ragionare e spero che si possa tornare sulla legge regionale che modifica l’assegnazione di questi territorio quanto prima”.